Posso vantare una collezione di trentatré giri invidiabile e vi inviterei a salire e contemplarla religiosamente – come faccio io quando sono indeciso su cosa ascoltare – se il mio giradischi non fosse andato proprio ko a ridosso del ponte più lungo della storia delle vacanze di pasqua. Certo, ho anche svariati cd, tera di flac e mp3, e regolare abbonamento a Spotify e Amazon Music, ma sapere di non poter ascoltare i dischi mi manda in tilt, mi fa sentire incompleto. Apparentemente potrei sostituire temporaneamente il piatto, dato che ne possiedo in tutto cinque:
- un Nordmende RP 1400 che risale al primo impianto hi-fi che ho avuto acquistato da mio papà nel 1979, tra parentesi uno dei ricordi più belli che ho è l’odore che si è sprigionato dal deck del mangiacassette la prima volta che l’ho aperto, cosa darei per annusarlo ancora
- un Pioneer PL 990 di cui mi sono dotato quando il Nordmende ha iniziato a dare problemi. Si tratta di dispositivo platicosissimo ma con una sua dignità che tuttavia è penalizzato da una insanabile lacuna. C’è un bordo di plastica intorno al piatto che prosegue nella torretta che regge il braccio. La distanza tra questa parte e gli ellepì è così millimetrica che alcuni vinili leggermente più larghi lo toccano e non girano. Ma si può progettare un giradischi così e, soprattutto, si può comprarlo? No comment
- poi ho un bellissimo Dual CS 503-1 che mi ha regalato un mio collega appena andato in pensione quando ho preso servizio nella scuola. Stavamo facendo il passaggio di consegne sulla gestione del sito e quando ha scoperto la passione che coltivavamo entrambi non ci ha pensato due volte. Mi ha invitato lo stesso giorno (era la prima volta che ci vedevamo) nel suo box per farmi dono dell’ex giradischi di sua suocera. Lui non lo usava, avendo in casa un modello superiore. Con il Dual ha funzionato tutto alla grande fino a quando il piatto inspiegabilmente ha iniziato a vibrare in modo assolutamente casuale durante l’utilizzo, tanto da rendere molto stressante l’esperienza di ascolto
- ho anche un Technics SL-J11 di cui si è disfatta un’amica, lo stava per buttare. Un piatto da rack con il braccio tangenziale ma tutto scassato, cinghia sbriciolata e testina da cambiare, avrei dovuto portarlo per un revamping ma non mi sono mai organizzato.
Quattro giradischi rotti o malfunzionanti, avete capito bene. Così, due anni fa, era Natale, mi sono regalato un giradischi nuovo, il quinto. Essendo fondamentalmente un morto di fame ho optato per il modello più economico di una marca attualmente molto in voga. Si chiama Pro-ject Primary E, un nome che riflette perfettamente il budget che avevo a disposizione se E sta per economico. È così basico che ha la cinghia esterna. Per installarla bisogna metterla sul pirolino che gira e farla passare intorno al piatto. Il punto è che posizionare la cinghia da soli è un’operazione difficilissima – almeno per me che sono imbranato e ho le mani di ricotta – cosa che non sarebbe un problema se occorresse farla solo una volta nella vita, all’acquisto del giradischi. Invece purtroppo capita spessissimo che, posizionando e togliendo i dischi, la cinghia scivoli via non essendo previsto un solco o qualunque altro sistema, lungo il bordo del piatto, pensato per contenerla.
Ed è proprio questo che è successo il giorno prima delle vacanze di pasqua. La cinghia – che poi è un sottile elastico in gomma dalla sezione circolare – è scivolata fuori dal bordo del piatto mentre passavo dal lato A al lato B di non ricordo quale ellepì. Ho coinvolto mia moglie nell’operazione di ripristino, chiedendole di tenere ferma la cinghia sul pirolino mentre la facevo passare intorno al piatto, ma non ci siamo capiti – può capitare, non sono bravo a dare le istruzioni giuste nei momenti in cui bisogna mantenere la calma, nonostante faccia l’insegnante – e la cinghia si è strappata. Poco male. Mi sono immediatamente precipitato a ordinarne una nuova, dieci euro su Amazon, ma non sapevo che il punto di ritiro fosse chiuso per il ponte e così, per farla breve, l’ho ricevuta solo ieri sera e durante le vacanze non ho ascoltato nemmeno un disco. Nemmeno la compilation di canti della Resistenza che metto sempre in questo periodo.
E, appunto, per fortuna in mezzo ci sono state davvero tante distrazioni. È tornata per le vacanze mia figlia dalla Spagna, ci sono state le vacanze, ed è pure morto un papa. Ma, soprattutto, c’è stato il 25 aprile, la festa più importante dell’anno. Come da tradizione ho partecipato a due cortei. Uno mattutino, organizzato dall’ANPI del paese in cui vivo, e quello del pomeriggio a Milano. Un bagno di folla, decine di migliaia di persone di sinistra che mi hanno rimesso in pace con il mondo. Il corteo della mattina aveva visto infatti la partecipazione del sindaco del posto in cui abito, un fascistello burocrate brutto come il peccato che si è pure arrogato il diritto di fare un discorso che non vi sto a riassumere, tanto trasudava deprivazione culturale, presunzione ignorante e cialtronaggine provocatoria da quattro soldi.
A Milano invece ho addirittura incrociato lo sguardo di Elly Schlein, che mi ha notato applaudirla al lato del corteo con così tanto entusiasmo da essere persino ripreso e immortalato nella storia che la segretaria del PD, o almeno il suo social media manager, ha pubblicato sui suoi profili social.
Infatti, proprio come lo scorso anno, mia moglie ed io ci eravamo appostati su un marciapiede in piazza San Babila per goderci lo spettacolo delle diverse anime del corteo che passavano per recarsi in piazza del Duomo. E, proprio come lo scorso anno, ho contato e applaudito i numerosi movimenti in cui si è frammentata la sinistra, e a causa dei quali non si riesce a vincere un’elezione che è una. Proprio come lo scorso anno mi sono voltato di spalle al passaggio dei grillisti – che, ricordiamolo, hanno governato con Salvini – fino a quando, al passaggio della parte diciamo più antagonista, proprio come lo scorso anno sono stato notato da mia figlia. Era con la stessa amica con cui ha partecipato lo scorso anno, dietro al carro di non ricordo quale centro sociale. Ci siamo abbracciati e salutati esattamente come l’ultima volta, e proprio come lo scorso anno le ho detto addirittura le stesse cose: corri a raggiungere la rappresentanza del PD, l’ho scherzosamente ammonita, altrimenti ti diseredo. E proprio come lo scorso anno, ho deciso che d’ora in poi farò sempre così, sempre uguale, senza cambiare mai.