apologia di ciclismo

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La prima cosa che ho fatto quando mi sono trasferito a Milano ĆØ stata acquistare una bellissima city-bike. Provenendo da una terra in cui le strade pianeggianti sono poche e prese d’assalto da numerosi automobilisti, il cui numero centuplica nel fine settimana aumentando esponenzialmente la pericolositĆ  e il disgusto del ciclista, ho finalmente coronato uno dei miei sogni, quello di spostarmi il piĆ¹ possibile usando le due ruote a pedali, tanto da giustificare un investimento. Per inciso, si ĆØ trattato diĀ una scelta sulla quale ho subito le pesanti critiche degli esperti del settore: non bisogna badare all’estetica del modello, mi sono sentito ammonire, bensƬ al peso del telaio e alla maneggevolezza. In effetti la mia bici, che tuttora possiedo, ĆØ, mi si passi il termine, fighissima, in quanto unisce il design delle bici da uomo di una volta, quelle con i freni a bacchetta, alla piĆ¹ recente tecnologia (almeno pare): un cambio con rapporti e velocitĆ  che ne aumenta la flessibilitĆ  e la rende adatta a qualsiasi terreno. Ma ĆØ tutt’altro che leggera: grigia in alluminio proprio non mi piaceva, e il modello nero che ho comprato pesa praticamente il doppio. Ma il mio senso estetico ĆØ appagato. L’ho presa da Rossignoli in Corso Garibaldi, il che rende me ancora piĆ¹ milanese e la mia bici ancora piĆ¹ figa.

E il problema della mia bici ĆØ proprio la sua, mi si passi ancora il termine, figositĆ . Nel senso che non posso utilizzarla come vorrei, lasciarla per esempio incustodita in stazione, perchĆ© i furti di bici sono all’ordine del giorno. In un paio di anni me ne sono giĆ  sparite due, tanto per dire, una delle quali a fatica la si poteva definire bicicletta. Addirittura la seconda, che avevo insanamente legato solo per la ruota, mi ĆØ stata sottratta per tre quarti, unitamente al cerchione della bici che era parcheggiata lƬ a fianco, cannibalizzata dal ladro per portare a casa un esemplare completo. CosƬ la mia bici, mi si passi per l’ultima volta il termine, fighissima giace chiusa in garage per cinque giorni la settimana, mentre devo continuare ad adoperarmi per sistemare catorci arrugginiti muniti di catena, comprati appositamente per essere il meno appetibili per i ladri. Una strategia che comunque, come ho detto sopra, non sempre ripaga.

Nella mia societĆ  ideale, quindi, i ladri di biciclette non esistono. Ma una sagace via di mezzo tra il mondo delle idee e la realtĆ  potrebbe essere sfruttare i mezzi su rotaia per caricare le proprie bici la mattina, per poi sbarcarle nel centro di Milano e raggiungere l’ufficio pedalando per gli ultimi cinquecento metri, questo almeno all’interno dell’area metropolitana di cui fa parte il mio paesello. Sta di fatto che invece ho provato, la scorsa estate, a coprire invece l’intero tragitto casa-ufficio in bicicletta, venti chilometri circa, impiegando poco piĆ¹ di quaranta minuti, che ĆØ meno di quanto impiego normalmente per il percorso da portone a portone completo di attese sui binari, per non parlare dei treni in ritardo e degli imprevisti vari. Certo, ci si tiene anche in forma, cosƬ. Ma farlo assiduamente comporterebbe alcuni risvolti spiacevoli: gli scarichi delle auto, la quantitĆ  di auto stesse nei mesi di maggior traffico, le condizioni in cui si arriva in ufficio e l’impossibilitĆ  di farsi una doccia al lavoro. Il sistema precluderebbe anche la mia finestra di lettura sul treno, le pennichelle al ritorno e gli ameni incontri di varia umanitĆ  che non mi si risparmiano mai.

Comunque l’aver scoperto e appurato che la bici ĆØ un mezzo realistico di trasporto anche per distanze medie mi ha aperto nuove possibilitĆ . L’investimento previsto per potenziare la rete di piste ciclabili a Milano, quindi, non puĆ² che farmi piacere. E se da una parte il dibattito sull’uso dei soldi pubblici ĆØ acceso e l’opinione pubblica talvolta sfavorevole, dall’altra togliere porzioni di spazio alla carrabilitĆ  delle vie cittadine con corsie dedicate alle due ruote puĆ² essere anche interpretato come un deterrente per i mezzi a motore. Complicare la vita agli automobilisti, nei punti raggiungibili dai mezzi pubblici, puĆ² essere un modo per spingerli a lasciare l’auto altrove e muoversi diversamente. Aggiungerei “bestemmiando”, ma voglio essere ottimista, nella mia visione dell’ecologia degna della famiglia dei BarbapapĆ .