la solitudine di radersi alle sei e un quarto del mattino con l’acqua fredda in novembre

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C’ho dato un taglio. Basta con l’hipsteria collettiva che a chi è tenuto a dare un esempio genitoriale non fa certo fare una bella figura. Quando il valore della scala di grigio si attesta per più del cinquanta per cento verso il bianco è bene ripristinare l’antica virile usanza di farsela, la barba, che è un’attività altrettanto pallosa delle varie cerette e epilady passati su arti e varie cavità corporee femminili. Non entro nemmeno nel merito della depilazione maschile, tanto la disprezzo, anche nei casi di chi la pratica con la scusa che fa sport e vuole evitare le infezioni, ma andate a raccontarla a qualcun altro.

Farsi la barba è una bella rottura aggiuntiva di maroni per chi usa ancora schiuma e lamette come me. L’unica volta in cui ho provato un rasoio elettrico mi è venuta la faccia a bolle e ho detto basta. Tra l’altro si trattava di un regalo di Natale che ho riciclato di lì a poco. Il rischio dell’ostinarsi con il luddismo in contrasto con la ricerca tecnologica del settore è che operare in contesto umido e bagnato non consente un’esperienza di rasatura piacevole nei mesi invernali tenendo conto che si tratta di un’attività da svolgersi la mattina presto, quando tutto sembra freddo persino l’acqua calda, figuriamoci il metallo delle lame e il gel schiuma che vive nella latta.

Trovarsi con quella roba bianca in faccia alla luce artificiale perché fuori è buio pesto, dovendo pure stare attenti a non fare casino per non svegliare il resto della famiglia e i vicini, comporta una violenza inaudita contro il proprio equilibrio già provato dallo stato di risveglio. Senza contare il rischio di tagliuzzarsi le parti più vulnerabili della pelle e fare la figura di chi non è in grado di adempiere a uno dei principali doveri della cura di sé. Facendosi la barba ci si sente spesso soli in un classico momento-uomo di cui ogni uomo vorrebbe potersi liberare. Le sei e un quarto del mattino, poi, sono state fatte per essere consumate sotto le coltri, nell’aria viziata da quasi otto ore di sonno, con i peli sul mento, collo e guance, liberi di svilupparsi in tutta la loro ostica durezza.

un vezzo

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Bip. Bip. Bip. Bip.
– Prego
– Giorno.
– Buongiorno. Ha la tessera?
– Ehm.. no.
– Sacchetto?
– No grazie, ho la borsa
Bip. Bip. Bip.
– Sta bene con la barba.
– Grazie.
Bip. Bip.
– Come mai se l’è fatta crescere? Un vezzo?
Bip. Bip. Bip.
– Beh, ormai è un anno che ce l’ho. Ero stufo di farmela ogni giorno e…
– Ah, ho capito. Un vezzo. Sono diciotto euro e venti centesimi.
– Ecco.
– Non ha i venti centesimi?
– Mmmm… no. Mi spiace.
– Si, sta bene con la barba. Diciannove eee… venti. Ecco.
– Grazie. Arrivederci.
– Arrivederci.