così lontano, così vicino

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Ogni tanto se ne vedono ancora anche se a me sembra un hobby d’altri tempi, ma forse solo perché era mio nonno ad averne numerosi modelli – nulla di professionale, chiaro – e anche mio padre ci si dilettava, e quello stesso passatempo che a me sembra più una sorta di perversione è entrato a far parte della cultura famigliare, quelle cose che non ti stupiscono perché le hai sempre sottomano e poi magari invece ci si meraviglia se un vicino – faccio un esempio – si getta con il paracadute nel weekend. No, l’hobby a cui mi riferisco, che poi non è nemmeno un hobby, è un’abitudine molto meno pericolosa a meno che non sconfini nel voyeurismo e non si venga beccati – che so – a spiare nelle case degli altri le donne che si svestono. Sto parlando dell’uso dei binocoli, uno strumento che al di fuori dell’ambito specifico per cui è stato messo in commercio, l’avvistamento e l’osservazione con finalità di controllo e di sicurezza in ambito militare o civile, ora mi meraviglia quanto chi perlustra la sabbia o i boschi con i metal detector. Voglio dire, non trovate strano l’imbattersi in persone che dalla finestra di casa propria o in luoghi pubblici fissano punti imprecisati così, per puro diletto? Ed è chiaro che ci sono quelli che guardano gli uccelli, quelli che guardano le balene, quelli che guardano i delfini, ma si tratta di casi piuttosto circoscritti. I binocoli in casa mia si utilizzavano a teatro, in campagna per giocare alle giovani marmotte, ma mio nonno li portava sempre con sé per scrutare chissà che cosa. Poi ci sono quelli che si mettono in riva al mare e dicono di osservare le barche. Ma tra le barche e le lenti ci sono le spiagge con le bagnanti sdraiate, e chissà che lo sguardo ravvicinato non sosti lì, prima di spingersi in alto mare su ben altre poppe.