proprio con la kappa

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Allora fammi iniziare da quando ci siamo incontrati in negozio e mio padre non mi è sembrato molto contento del fatto che ci frequentassimo anche se secondo me sarebbe stato più sorpreso se fossero venute a prendermi delle persone normali. E poi quella era una bottega storica frequentata da turisti, con gli scaffali in legno di una volta e i contenitori in vetro per le caramelle che fabbricavamo dietro nel laboratorio, quei barattoli trasparenti che erano gli stessi di suo padre e del padre di suo padre e che da sempre si riempivano di profumi al tamarindo e all’eucalipto. Tutto si era fermato tranne me che avevo recuperato tutto lo scarto che nessuno nella mia famiglia si era mai permesso di arrogarsi. E dovresti vedere ora che tutto è ancora più diverso perché quella sera in cui ci siamo incontrati non era niente in confronto a quello che è successo dopo, sono stata un pioniere, o si dice pioniera, boh. Ma di questo te ne parlo in un’altra occasione. Voi eravate al completo, solo tu sapevi che quello non era il mio nome ma mi facevo chiamare così perché mi vergognavo di quello che mi avevano affibbiato i miei quando ero nata senza chiedermelo, sembrava il nome della protagonista di una barzelletta sui meridionali. Ma sai quello che mi ricordo di più, ed è per questo che ti ho scritto, tu mi sembravi preoccupato per quello che stavo facendo, mi muovevo nella vita come se fossi sotto il palco di un gruppo punk perché intorno volevo solo il vuoto e quando mi hai chiesto di cosa mi importasse io ti ho detto che non mi importava di nulla. Anzi, ti ho detto proprio che non me ne fregava un cazzo di niente e di nessuno e lo so per chi ti sei preoccupato, era il tuo inseparabile amico e non era il caso di sottolinearlo quando ci siamo baciati. Ti farà piacere sapere che quella notte ho pensato proprio a quello, al fatto che c’era pieno di cose che era facile rompere. Non la mattina dopo perché avevo troppo mal di testa, troppa birra la sera prima, ma qualche giorno e tante riflessioni dopo ho persino deciso di farmi chiamare con il mio vero nome, mentre quello finto e abbreviato che iniziava con la K, no, ero tutt’altro che straniera, quel nome l’ho dato anni dopo a un cane che ho trovato nel cortile del negozio e che vive ancora con me.