di cosa parliamo quando parliamo con gli altri

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Le cose che ci vengono da dire agli altri sono sempre meno, con il passare degli anni, fondamentalmente perché ormai abbiamo detto tutto e ripeterci – anche a persone diverse – è una bella rottura di maroni e, detto tra noi, è meglio fare altro. Non invidio per un cazzo quelli che, raggiunti i cinquanta, pensano di rifarsi una vita con un partner diverso e così sono costretti a ricominciare da capo con la narrazione di sé. Da un certo punto di vista tenere un diario – ma anche un blog va più che bene – risulta una soluzione efficace. Conosci qualcuno con cui vuoi avviare una relazione da zero? Gli fornisci una copia del manoscritto o, meglio, gli mandi il link, magari stampando il qr code su un biglietto da visita. Non è romantico?

Ma la cosa più demotivante sono le persone che sei costretto a frequentare per svariati motivi con i quali non è raro rischiare la scena muta. Nel caso, vi consiglio di annotarvi da qualche parte una lista di argomenti del più e del meno da introdurre durante la conversazione. Il fatto è che temi da intellettuali o gossip/calcio non è quello il punto. Non è un problema di profondità di argomenti. Se non sei uno che ama affermare se stesso o pisciare intorno al territorio di dominio alfa, stare zitti è una cosa bellissima. Non so gli altri come la prendano. Io ascolto, annuisco con la testa, ma poi, quando il gioco delle parti imporrebbe la mia mossa, guardo altrove, faccio finta di niente, se sono a cena mi riempio il bicchiere di vino. Facendo così la conversazione muore e l’interlocutore, quando è intelligente, comprende che non ne hai voglia e basta. Se non parlate con gli altri, come faccio io, possiamo iniziare a frequentarci e a non conversare. Potremmo diventare veri amici perché scopriremmo di avere una cosa in comune, e cioè il fatto di non conoscere la cosa che abbiamo in comune perché non ce la diremmo mai.

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