la cura del sonno

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Se ci riuscite, dormire resta il migliore rimedio per lo stress, le brutte situazioni, i momenti in cui si vorrebbe essere altrove. Per non parlare della stanchezza fisica e della depressione, o di quelle giornate in cui nella testa c’è l’insopportabile frastuono delle varie sfaccettature della vostra personalità che non perdono occasione per dire la loro, di argomentare soluzioni e di mettervi di fronte alle vostre responsabilità. Farsi un pisolino è anche un modo efficace per ridurre le distanze di tempo. Se non state più nella pelle che sia finalmente l’ora in cui deve accadere qualcosa di bello, coricatevi, chiudete gli occhi e non pensateci più fino al risveglio. Meglio però puntare la sveglia, non si sa mai. Ho provato anche che addormentarsi è utile nella situazione opposta, quando cioè devo affrontare qualcosa che mi angoscia. Stare in piedi a farsi divorare dall’ansia è controproducente, anche se sembra poter allontanare il momento in cui sarà inevitabile. Dopo una dormita, lo sapete meglio di me, le cose assumono tutta un’altra dimensione e gli si può dare il giusto peso. Ho dormito interi pomeriggi quando tanto non potevo fare nulla per migliorare le cose, e mi svegliavo con la stessa realtà poco amichevole che mi aspettava imperturbabile sotto casa, ma con il corpo che sembrava uscito da una seduta di drenaggio di sostanze tossiche, una sorta di liposuzione che al posto del grasso mi aveva succhiato via non tanto la preoccupazione – il sonno ha potere solo su di noi, non sul resto del mondo – quanto piuttosto l’idea che gli ostacoli debbano per forza essere superati e non ci si possa invece convivere, non so se riuscite a seguirmi. Se dormo e riesco a stare meglio, perché dovrei faticare a risolvere le cose? Anche ora mi capita di arrivare a sera tardi e so che dovrei fare il punto su certe questioni di lavoro che stanno avendo la meglio su di me, consapevole del fatto che se riuscissi a chiudere questo o quel progetto al di fuori dall’orario regolamentare di ufficio potrei sicuramente affrontare il giorno seguente con un margine di efficienza operativa più ampio. Invece sapete cosa faccio? Vado a letto presto e, prima di addormentarmi, penso che si fottano tutti.

un giorno o l'altro mi troverete addormentato su questo blog

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Qualche giorno fa, parlando della temperatura criminale che si trova frequentemente nei nostri uffici, ho dimenticato di aggiungere alcune considerazioni a valle di questo fenomeno, un trend che impone ampi sforzi di miglioramento visto che la situazione è grave per tutti. Non è raro per esempio trovare nelle aziende stanze di una manciata di metri cubi vivibili con una densità abitativa superiore a certi quartieri di Shanghai. Questo genera condizioni lavorative abbastanza infelici, e in tema di gradi percepiti – non ne faccio una questione di decibel per le conversazioni estemporanee tra colleghi – mi soffermo solo sul fatto che se già fa un caldo porco, stare in sei con almeno sei pc e una decina di monitor (quei bastian contrari dei grafici devono usarne almeno due) l’ambiente diventa ostico ai limiti dell’impossibile. Mettici anche qualcuno a cui il caldo non gli giova in termini di odori corporei (potrei anche essere io, non voglio puntare il dito contro nessuno) ed ecco che tutto l’entusiasmo per lo smart working va a farsi benedire.

Ma, puzza a parte, la cosa peggiore è il calo della produttività di quelli come me. A me lavorare in queste condizioni genera sonnolenza, abbiocco, mi si chiudono gli occhi ma sul serio, nel vero senso della parola. Se siete di quelli che non si addormentano in ufficio soprattutto dopo pranzo vi invidio moltissimo. Secondo me c’è lo zampino dell’età o forse dovrei mangiare più leggero. Ma a partire dalle 15 devo lottare contro il me stesso che si sdraierebbe anche solo per una quindicina di minuti per addormentarsi. Spero che i miei colleghi non mi becchino mai quando mi assopisco seduto davanti al pc dopo pranzo, quando mi cade la testa, loro sono più giovani di me e questo non gioverebbe alla mia autorevolezza perché passerei più anziano di quello che già sono. O forse è una questione di feng shui professionale, la disposizione di scrivanie, scaffali e poltrone con le rotelle non è la più azzeccata e anzi, favorisce il sonno. Addirittura c’è un punto che è proprio a fianco dell’art director, dove prendo posizione quando devo lavorare in team con lui per una campagna pubblicitaria, in cui il tempo di aprire due file in alta risoluzione con Photoshop che sono già nel mondo dei sogni, ci dev’essere cioè una convergenza di onde di chissà quale natura che mi fa precipitare in un’altra dimensione, molto più felice di quella in cui sono costretto a lavorare a fianco del mio art director.

Quindi qui è dove mi date tutti i consigli per non crollare dal sonno in ufficio, fermo restando che alla pennichella sul divano dell’area relax, in reception o in sala riunioni non ci vedo proprio nulla di male, probabilmente perché è vero che con la senilità cadono anche certi freni inibitori e un giorno o l’altro mi troverete pure addormentato su questo blog.