magnadyne

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Il televisore funziona benissimo. Peccato che, da quando è in voga il digitale terrestre, le antenne incorporate – una lunga lunga e una tonda tonda – non captino null’altro che il rumore bianco. Era l’apparecchio che d’estate portavamo nelle casa di campagna e che, d’inverno, si spostava di camera in camera a seconda se ci fosse qualcuno a letto con la febbre, per tornare nella stanza di mamma e papà come ubicazione principale. D’altronde il televisore portatile si chiamava così perché lo potevi muovere facilmente ovunque. Altro che quei madonnoni da millemila pollici che li devi fissare al muro tanto sono grandi e da lì non li rimuovi più finché i produttori non si inventano qualche altra diavoleria per renderli obsoleti. Il mio Magnadyne portatile arancione invece è durato quasi vent’anni, anche quando negli anni ottanta guardare i programmi in bianco e nero era anacronistico. Ci ho visto qualche partita dei mondiali del 78 e cose per bambini come Heidi e Orzowei. Ma soprattutto seguivo l’Eurofestival nel letto con mio papà, perché il televisore famigliare, quello posizionato in salotto, era sintonizzato sulle trasmissioni serie della RAI. Mio papà invece era più esterofilo, gli piacevano Tv Capodistria e Tele Montecarlo e seguiva quella produzione musicale bizzarra proveniente dall’Europa meno convenzionale del Regno Unito in quanto a pop e rock che si concentrava nella saga del kitsch che oggi fa il pieno di discussioni su Twitter. Su tutti, ricordo benissimo la partecipazione degli ABBA all’edizione dell’Eurofestival 74 con “Waterloo”. O almeno credo di averla vista, e quando penso a come si riesca costruire un ricordo artificiale di questo tipo mi convinco che non sia possibile e che, davanti a quel piccolo teleschermo della Magnadyne arancione a vedere il quartetto svedese, ci siano stati proprio due spettatori speciali come il mio papà e io, al suo fianco, nel sul letto. Quel televisore lo possiedo tutt’ora. Potete vederlo in bella mostra in cima al frigo, nella cucina di casa mia. Lo guardo, nello schermo non c’è niente, ma sento comunque subito un suono dentro di me, una musica proveniente dall’Europa del nord e, forse, da un tempo che non saprei dirvi ora dov’è.

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