La mia fortuna con i tabaccai ha visto fasi alterne. Ai tempi delle Camel a 1600 lire – potrei sbagliarmi, forse costavano 1650 – la coppia che gestiva la rivendita sotto i portici del centro da cui mi rifornivo quotidianamente aveva perso un figlio più o meno della mia età. Se l’era portato via un brutto incidente in motorino, la causa di morte dei giovani più diffusa negli anni ottanta, eroina a parte. In quanto sopravvissuto a differenza sua mi sentivo in colpa, ogni volta che varcavo l’ingresso della tabaccheria.
Sarà stato anche per quello, fatto sta che pochi anni più tardi da quella tragedia ho smesso di fumare, scelta che non mi ha impedito di tenermi alla larga dalla categoria. Vi ho già parlato del simpaticissimo tabaccaio del PD, – era solo quattordici anni fa – da cui acquistavo i biglietti dei concerti e dove ho comprato quelli per il mio primo live dei The National. Non mi fidavo ancora dell’e-commerce e in più mi piaceva la sensazione di tornare a casa con i titoli di accesso stampati sul cartoncino regolamentare, tenuti nella borsa a tracolla, per condividere la felicità al rientro con mia moglie. Una esperienza per la quale ero disposto anche a passare sopra il fatto di non poter pagare con la carta i biglietti in tabaccheria ma di dover, ogni volta, prelevare dei contanti al bancomat a lato del negozio. Chissà se nel frattempo le cose sono cambiate, oramai mi affido unicamente ai biglietti virtuali e al codice a barre trasmesso via email o app. E comunque, da quando non lavoro più in zona, il tabaccaio del PD non l’ho mai più incontrato, ma non ho nessun dubbio che, come me, sia ancora del PD.
Anche mia sorella, per alcuni anni, ha lavorato in una tabaccheria. Una volta ha addirittura venduto le cartine lunghe a Gianna Nannini anche se – a quei tempi indossavamo tutti quanti vistose mascherine sul viso – non è sicura al cento per cento che si trattasse di lei. Erano i giorni del festival di Sanremo – la rivendita in cui faceva la commessa si trova in un paese della riviera del ponente ligure – quindi è possibilissimo. Ma il suo lavoro di tabaccaia non è durato molto. I gestori erano ogni mese in ritardo con gli stipendi, in più di mia sorella non si può dire proprio che abbia un bel carattere, e così un bel giorno ha preso e si è licenziata.
Per mantenere viva questa curiosa tradizione ora faccio visita di frequente a una tabaccheria dal nome decisamente insolito, inciso su di un’insegna che richiama la letteratura fantasy, ma che esiste da prima della moda dei fratellisti d’italia e di atreju. In più l’esercente sembra tutt’altro che uno di destra. Sfoggia lunghi dreadlock, svariati tatuaggi sulle braccia e piercing sulla faccia. Si alterna dietro il bancone alla sua compagna, anche lei indubbiamente alternativa. Il loro negozio è piccolino, nonostante ciò non avete idea di quanti pacchi in arrivo dagli acquisti online è in grado di accumulare nel retrobottega. Quando la piattaforma di vendita mi dà la possibilità scelgo sempre la sua tabaccheria per le consegne. Finalmente i lavori di ristrutturazione del condominio in cui vivo sono terminati, nonostante ciò non mi è passata la sensazione di provvisorietà che il palazzo trasmette e così preferisco non rischiare di lasciar incustodite le cose che compro. Senza contare il frenetico commercio su Vinted in cui mia figlia si è gettata a capofitto. Le ho chiesto spiegazioni ma mi ha assicurato che non c’è niente di losco, si tratta solo di vestiti usati, e io le credo. Per farla breve, il tabaccaio rasta-punk senza bbestia oramai si ricorda il mio cognome e mi avvisa se, oltre all’ennesimo disco per me, c’è qualcosa per lei.
La morale della storia è che mia moglie ed io ci siamo chiesti se attivare un servizio di fermo posta sia realmente redditizio per un esercente. Il senso di colpa che abbiamo sviluppato nei confronti della quantità di pacchi che ritiriamo da lui ci ha addirittura indotto a pensare di comprare un pacchetto di Camel, una delle prossime volte, nel caso il tabaccaio punti esclusivamente sull’indotto. In realtà poi è stato lui stesso a confermarci che non è così. Per ogni consegna e ritiro c’è un guadagno, e ci mancherebbe. Ci siamo dati reciprocamente degli ingenui. Chi è che si metterebbe in pista per un’attività così impegnativa senza ottenere un ritorno? E poi, a parte il fatto che a Milano non si può più fumare, non ho nemmeno idea di quanto costi oggi un pacchetto di Camel.