per me è un sì

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Risulta incredibile la quantità di occasioni in cui mi ritrovo allo stesso semaforo, all’ora in cui rientro a casa da scuola, fianco a fianco con un tizio con uno zaino Invicta sulla schiena a bordo di un motorino Sì Piaggio. Colpisce l’esiguità dei volumi del mezzo, paragonata agli scooteroni e ai motocicli che vanno di moda adesso. Il Sì Piaggio, tanto quanto il suo fratello maggiore Ciao, ha un ingombro di poco superiore a un monopattino elettrico e, nel traffico, colpisce per il senso di precarietà che trasmette soprattutto in un contesto di ordinario traffico suburbano, e non certo di un raduno di nostalgici di antichità a due ruote. Potrebbe trattarsi di uno studente appena uscito da una scuola secondaria dei paraggi, o qualcuno che rientra dal lavoro e che si è appassionato ai veicoli impiegati in gioventù dei propri genitori. Magari gli piace pasticciare con i motori e se l’è rimesso in sesto da solo, nel garage di casa. Ma una parte di me, quella più autorevole, è seriamente convinta che il giovane uomo sul Sì Piaggio sia una sorta di emissario degli anni 80, un agente segreto in grado di viaggiare in motorino in lungo e in largo nel tempo, al soldo di qualcuno che lo paga per seguirmi e scoprire dove mi nasconda.

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