penna nera non cancellabile

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Le montagne sono belle anche viste dal basso e non solo viceversa. Quando percorro il nuovo ponte di Cascina Merlata, tornando a casa dal lavoro, ci sono giornate come quella di oggi in cui si vede l’intero arco alpino innevato. Un omaggio straordinario e raro che ci concede la natura quando l’aria è particolarmente tersa e che è suggestivo quando si verifica una rara combinazione di condizioni climatiche e stagionali. Le giornate sono lunghe, c’è il sole ma ha fatto freddo, c’è una bella luce e ci si trova a passare in un punto elevato sul livello del mare. E dev’essere per questo insieme di caratteristiche e per la visuale che ne è derivata che Milano si è riempita di alpini. Non siamo certo gente da cordate, a meno di non considerare alta quota la montagnetta di San Siro. Il punto è che vedrei più le migliaia di penne nere che hanno sfilato per il centro di Milano e si sono accampate in ogni aiuola della città in un posto più in linea con la loro storia, a partire da Sondrio, per rimanere in Lombardia.

Ma poi, riflettendoci bene, mi chiedo quale sia il senso di un raduno degli alpini. Non mi pare si tratti di una celebrazione dei sopravvissuti di una guerra. Sono piene di uomini con un cappello assurdo provenienti da generazioni differenti e, se come me venite appartenete una di quelle cresciute ai tempi della leva obbligatoria, converrete con il fatto che il servizio militare – a prescindere dal corpo di armata – non sia stato proprio un’esperienza edificante e sufficientemente coinvolgente da giustificare un senso di appartenenza con siffatta enfasi. Poi va bene la voglia di far baldoria, cuocere salamelle e bere vino dozzinale fin dalla colazione, ma queste pratiche conviviali ogni alpino le potrebbe consumare a casa sua, o anche in una di quelle feste di partito o di oratorio organizzate da volontari. Quindi, fatevi una gentilezza: la prossima volta, prima di criticare gli anziani che vanno ai concerti dei Cure, pensate a quelli che partecipano ai raduni degli alpini.

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