i programmi del Movimento Cinque Stelle, in prima serata

Standard

Quando dico che non ci meritiamo di passare da Berlusconi a Beppe Grillo, per non offendere qualcuno che magari ha votato il primo o vota il secondo e magari – pare stia succedendo – è passato dal Popolo delle Libertà al Populismo in Libertà, quando dico così parlo per me stesso e per i pochi intimi che so che mi affiderebbero la loro delega come alle riunioni di condominio. O meglio mi piacerebbe essere ecumenico ma poi leggo e sento pareri in giro e non mi riesce, e mi rendo conto che sono in molti i sostenitori anche inconsapevoli del modello “Te la do io l’Italia” come naturale evoluzione del modello “Te la do io” e basta.

la notte si avvicina (dalle stalle alle stelle e ritorno)

Standard

La seguente filastrocca sembra contenere una serie di metafore appropriate alla situazione, vero?

Stella stellina
la notte si avvicina:
la fiamma traballa,
van tutti nella stalla.

Il bove e il vitello,
la pecora e l’agnello,
il pulcino e la gallina
e la notte si avvicina

Dorme il pulcino con il maialino
ed il vitello con la pecora e l’agnello
Anche il galletto dorme sopra il tetto
dorme la gallina sino a domattina

Stella stellina
sino a domattina
la nella stalla
tutti fan la nanna.

secessione

Standard

Non so a voi, ma a me che si lanci da un palco come quello del concertone del primo maggio lo slogan “l’Europa ci chiede soldi, noi diamo musica” mi sembra enormemente inappropriato. L’ho sentito ieri in diretta – d’altronde pioveva e tutto sommato si tratta di una manifestazione a cui sono affezionato se non altro perché vi ho suonato anche io – e ne ho provato un immediato fastidio, poi sepolto, come si può leggere qui, da altri ben più rumorosi disagi. E poco fa ho riletto la stessa frase sulla home di un quotidiano come sintesi dei messaggi scaturiti dalla giornata di ieri, e a freddo ho capito perché l’ho sentito così fuori luogo. Intanto, e qui torno a ripetermi, dubito che l’Europa voglia la nostra musica, almeno quella che abbiamo ascoltato ieri nella prima parte dell’evento, che per fortuna ha preso una svolta più piacevole con la tripletta Caparezza – Subsonica – Almamegretta, a parte l’inqualificabile esibizione di Mannarino, che poi chi cazzo è Mannarino che suona nella parte più seguita del concerto. E spiace dirlo ma tutti quei gruppuscoli che si sono alternati, alcuni anche con pezzi in inglese, non costituiscono una moneta valida per uno scambio internazionale. Secondariamente, in un momento in cui dovremmo fornire risposte concrete e affidabilità, l’Europa ci chiede soldi in Euro e niente altro, più impegno e meno tarantelle. Quelle teniamocele per noi, anzi per voi, anzi avvisatemi quando avete finito di suonarle.

altro che bue

Standard

Sappiamo tutti cos’è l’antipolitica, di questi tempi è un sentimento protagonista e un neologismo onnipresente che interpreta tutti gli stati d’animo di chi è deluso dai partiti. Ma si tratta di un fenomeno vecchio quanto la storia dell’umanità, che fino a poco tempo fa si chiamava qualunquismo ed era professato da chi non si curava della cosa pubblica e oggi rappresenta anche chi non solo non si cura della cosa pubblica ma, oltre alla scusante del sono tutti uguali, ha in più la lecita possibilità di avercela con quelli ha votato alle ultime elezioni o, in generale, con chiunque. Tanto che non sai chi se ne approffitta o meno, chi rimane fondamentalmente qualunquista ma non lo confessava vergognandosene e oggi finalmente ha trovato una ragion d’essere, facendo dei danni.

Mi chiedo però quale sia il nome, se esiste, dell’analogo sentimento che può provare in direzione opposta chi impersona il rappresentante politico nei confronti del cittadino che, per dirla papale papale, se ne fotte. Cioè a chi fa politica ed è stato chiamato in seguito a votazione a esercitare una qualunque forma di governo per tutti i cittadini, quelli che hanno votato il partito di cui fa parte, quelli che hanno votato gli altri partiti e quelli che non hanno votato affatto per le ragioni di cui sopra, non gli viene mai uno stato d’animo equivalente al “tanto sono tutti uguali” rivolto verso quelli a cui non interessa nulla e quelli che oltre a fottersene trovano i più sottili sotterfugi per fottere lo stato e di conseguenza anche verso quelli che invece lo hanno a cuore e lo rispettano? E questo potrebbe essere applicato a tutte quante le istituzioni, amministrazione centrale e locale ma anche consigli scolastici e associazioni varie. Cittadini che rappresentano cittadini a cui non interessa essere rappresentati o che non sanno nemmeno di averne diritto.

Perché chi occupa posizioni di rappresentanza per regolare elezione a qualunque livello deve avere un forte spirito di sacrificio per dare voce anche a chi sentenzia cose come quelle a cui ho assistito ieri sera, nel corso di una banale cena di classe con i genitori dei compagni di classe di mia figlia. Persone impegnate in associazioni scolastiche e in politica locale costrette ad ascoltare invettive contro tutto e tutti prive di ogni fondamento al netto del livore di default alimentato a pane e disinformazione. Ecco io non ce la farei, io dopo aver sacrificato il mio tempo libero anche per loro mi ribellerei come un Grillo al contrario, una anti-qualcosa dai rappresentanti verso i rappresentati perché se sono i rappresentati a dire di pagare i rappresentanti, intanto iniziamo a tirare fuori la dichiarazione dei redditi e vediamo se è davvero così.

com’è che si chiama?

Standard

C’è da dire che Berlusconi è sempre aggiornato sulle zozzerie alla moda. Pardon, i trend erotici come il Burlesque. Il Burlesque. Tsk. Ma ci faccia il piacere.

pecunia e pecora, stessa radice

Standard

Nessuno ha pietà per le maxi-confezioni famigliari di crackers in sacchetti, nemmeno quando sono al cinquanta per cento bisognerebbe comprarli e forse è proprio lì il motivo per cui li trovi al cinquanta per cento, chi muove i fili della grande distribuzione organizzata, e scusate la dietrologia, sa benissimo che dentro ai sacchetti la percentuale di confezioni con almeno qualche esemplare non sbriciolato è a una cifra. I crackers dovrebbero viaggiare in contenitori a prova di urto, avvolti in una pellicola protettiva tipo quelle con le bolle d’aria per gli oggetti fragili che si acquistano online e che ti arrivano in perfette condizioni anche dopo un volo da Hong Kong, mentre i crackers partono dalle industrie alimentari che poi saranno qui a due passi, ci scommetto, e le grandi scorte per i supermercati vengono condotte verso gli scaffali senza il minimo rispetto, e i consumatori più sprovveduti come il sottoscritto, tra i principali sostenitori dei sostitutivi del pane soprattutto come snack in ufficio, ogni volta si lasciano prendere dall’offerta anziché considerare come potrebbe essere la situazione là dentro. Una vera e propria strage. Nessuno ha pietà per le maxi-confezioni famigliari di crackers in sacchetti, nessuno.

p.s. no, non avete sbagliato canale, né c’è stato un errore di visualizzazione. Mi ero imposto di non spendere nemmeno una parola sull’animoso monologo ai più noto come “Pecorella”, il caso mediatico della settimana, il classico argomento sul quale è difficile esprimersi e prendere una posizione senza decontestualizzarlo, è difficile anche da commentare e ci vuole poco, come potete immaginare, a cadere nel qualunquismo e nella banalità. E ne ho lette tante, in giro. E mentre scrivevo cresceva la tentazione di cancellare il tutto e non pubblicare il post, non riuscendo a giungere ad alcuna conclusione. Non sono un abitante della Val di Susa, e se ve la devo dire tutta non ho mai seguito il dibattito in profondità perché leggo da una parte e mi convinco, leggo dall’altra e mi convinco pure, così alla fine non riesco a mettere a fuoco né la soluzione tantomeno il problema. In questi casi mi fido del giudizio che ne danno le persone che stimo di più, che, mia moglie a parte, sono i rappresentanti della politica ai quali delego le mie decisioni con il voto, secondo i canoni della democrazia indiretta di cui ho la fortuna di fare parte. E questi rappresentanti, come potete immaginare, sono favorevoli al completamento dell’opera in questione anche se all’interno del partito ci sono divergenze e spaccature. Posso capire che ci siano oppositori e che si immolino in questo modo così acritico nella difesa del loro territorio, oltre che delle loro posizioni. Voglio dire, a due passi da casa mia sta per succedere il finimondo con il raddoppio della portata di una superstrada che tutti noi vorremmo fosse interrata ma che non si sa ancora come andrà a finire, magari un giorno vedrete anche me bloccare il traffico della A4, chissà.

Ma giunto a questo punto della stesura, ho provato a rivedere ancora una volta il manifestante, un appartenente alla categoria di quelli che qualcuno chiama “gente in via di estintore” per la quale ogni volta mi sforzo di essere comprensivo ma poi non ci riesco. Cerco di immaginarmelo a tavola, a cena insieme, lui che mi parla con quel tono. Allora mi rendo conto che è meglio mettere in stand-by il post e attendere nuova ispirazione, o anche nuovi sviluppi della vicenda, per giungere a un elemento condivisibile pubblicamente. Ma mentre prendo un cracker, anche a casa li scelgo come snack, e vedo tutto il contenuto della confezione ridotto in poltiglia, di colpo mi sento più sensibile a quel genere di tragedia, sicuramente sono più portato a scrivere su questo genere di argomento, chiudo la pagina con il video, lascio mister pecorella – quello senza divisa, no anzi che così non si capisce, quello senza casco – alla sua spocchia e mi dedico a un qualcosa che mi ispira maggior interesse, e anche più pietà.

l’astronauta

Standard

Mia figlia e la sua compagna di classe/amichetta del cuore non riescono a parlare e camminare allo stesso tempo, finisce che loro sono davanti e le sento chiacchierare mentre imbocchiamo il vialetto pedonale che porta verso l’ingresso della scuola e se rallentano perché entrano nel vivo di una conversazione mi spiace dover ricordare loro che la prima campanella sta per suonare, perché corro il rischio di distrarle dall’argomento che stanno dibattendo. Stamattina si discorre di grandi progetti. “Mio padre dice che le donne non dovrebbero fare lavori come guidare i camion della spazzatura, proprio non ce le vede”, dice l’amica. “Perché? Non ci sono lavori da maschi o da femmina, ognuno può fare il lavoro che vuole”. Poi mia figlia si gira verso di me, e mi svela il segreto. “Lei vorrebbe fare la stilista di moda”, riferendosi all’amica.
Mica male, penso ad alta voce, e le chiedo se sia vero. “Sì, mi piace disegnare e cucire, una brava stilista deve sapere anche disegnare molto bene. La Matilda invece vuole fare la pasticciera”. Mia figlia le fa notare che il sogno della comune compagna di classe non è semplice da attuare, perché magari prepari i bon-bon, così li chiama, e poi ti cadono tutti mentre li sforni e devi rifarli da capo. Non capisco da chi abbia preso questo velato pessimismo cosmico. Quindi ci mette al corrente dei suoi piani. “Io ho tre possibilità: l’attrice, la maestra o la dentista. Così potresti venire da me a farti curare, e io con il trapano TRRRRRRRRR un dentino! TRRRRRRRRR un altro dentino! TRRRRRRRRR ancora un altro dentino!”. Le lascio intente in questa drammatizzazione di non so quale cartone animato, e mentre mi allontano resta il tempo per togliere un dubbio. “Ma tu hai scelto il lavoro che fai o volevi farlo davvero?” mi chiede la sua compagna di classe, e mi scappa da ridere perché formulata così la domanda lascia una finta alternativa di risposta. Ma forse la bambina ha ragione, non ci sarebbe stata via d’uscita. Non a caso ora, in cui la situazione è quella che è, sempre più precipitevole e apparentemente senza futuro, tento una proiezione ma non saprei proprio da dove ricominciare. Anche solo per raccogliere aneddoti, un minimo di prospettiva ci vuole, no?

per le vie della moda in sabot

Standard

C’è questo tumblr, che ho scoperto tramite quest’altro, di cui sottoscrivo in toto la vision, come si suol dire, perché non c’è epoca come quella che stiamo attraversando in cui si sia toccato un punto così basso a proposito di calzature. La nostra società non se la passa tanto bene, ammettiamolo, ed è un dato che si evince mai come oggi osservando le scarpe che la gente indossa. Il problema è triplice: siamo sempre più poveri, le produzioni sono in caduta libera di qualità, il gusto imperante lascia a desiderare e non ci vuole un fashion blogger per appurarlo. E il pittarello è dietro l’angolo. Provate a osservare quello che passa sotto di voi, e non in senso metaforico. Volgete il vostro sguardo ai piedi delle persone, se la cosa non vi è di ostacolo e non vi distoglie da operazioni che richiedono la massima attenzione. Sono piccoli particolari su cui in giornate pregne di futilità, come la settimana del Festival, viene spontaneo soffermarsi e che spingono gli individui più sensibili a diradare ancora di più i già scarsi appuntamenti con il prossimo per aspettare che l’era dei peluche ripieni ai piedi, delle calzature che sembrano astucci delle elementari, delle snickers con la suola basculante spacciata per anatomica, degli esseri viventi stringati che respirano, degli stivali delle sette leghe, delle scarpe da tennis con i tacchi e delle linee inguardabili di alcuni prodotti di brand tutti italiani tramonti definitivamente. Chi è senza peccato scagli la prima scarpa, quindi, dopodiché inizi a fotografare gli obbrobri che passa il mercato.

i dolori del giovane

Standard

Ho visto una collega in lacrime raccogliere la solidarietà delle persone a lei più vicine in ufficio, una la stava stringendo a sé e altre ragazze, chi con le braccia conserte e chi con la mano sulla sua spalla, cercavano di recare conforto anche con la sola presenza. Ho chiesto informazioni, e quando ho saputo che le è mancato il papà nel Paese lontano di origine ho tirato un sospiro di sollievo, a caldo avevo temuto che fosse stata licenziata. A freddo mi sono vergognato un po’.

pubblico ludibrio

Standard

Se siete un’amministrazione pubblica e i soldi sono quel che sono, la scelta di come utilizzarli intevitabilmente finisce per penalizzare qualcos’altro. Magari bisogna togliere l’amianto dal tetto di una scuola e ha priorità uno, poi occorre garantire assistenza a una famiglia bisognosa e la priorità è ancora uno, insomma la priorità dovrebbe essere la uno per tutti e alla fine un buco in un muro della palestra della scuola media e un canestro piegato da qualche bulletto di quartiere, che ha anche squarciato la rete per compensare con la stima degli amici il vuoto che ha casa, finisce in secondo piano. Nessuno vuole pagare le tasse, nessuno sistema il bene comune, non c’è scampo. Non ero mai stato a Trezzano sul Naviglio, questo è il ricordo che porto a casa.