Ogni famiglia si confronta con una famiglia rivale di una rivalità che poi è fondamentalmente invidia, e l’invidia, converrete con me, è un sentimento positivo, altro che vizio capitale. La mia famiglia rivale abita proprio qui all’angolo e li invidio perché vivono in una villetta a schiera indipendente completamente coperta dalla vegetazione lussureggiante che cresce rigogliosa nel giardino. Il nucleo è composto da madre, padre e qualcosa come sei figli ma attenzione perché non sono di cielle come tutte le famiglie numerose che trombano solo per procreare. Non sono nemmeno radical chic anche se potrebbero tranquillamente permetterselo. I genitori non sono facoltosi professionisti ma svolgono mestieri normali – lei è un’insegnante e lui lavora credo come tecnico per un provider telefonico. Hanno la fortuna di aver avuto a loro volta genitori lungimiranti, mica come i miei che non vorrei sembrare irrispettoso ma hanno sprecato soldi in lungo e in largo per tutta la vita e hanno cresciuto un deficiente a cui hanno permesso tutto quello che chiedeva.
La leggenda metropolitana racconta che hanno mandato più volte in estate i figli in famiglie all’estero, addirittura in Australia, fin dai tempi della scuola primaria. Grazie a questo approccio – un misto tra scoutismo, mentalità nordeuropea e autarchia alla Captain Fantastic – i figli sono diventati adulti, i più grandi, e ragazzi, i più piccoli, fuori dal comune. Quei due che invidio non potete immaginare quanto hanno cresciuto cittadini indipendenti fatti e finiti, dei mostri di maturità e pronti a continuare da soli questa catena di gente sicura di sé, che li riconosci dallo sguardo indomito, da come si vestono e si muovono nel mondo incuranti del giudizio altrui, le femmine da piccole con i capelli da maschietto e maschi da grandi con i dreadlock portati con eleganza, che si muovono in bici anche sotto le bufere di neve, mai una merendina industriale, le Birkenstock come archetipo estetico e cose di questo tipo.
Si tratta, come avrete capito, di una rivalità tutt’altro che reciproca perché loro non mi cagano nemmeno di striscio, non sanno nemmeno chi sono e figuratevi se immaginano che quello di cui ignorano l’esistenza che abita di fronte, in quel condominio anonimo, è un famoso autore del web italiano.
Io comunque di figli ne ho solo una, una femmina appunto figlia unica, avuta a trentasette anni (mentre i rivali si sono dati da fare subito) e che ho viziato ed educato malissimo tanto che ascolta musica assurda, vede cinema da merdoni, ci ha reso totalmente dipendenti da lei e frequenta una facoltà inutile al cazzo. Ma ora è successo che praticamente tra tre giorni partirà per l’Erasmus, starà via cinque mesi, e io mi sto cagando addosso. Il fatto è che lei si è ampiamente resa conto che suo papà è una mezza calzetta. Mia moglie ed io non riusciamo nemmeno a decidere se è meglio acquistare qui un piumino in microfibra da mettere in valigia e spedirlo là o se è più logico comprare direttamente là un piumino d’oca da riportare poi a casa, una volta terminata l’esperienza all’estero.
Ripeto: io sto male e non so come me la caverò, se non l’avete capito. La mia famiglia rivale, con i figli in Australia da soli a dieci anni, alla lontananza e alla nostalgia non avrà concesso nulla. Il punto è che non è assolutamente come credevo. Io credevo di essere anch’io come la mia famiglia rivale e che avere una figlia che studia all’estero fosse una cosa fighissima. Probabilmente lo è, ma vorrei che qualcuno di voi mi spiegasse i benefici, se ce ne sono.