cose di cui non ci libereremo mai

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Considerando gli svariati miliardi di individui che occupano il pianeta da qualche decennio a questa parte, che almeno una o due persone su numeri di tale entità si siano fatte sorprendere dai grandi appuntamenti della storia impegnate a fare sesso, da sole o in compagnia, non stupisce nessuno. E che tu fossi completamente svestito sul divano con Serena – altrettanto scoperta – mentre l’edizione straordinaria del tg cambiava le sorti di quel pomeriggio, tuo e di tutti gli italiani, mostrando le prime immagini da via D’Amelio, al massimo colpisce perché tenevi la tele accesa di sottofondo alla passione. A me verrebbe da spegnerla come prima cosa, al massimo cambierei canale cercando un po’ di musica. Ma che rischio, anche lì.

Si tratta comunque di episodi che segnano, nel senso che poi rimane quella sensazione di colpa per esser sembrato disimpegnato, cinico o indolente, anche se vi sfido a confessare se, in una simile esperienza, portereste a termine l’agognato compito o mettereste invece il vostro e l’altrui piacere in stand-by. Tanto, mi direte, non ci si può fare nulla né è plausibile cambiare il destino del nostro paese di una virgola, e allora, che diamine, diamoci dentro.

C’è gente che invece il qualunquismo glielo hanno tirato fuori con le tenaglie, allo stesso modo in cui l’educazione dalle suore culmina talvolta in metamorfosi morali da titoloni in prima pagina. Un’altra devozione, quella al socialismo a opera dell’educazione scolastica negli anni 70, ha fatto crescere bambini refrattari alle agiografie sulla Resistenza, tanto che la sola melodia di Bella Ciao a certi li induce a effetti condizionati con il braccio teso romanamente che in confronto il cane di Pavlov era un represso. Non guardatemi così, per me vale l’opposto perché ho avuto una maestra che ha usato gli argomenti giusti e dosati al meglio per trasformare un potenziale democristiano, considerando l’estrazione sociale e la mia famiglia, in un fervente comunista che però ha finito col votare PD, come molti di voi.

Comunque poi a quello che si trastullava con Serena durante i duri colpi della mafia nei primi anni 90 gli sono venuti i denti grigi, ha iniziato a puzzare di fumo di sigarette e lo so perché è diventato qualche anno dopo un mio collega. Ho riconosciuto la sua valenza di programmatore anche se aveva dieci anni più di me, cosa che ho ritenuto straordinaria perché fino ad allora avevo vissuto nella consapevolezza che le persone di una certa età non si cimentassero nell’informatica. Non mi ha stupito invece venire a conoscenza che ce l’avesse a morte con i suoi insegnanti delle elementari e delle medie che gli facevano cantare “I morti di Reggio Emilia” e altri inni da partigiani, il tutto a causa di un’indigestione di bandiere rosse. Portava una specie di gilet di pelle nero anche d’estate e si trastullava con divertimenti elettronici che vedevo fare a pischelli di trent’anni in meno di lui, dai giochi di ruolo agli attacchi hacker. Vi farà piacere sapere che ha fatto la fine che si meritava, in prima fila sulla colonnina di Facebook, quella con le foto dei profili, in una pagina fascistissima dedicata a quella sagoma di Almirante. Sposato con Serena, che si sarà convertita alla destra estrema pure lei.

trema destra

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Ma probabilmente gli storici scriveranno che negli anni dieci del ventunesimo secolo guerre e rivoluzioni erano così. In qualche punto della città c’era qualcuno che combatteva contro qualcun altro e la media di sirene dei mezzi soccorso che passavano al giorno nelle strade era solo un po’ più elevata rispetto alla normalità. Gli uffici erano al completo con gli impiegati seduti ai computer a usare i programmi della suite di Office come gli era stato insegnato ai corsi di specializzazione. Un occhio sempre pronto a sbirciare sui siti di informazione lo stato delle cose, i tweet in tempo reale per avere in anteprima, rispetto alla stampa, qualche aggiornamento fondamentale. Un sistema che era già stato sperimentato ai tempi del bombardamento di Belgrado, quando grazie a ICQ i ragazzi in pace inviavano solidarietà ai loro coetanei in pericolo di vita o sotto il tiro delle missioni umanitarie. Una cosa simile era accaduta anche durante i fatti di Genova, quando la popolazione che protestava era stata brutalmente contrastata dalle forze dell’ordine a dimostrazione che cortei espressamente di sinistra erano soggetti a trattamenti ben diversi, da polizia e carabinieri, rispetto ai movimenti di ben altra matrice, come quelli del dicembre 2013. Non c’erano contatti tra la gente comune e i rivoltosi, non si assisteva a isterie di piazza come quelle esplose nei paesi arabi qualche mese prima, ognuno portava avanti la sua vita senza nessun ostacolo particolare. C’erano stati lo stipendio e la tredicesima, le partite di coppa si svolgevano regolarmente e se venivano interrotte accadeva per motivi ordinari come un’abbondante nevicata. Le famiglie di immigrati, anche di culture e religioni così distanti dalla nostra, continuavano ostinatamente nel tentativo di integrarsi trascorrendo pomeriggi in posti come l’Ikea per salutare una maggiore stabilità economica, ottenuta grazie a qualche datore di lavoro ben disposto e straniero come loro, attraverso uno sforzo di adattamento alle linee e a un’estetica così ancora lontana dai colori e dai tagli dei loro abiti tradizionali. La sera alla tv era tutto un gridare di anchor man d’assalto, corrispondenti da presidi e blocchi ai caselli autostradali, punti ristoro con salsicce alto-atesine e vin brulè, su riprese con smartphone delle poche vittime sacrificali a giustificazione che dall’una e dall’altra parte tutto quel rumore non era affatto per nulla. I disoccupati aggiornavano i loro profili Facebook con le foto dei loro cartelli sgrammaticati e gli adolescenti più temerari applicavano strategie apprese su videogame sparatutto in soggettiva. C’era stato qualcuno, pochi giorni prima, che avrebbe voluto dare un nuovo nome al futuro ma nessuno si ricordava più, alla fine, come si era deciso di chiamarlo.

ricordati lo sciacquone sempre

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Rivolgendosi agli anglosassoni, se uno dice “assolo” loro si mettono a ridere, perché il modo in Italia con cui si indica una svisa o un virtuosismo strumentale in inglese suona più o meno come l’orifizio posteriore. Da noi, invece, scrivere Natale in inglese con la celebre abbreviazione XMas ha paradossalmente un effetto lugubre, si passa dalla festività a cui sono più affezionati grandi e piccini alla squadraccia di criminali di guerra. Facile però collegare i due casi linguistici: in entrambi c’è qualcosa che ha a che fare con la merda.