ecco perché sono contrario all’abolizione del provincialismo

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C’è solo una diaspora che può competere in numeri con quella del popolo ebraico ed è quella dei savonesi a Milano, non si spiegherebbe il perché in qualsiasi ambiente che mi capita di frequentare per caso o con assiduità ritrovo un conoscente o un volto familiare. Probabilmente è un fenomeno comune e non circoscritto a questa enclave ligure. A Milano c’è tutta l’Italia e tutta l’Italia che c’è qui forse non prova come noi quel senso di vertigine nel trovarsi a contatto con qualcosa che riporta alle proprie radici e che è l’humus del provincialismo, e vi assicuro che per me ha una connotazione tutt’altro che negativa. L’avvocato che ha lo studio al piano di sopra dell’agenzia in cui lavoro, per farvi un esempio, ha frequentato il liceo negli stessi anni in cui c’ero io e ci siamo trovati a scrutarci per le scale, a cercare una spiegazione a quel senso soprannaturale di deja vu che solo due savonesi a Milano, all’oscuro della reciproca presenza, possono provare. O l’ebbrezza di trovarsi al lavoro per lo stesso evento in due mansioni diverse, io a coordinare una troupe video e un altro ex-concittadino – ci conosciamo dalla prima elementare – a servire prosecco agli invitati e in dosi abbondanti anche a me. O ancora il figlio del notaio più in vista incontrato in piazza della Repubblica, lui in giacca e cravatta e io casualmente in maglietta con una scala in mano, avrò sicuramente fatto la figura di quello che fa un lavoro umile e la voce si sarà sicuramente diffusa al paesello. Ma sopra a tutto il provincialismo si legge nel senso di rivalsa che si prova trovando nelle metropoli la toponomastica che ricorda luoghi in cui si è nati e cresciuti – a Milano ci sono via Savona, via Cadibona e persino, probabilmente in omaggio al mio cognome, via Calizzano – e nel momento in cui si realizza questa sensazione di radici remote subentra la consapevolezza che qualcosa di importante è accaduto. Ci siamo lasciati alle spalle le dimensioni facili dei viadotti a misura d’uomo e ora siamo lanciati in una vita a quattro corsie, il besagnino qui è un centro commerciale e persino la natura soffre di gigantismo. I tramonti sono come quelli dei film, con il sole che è un pallone arancione che si inabissa dietro l’ultimo orizzonte visibile della pianura, un fenomeno mostruoso per chi invece è abituato a vederlo sparire in anticipo dietro ai monti alle spalle.