Stefano è la guida che mi è stata assegnata e, tutto sommato, mi fa piacere rivederlo. La visita alle sale macchine dovrebbe confermarsi un’esperienza terrific, come dicono gli americani con quell’aggettivo falso amico che, al contrario della nostra versione, non nasconde un’accezione pessima. La straordinarietà dell’esperienza comprende un altro aspetto simile alla visita sull’Etna a cui ho partecipato con mia moglie, qualche anno fa: anche qui fino a un certo punto puoi muoverti in libertà, poi si fa troppo pericoloso per i turisti ed è rigorosamente vietato. Oltre a essere a rischio di una multa salata, e considerato il mio RAL è l’ultima cosa che vorrei dover pagare, potrei anche perdermi tra i corridoi – un vero e proprio labirinto senza capo né coda – o farmi male con gli ingranaggi.
In realtà, mi spiega Stefano, il punto è proprio quello. Il revamping degli impianti con il passaggio dalla meccanica pura alla meccatronica, tramite l’associazione di un’asse elettronico ad ogni asse principale del motore, toglierà di mezzo tutti i componenti sporgenti e, soprattutto, renderà superflua la presenza degli operatori lungo le linee di produzione. Il sopralluogo che mi è stato concesso – indosso un vistoso badge al collo e un completo set di dispositivi di sicurezza, per non nominare chi ha interceduto per me affinché ottenessi il permesso, di questi tempi non sarebbe proprio il caso – sarà sicuramente utile per capire come vanno le cose. Come funziona tutto: la vita, principalmente, ma anche quello che ci succede, se sia possibile evitarlo, se ci siano margini di trattativa e, principalmente, se ci sia qualcuno con cui discuterne per migliorare le cose o almeno fare in modo che nessuno trovi motivi per lamentarsi.
La totale assenza di rumore, in un luogo come questo che in altre industrie di cui sono stato ospite colpisce per la sua inesorabilità, rende l’ambiente ancora più surreale, e se pensate dove mi trovo potrebbe sembrare ancora più paradossale. Mi viene da sorridere perché io e Stefano avevamo già vissuto un’esperienza di questo tipo. Gli unici due che camminavano in una via di un centro abitato ma in un giorno della settimana e in un orario in cui non si vedeva anima viva ed ero stato io a insistere per andare proprio lì. L’ultima volta che ho ricordato quell’episodio – prima di questa volta, intendo – immediatamente dopo avevo rigato la macchina al casello dell’autostrada, quegli istanti in cui è difficile farsi un’idea della distanza migliore per ritirare il biglietto.
Non c’è un vero e proprio momento in cui io o la mia guida decretiamo la fine della visita. Si potrebbe continuare all’infinito, volendo, e oggi è proprio una giornata di quelle in cui potrei anche decidere che mi sta bene farlo. Potrebbe essere il cambiamento di stagione, o quel punto dell’anno scolastico in cui noi insegnanti vediamo la fine, o il fatto che la scorsa settimana abbia accompagnato la mia gatta – la veterinaria ha chiamato così l’eutanasia – sorreggendole la testa, come facevo sempre quando mi si accoccolava ormai anzianissima addosso sul divano, nel suo ultimo viaggio. Persone, animali, cose: in questo enorme stabilimento si decide il tutto. Tra poco saranno installati dei sensori che trasmetteranno i dati a un centro che li elaborerà, ma per noi non cambierà nulla. Non è prevista alcuna divulgazione, almeno nel progetto pilota che precederà l’implementazione definitiva.
Mi dispiace proprio tanto per la tua gatta. Avevo preparato un commento per il tuo post del 19 Marzo, quando avevi parlato di lei e dell’ eventualità dell’ eutanasia: l’ avevo scritto perchè mi sembrava di aver intercettato sentimenti simili ai miei per il mio cane, ma il timore di essere presuntuosa e invadente ha prevalso e l’ ho cancellato. Non è una consolazione, ma per me l’ amore da e verso i nostri animali vale il prezzo del dolore che affrontiamo quando ce ne separiamo.