la morte e l'oblio (parte seconda, feat. Lucio Battisti)

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Se c’era una cosa bella di questa parte di storia era proprio il fatto che le canzoni di Battisti non si sentissero granché in giro grazie al veto della vedova del sopravvalutatissimo interprete del pop di massa nostrano. Dalla morte di Battisti in poi c’è stata questa originale operazione di damnatio memoriae pressoché impossibile nei confronti dei brani che lo hanno consacrato, probabilmente, a cantante italiano più conosciuto di tutti i tempi. Pensate all’elementare giro armonico della “Canzone del sole” e a quante volte è toccato a voi di cantarla in spiaggia – agli scout – al karaoke – al pianobar e a noi di suonarla in spiaggia – agli scout – al karaoke – al pianobar.

Nonostante ciò, se siete a conoscenza di quello che è accaduto da allora, la vedova Battisti dall’alto della società che detiene il copyright delle produzioni di Lucio si è sempre opposta allo sfruttamento del suo capitale, già di per sé una miniera d’oro, per fini commerciali negli spot e come colonna sonora cinematografica, impedendo persino iniziative ed eventi commemorativi come ci sono stati per quell’altro Lucio, che a me piace molto di più e anzi, pur imparagonabili, non c’è proprio paragone, per non parlare dell’industria del ricordo che ha dato i suoi frutti dalla morte di De André in poi. Ora, come avrete letto, il gran Mogol ha vinto la causa – e che vittoria – così da oggi siamo tutti esposti al rischio della diffusione incontrollata del suo repertorio ed è un peccato perché, a dirla tutta, in questi anni di oblio tutto sommato non ci è andata così male.

vicini ma irraggiungibili

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Pochi cantanti non sopporto come Lucio Battisti. Forse Zucchero ma la lotta è dura. Vuoi la supponenza con cui siamo abituati a vederlo pervaso, in bianco e nero con il dolcevita o il foulard al collo nei programmi d’epoca. Vuoi la diffusione capillare delle canzoni del sole, quei fucking tre accordi zappati sulle corde della chitarra che so fare anche io. Vuoi la presenza forzata nel repertorio di qualsiasi musicista da pianobar – e io lo nacqui – che al momento di arringare alla folla le sue rime trite e ritrite erano le uniche conosciute da cani e porci – con il dovuto rispetto, eh – e quindi la scaletta non poteva esimersi dal comprenderlo in lungo e in largo. E infine la svolta intellettuale post-mogol che boh, voglio dire se ho bisogno di ermetismo fine a se stesso al limite ripiego su altro, Battiato è il primo che mi viene in mente. Quello che non reggo poi è la sovraesposizione estiva nei palinsesti televisivi pubblici, quando c’è da coprire un buco o da tirare tardi e non ci sono idee né risorse per programmi nuovi ecco che dal nulla parte questo o quel presentatore che lascia il microfono e la scena a momenti claustrofobici come quello sotto, che già farebbe venire caldo in macchina al freddo di novembre mentre torni a casa con la nebbia e il riscaldamento che nella centoventisette a malapena era stato inventato e una sbornia triste dopo che la fidanzata ti ha lasciato. Figurati con gli anticicloni africani in casa e le vacanze ancora da fare. Che poi ti rimane in testa tutto il giorno.