meno di buono

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La chiave del successo consiste nell’essere il meno discreti possibile. E voi lo sapete bene, visto che siete sulla cresta dell’onda grazie alla vostra predisposizione a non chiedere permesso, a chiamare a ore inopportune, a strappare concessioni con la vostra insistenza oppure con la vostra inarrestabile simpatia e pensate di non esser mai di troppo. Parlare sottovoce non rientra nelle vostre corde a differenza di qualunque altro comportamento volto ad attirare l’attenzione. Mi ricordo di voi in classe, voi che non iniziavate una proposizione se non con un “io”. Così tendenti all’estroversione, dispensavate consigli e pareri anche senza essere interpellati. Chiedevate e non vi si diceva mai di no, saltatori di transenne di professione, nemici dei varchi segnalati e degli itinerari consigliati.

Ecco come siete cresciuti, educati nell’assecondare le vostre esuberanze di personalità in barba alla convivenza civile delle file, dei si prega di osservare il silenzio, dei non date da mangiare agli animali. Voi, con le vostre vite costantemente parcheggiate in doppia fila con le quattro frecce accese, che impedite l’uscita a chi ne ha bisogno dal parcheggio che state bloccando mentre ci sono persone come voi che, anziché suonare il clacson o, come farebbero i supereroi, chiamare direttamente il carro attrezzi, hanno il timore di disturbarvi anche in questi frangenti perché diamine, se uno ha la necessità di fermarsi un secondo dall’esistenza che conduce e lascia se stesso lì in mezzo alla strada un motivo ci sarà. Magari ha bisogno di supporto. È in panne. È in crisi.

Da lì è tutta una catena di “posso?”. Ti spiace metterti un pelo più avanti? Ti richiamo più tardi? E loro, gli indiscreti, sono lì al bar a gettarsi noccioline in bocca tra un Martini e l’altro. Quegli altri sempre a chiedere, sempre a trovare un posto tale da non togliere la visione a quelli seduti dietro, più bassi ma più decisi che poi te lo chiedono ti farti da parte, e tu cosa gli dici? La vita discreta, ecco, potrebbe essere il film che comincia con una persona normale che lascia per prima lo spazio sul marciapiede, che lascia al giovinastro il posto alla cassa solo perché con la faccia da schiaffi gli ha mostrato quel poco che deve pagare, e il protagonista discreto è così sopraffatto da uno che ritiene di dover chiedere di passare davanti per far prima che gli dice di sì. Fai pure, gli dice. Vedete, ho sbagliato, perché il protagonista non è mai discreto. Il protagonista è l’altro, quello che interpreta la storia, la vive, la cambia, e sempre a propria discrezione.