l’urna azzurra

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C’era massima libertà sul soggetto ma la maestra si era assicurata che avessimo compreso appieno il tema legato alle imminenti elezioni europee. L’idea di fare del continente di cui eravamo parte integrante un sistema unico, a trent’anni dalla fine del più devastante conflitto mondiale di tutti i tempi, costituiva l’alba di un avvenire di progresso e di sviluppo. Persino l’Esperanto, pur nella sua artificiosità, conferiva autorevolezza all’Unione Europea, che ai tempi nemmeno si chiamava così: una lingua, una civiltà e una storia transnazionale ben oltre i confini, pronta a estendersi da ovest a est, da nord a sud. Avevo disegnato un’urna azzurra perché quello mi sembrava il colore più adatto a rappresentare l’unità. Sopra c’era una mano che lasciava cadere nella fessura ricavata sul coperchio una scheda elettorale formata da una specie di patchwork delle mie bandiere europee preferite, e sotto l’anno di quella tornata elettorale scritto in doppio, con uno slogan ingenuo ma inventato per l’occasione. Tutti i disegni delle scuole erano stati quindi appesi in un salone all’ingresso del municipio all’interno di una mostra dedicata all’iniziativa, con l’obiettivo di trasmettere l’entusiasmo delle istituzioni per una politica finalmente comunitaria. Dedico questo ricordo al Regno Unito che tra pochi minuti abbandonerà il progetto. Chissà che un giorno non ci si ritrovi ancora, tutti insieme, in un nuovo disegno di speranza.

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