Italia, vivere qui è la fine del mondo

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Se come me arrivate già stanchi come dei ciucci alle nove del mattino in ufficio non dovete preoccuparvi. Voglio dire, state tranquilli, non avete nulla che non va fisicamente. Siete già fiaccati ancora prima di cominciare la vostra giornata fondamentalmente perché vivere in Italia è faticoso. E non dovete dare retta ai soliti luoghi comuni che la gente è pronta a rifilarvi, quelli sui paesi nordici dove tutti a un certo punto si suicidano per il clima, perché stufi della mestizia dei loro vicini di casa, perché i finlandesi do it worst, perché non ci sono le lasagne a pranzo e non si usa stendere le mutande di pizzo di Intimissimo al sole che batte sulla finestra che dà sulla via, mentre calate il cestino per farvi “salire” le mozzarelle di bufala di Secondigliano dal venditore abusivo che emette scontrini con il block notes a quadretti delle elementari. E anche se così fosse, se lassù si muore di noia, qui il districarsi tra imprevisti e difficoltà ti logora il sistema nervoso, poi somatizza oggi, somatizza domani, e alla fine qualcosa di brutto ti succede. Ma speriamo di no.

Oggi per esempio sembra una delle millemila giornate epocali che si sono avvicendate negli ultimi due decenni, quelle che sembra sempre che… e poi invece niente. Dopo due decadi Berlusconi decade, lo avrete già letto in lungo e in largo in qualche tweet dei più arguti e non me ne voglia l’autore. Ma malgrado ciò, stamattina c’erano ancora i ritardi sui mezzi da sopportare come una qualunque routine antipatica, perché non saremo la Finlandia ma nell’Italia settentrionale è facile che capiti qualche giorno di gelo, anche in pieno riscaldamento globale. E c’era ancora la Fiat Palio Weekend bianca con il finestrino spaccato in sosta vietata nel parcheggio antistante l’uscita della metro, che è lì da agosto. Qualche settimana fa ho assistito a un controllo della polizia municipale, ma poi non è successo granché.

Ma, piccole quotidianità a parte, anche assistere ai battibecco de-costruttivi nei talk show in tarda serata aumenta poi il peso dei fastidi da portarsi appresso, uno ci dorme male di notte e poi vi sfido a svegliarvi freschi come rose nel giorno del giudizio. Ecco. Oggi potrebbe essere il giorno del giudizio universale, stasera si desteranno i morti dalle tombe, scoppierà l’apocalisse e avrà le concilianti fattezze di gente del calibro di Anna Maria Bernini. Non so voi, ma a me tutto questo eccesso di mala-italianità inizia a dare dei problemi, per questo arrivo al lavoro a pezzi e non ne posso più. Qualcuno mi deve spiegare perché è così difficile vivere in Italia. O forse è difficile vivere. O forse è difficile. O forse è. O forse. O.

prove tecniche di messaggi a reti unificate in toscano

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Lo sfondo dello studiolo di Renzi è comunque deludente, a partire dalla foto di Napolitano in bella mostra, il trono da Lorenzo il Magnifico, la madia rustica che fa a cazzotti con quel telefono anni 90 in basso a sinistra. Io poi di mobili non me ne indento, eh, magari alla fine tutta quella roba insieme vale qualche annualità lorda del mio lavoro. Non so voi, io però mi aspettavo qualcosa di più moderno. Design, domotica, arte contemporanea, superfici touch. Che differenza c’è con la fitta libreria di Berlusconi? Comunque, per avere un quadro completo in vista delle primarie, aspettiamo di vedere qualche dettaglio delle abitazioni degli altri contendenti. Cuperlo, Civati, come sono le vostre case?

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affinità elettive e difformità elettorali

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D’altronde provate a pensarci anche voi: a quanti dei vostri amici, parenti e conoscenti concedereste il diritto di voto? A parte la cerchia più ristretta, io già avrei qualche difficoltà a mettere insieme una lista con una manciata di persone. Un tempo avevo una mia teoria, la concessione di una sorta di patentino civile da ottenere previo esame di storia e educazione civica. Insomma, devi conoscere i segnali stradali e come comportarti a un incrocio per guidare un’auto, giusto? Allo stesso modo se non sai il perché di certe cose corri il rischio di portare ogni discussione sulle foibe ancora nel 2013, di comprare i libri di Pansa, di prendertela con il tuo sindaco per il patto di stabilità e cose così. Ma oggi che la gente ha davvero raggiunto uno stato senza precedenti, e lo stato ha distanziato la gente come non mai, e dovreste conoscere sia la percentuale di individui in grado di comprendere il significato dei testi che, dall’altro lato, l’autoreferenzialità della cosa pubblica, pensare che l’accesso al sistema sia a numero chiusissimo e ridotto ai minimi termini da chi a malapena raggiungerebbe la sufficienza impone una ridiscussione dei parametri di selezione per non trovarsi tra i soliti quattro gatti che sono sempre gli stessi a fare tutte le cose. Un po’ come succede con i genitori che partecipano alle attività della scuola che sono gli stessi che incontri alle iniziative culturali che sono gli stessi che incontri alle manifestazioni e così via. Senza contare che da quando sono in auge i test a risposta multipla nel nostro sistema formativo, i dubbi sulla veridicità dei risultati di questo tipo di esami sarebbero ancora più fondati. Io comunque sono uno di quelli che vorrebbero tener duro, e non mollerei di un millesimo la definizione dei criteri di accesso alla società per mantenerla civile. Sono altresì certo che se ci fossero questi corsi obbligatori di “saper vivere in uno stato normale” non ci sarebbero più problemi legati al proporzionale o maggioritario, persino il bipolarismo perderebbe di significato, e gente come me sarebbe piena di amici e uscirebbe di casa, ogni mattina, con il sorriso sulle labbra lieta di calarsi nel mondo. Ma così non sarà mai, per questo non colgo l’utilità di iniziative elettorali persino come le primarie, perché rimettono in mano a una discreta fetta di politicamente incompetenti i destini di partiti e cittadini stessi. Ah, ovviamente stavo scherzando. Ehm.

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chi non ride è del pdl

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Guardavo la copertina di Crozza della scorsa puntata di Ballarò in differita – anche perché non ricordo di aver visto qualcosa in prima serata, a quell’ora il telecomando non mi compete – e notavo come fossa netta la differenza di facce da cazzo tra il pubblico, distinto in persone che ridono e applaudono perché oggettivamente le battute del comico fanno strappare almeno un sorriso (e non dite di no) e quelli che invece mantengono un’espressione di cemento, solitamente tutti azzimati nelle loro uniformi da gente che si diverte solo nelle tavernette dei ricchi con la lap dance.

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un aforisma ci seppellirà

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Quando la comunicazione interpersonale si basava unicamente sulle forze individuali, un tempo che ha coinciso perfettamente con l’epoca dell’analogico inteso come la totale assenza di piattaforme di condivisione orizzontale delle informazioni che non fossero associazioni culturali, circoli politici, dopolavoro e altre forme ora rintracciabili alla voce archeologia sociale, il citazionismo da frasi celebri come sintesi di un sapere pratico o una valutazione etica, in una parola aforisma, costituiva un metodo di rilancio dialettico volto al sensazionalismo nozionistico basato sullo sfoggio di un armamentario di frasi fatte, attribuite con più o meno veridicità ai massimi maître à penser in auge.

Nell’epoca della conoscenza condivisa, invece, laddove il numero di tacche su un dispositivo indicante la potenza di connessione alla rete, a supporto di un sistema di reperimento informazioni in tempo reale, vale di più di un background generalizzato delle principali materie utili alla vita quotidiana – leggere, scrivere, fare di conto – la disponibilità di massime e facezie pronte all’uso ha generato l’ennesimo effetto implosivo della sovraesposizione a virgolettati, a partire dalla semplice frase celebre in calce alla firma della posta elettronica, inclusa come una pillola di sé da allegare al messaggio indistintamente ad ogni destinatario, che rende edotti amici, colleghi, semplici conoscenti, emeriti sconosciuti circa la propria ermeneutica.

Ora, e lo sapete meglio di me, ci sono invece armi di distruzione di massa nascoste persino nei gruppi dei nostri socialini preferiti che bombardano a pioggia l’uditorio di saggezza quotidianamente, per la coltivazione di una sensibilità condivisa e una standardizzazione emotiva. Inutile sottolineare che nell’era dell’immagine, quale miglior modo per incrementare la potenza del messaggio se non accompagnando il motto del giorno con una foto il più didascalico possibile, per un effetto di inutile ridondanza? Repetita iuvant, si dice, anche se non so chi l’ha detto per primo.

Sono  sicuro che non moriremo di aforismi, come ho scritto nel titolo. Almeno non noi. Di certo il partito che fino ad oggi ho votato continua ad annaspare in queste sabbie mobili della comunicazione a botte di smancerie letterarie. Già uno dei più importanti killer del centrosinistra italiano di tutti i tempi, Walter Veltroni, ci aveva dato dentro con la faciloneria da astrazione micro-letteraria. Ma ieri, alla Leopolda, il candidato che sarò costretto a votare alle prossime elezioni politiche ha battuto ogni record.

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basta mezz’ora a farsi un nuovo amico

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C’è sempre qualcosa di peggio e questo è uno dei paradigmi che ci consentono di sopravvivere. C’è sempre qualcosa o qualcuno che segue a ruota qualcos’altro in un più o meno oggettivo metro di giudizio, e siamo sempre i primi a dire che è riduttivo ricaricarsi l’autostima guardando sotto ma poi lo facciamo tutti e allora forse non è poi così sbagliato. Mi sono trovato a criticare Fabio Fazio per il suo modo troppo remissivo di condurre le interviste che va bene con chi ti trovi a tuo agio, ma con mezze calzette maxi-squali del mini-calibro di Brunetta poi ti accorgi che della buona educazione in tv di Fazio ce n’è davvero bisogno. Non solo: a me viene spesso da prendermela con Renzi per il tipo di PD che incarna che non è certo il PD che intendo io e che vorrei. Poi però basta un’intervista di Lucia Annunziata a farmi prendere le sue parti – le sue di Matteo Fonzie Renzie, avete letto bene – contro quel tipo di giornalismo ignorante e superato la cui rottamazione sono pronto a sostenere.

boia chi flatula

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[Nota del blogger: prevedendo una schiacciante vittoria dei pentastellari alle prossime politiche, non certo per merito loro ma per demerito altrui, inizia da oggi un tentativo di captatio benevolentiae smaccatamente finalizzata a saltare sul carro del vincitore, così da prenotare un posto di riferimento nella blogosfera che verrà secondo le linee guida del sistema operativo imposto dal nuovo ordine dei cavalieri dai capelli lunghi, gigiastri e sfibrati. Buona lettura e buona vita, come direbbero loro]

Non la farei così tragica. Il commento su Facebook del cittadino Crimi tutto sommato lo avrebbe potuto fare chiunque, rientra in quei canoni di umorismo un po’ grezzo con cui si divertono di nascosto quelli come me che non brillano in quanto a finezza e eleganza intellettuale. La differenza è che io sono un cittadino normale mentre Crimi è un cittadino++, e quando occupi anche se provvisoriamente ruoli chiave della democrazia rappresentativa può essere utile chiedere consiglio a qualcuno prima di pubblicare qualunque tipo di opinione. Sono convinto però che certi equivoci diplomatici potrebbero essere evitati se sia il cittadino Crimi che il futuro ex-senatore Berlusconi – benché vittime di differenti ipertrofie – imparassero a contenersi di più.

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decadenza Berlusconi, Mercoledì fatale

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termini di Paragone

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Alla fine il succo del discorso era che ciascuno di noi vive con questa specie di carapace che si porta appresso e che è un condensato di convenzioni, compromessi e chissà quale altra diavoleria organica che inizia con co-, in cui c’è un condensante – eccolo – che ha una forte percentuale di buona e cattiva educazione no? Senza questo bozzolo di materia comunque resistente, evitiamo di palpeggiare le donne che ci sembrano provocanti, di scoreggiare in ufficio, tanto per dire due delle cose meno nobili che ho percepito durante la spiegazione. Ma anche riusciamo a presentarci al posto di lavoro e in tutti gli altri appuntamenti in cui qualcuno necessita di noi in orario e con il buzzo buono di fare quello per cui siamo stati contattati. Aggiornare database, ordinare specialità della casa, consolare chi se lo aspetta, rispettare le regole di una disciplina o di un gioco, collegare correttamente dei cavi, impegnarsi per arrivare se non primi almeno in una posizione ragguardevole, assegnare il proprio voto a esponenti politici rispettosi delle minoranze etniche, accompagnare all’indirizzo giusto chi non può farlo da solo. Togliersi di dosso questo guscio è impossibile, serve troppo cinismo e una follia che avrebbe poca vita e, quel poco, tutt’altro che di facile approccio. Un attimo e avresti addosso un plotone di teste di cuoio, chissà se ci sono ancora, quei corpi speciali che si calano dagli elicotteri e che hanno l’obiettivo di farti saltare il cervello per togliere alla società l’incombenza di darti voce, anche solo tramite un avvocato, nel corso di un processo a copertura mediatica in eccesso. Mi vengono in mente quel folle norvegese o i maniaci che si tengono ragazzine in cantina per decenni. Ti eserciteresti a tirar sotto pedoni impertinenti con la macchina, o vedresti giovani disinibiti far sesso nel parco sotto casa, trascureresti l’igiene personale nei giorni più rigidi dell’inverno in cui il contatto con l’acqua è più che una forzatura. Nel mio piccolo, so già che mi aggirerei tra gli scaffali di quei negozi che vendono vinile usato con un carrello della spesa, pronto ad afferrare tutto e uscire senza farla tanto lunga e, soprattutto, senza pagare un lira. Nella realtà sono pochi quelli che, con la massima disinvoltura, riescono a esprimersi impunemente in questa sorta di sindrome di Tourette all’ennesima potenza, per esempio la Santanchè.