a scuola di imitazione

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Ai tempi dell’Internet fare l’insegnante non dico che sia più facile di quando i prof massacravano gli studenti con raffiche di verbi da tradurre simultaneamente in latino a botte di uno ogni cinque secondi, però dobbiamo ammettere che ci sono molte risorse che possono rendere più differenziata e vivace (e quindi anche, in parte, semplificare) il nostro mestiere. Per la scuola primaria l’offerta è impressionante, se non dispersiva. I docenti che pubblicano resoconti delle loro attività, comprensivi di pagine dei quaderni dei loro alunni passate allo scanner, sono numerosissimi. Questo annulla le possibilità che si corra il rischio di annoiarsi del proprio metodo e, di conseguenza, di stufare i destinatari. Volendo si può cambiare giorno per giorno e, a ogni ciclo, rinnovare la proposta con materiali e contenuti mai utilizzati. Io che sono un neofita del mestiere vado a ficcanasare nelle classi delle colleghe. Quando passo durante le ore di lezione a installare qualche aggiornamento sul pc dell’aula o a tarare la LIM presto molta attenzione a quello che fanno e a come lo fanno. Questa sorta di tirocinio in incognito è utile perché si coglie l’essenza live dell’essere un docente che è un mix tra varie professionalità. Oltre all’esperto della materia insegnata e al pedagogista, io ci vedo l’attore, l’animatore, lo psicologo e il genitore, tutti riuniti in un solo individuo e in un solo stipendio da fame. Qualche giorno fa ho assistito a una porzione di lezione di inglese. Una collega di un’altra prima stava coinvolgendo i bambini con un gioco alla LIM tratto dal sito LearnEnglish Kids del British Council. I bambini, a turno, dovevano collegare strumenti e cose legate allo sport al nome corrispondente, dopo aver testato la pronuncia della parola. La classe era molto coinvolta e gli studenti smaniavano per essere chiamati prima degli altri, il tutto merito del modo in cui la maestra era riuscita a presentare il gioco e a condurlo con i bambini. Così ho copiato immediatamente l’idea e ci ho provato il giorno dopo nel corso della lezione di inglese con la mia classe. Il risultato però è stato molto diverso e a dir poco deludente. Forse l’esempio a cui ho assistito era frutto di altre lezioni precedenti in cui i bambini avevano già fatto pratica su quelle parole, o forse la classe che mi ha ispirato è composta da studenti molto più bravi in inglese dei miei, oppure – cosa molto più probabile – sono io che ho ampi margini di miglioramento nell’arte dell’insegnare.

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