risposte alle lettere degli stellari condannati all’unfriend su Facebook dai propri amici

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Caro amico/a, se dopo aver nascosto i tuoi interventi dalla mia bacheca mi sono sentito in dovere di rimuoverti dai miei contatti per qualche tuo commento è perché non sono avvezzo alla discussione politica, anzi, antipolitica sui social network, prassi che ritengo sterile e difficoltosa da portare avanti per iscritto, a singhiozzo, in differita, in pubblico e con il pubblico che interviene, quando già è difficile decifrare post ricchi di puntini di sospensione, apostrofi messi a cazzo, farneticazioni corredate di punti esclamativi e abuso ingiustificato del caps lock. Non te la prendere come immagino che tu non ci sia rimasto male per non aver avuto nemmeno una commissioncina di serie B da questo nuovo esecutivo governolettico, che tanto alle prossime elezioni farete l’en plein, prenderete tutto senza fare prigionieri e allora noi del PD – che magari a seconda di come si sono messe le cose saremo ex – potremo finalmente mettere in atto quella Resistenza alla quale ci ispiriamo da decenni, con la nostra spocchia e la nostra ironia che ormai è fuori luogo quanto un’altra qualsiasi manifestazione di superiorità etica in un mondo in cui della sinistra probabilmente non c’è più bisogno. Ti ricordo solo di fare il miglior uso possibile delle funzionalità di personalizzazione della home page di Facebook, dove davvero è possibile filtrare i post altrui per non sentirsi spinti a commentare quelli che ci sembrano così distanti dai nostri e che, come io vedo voi che avete abbracciato questa sorta di scientologismo apparentemente evoluto, trovate di un altro pianeta. Sperando che questo episodio che si è messo tra noi non vada a ledere il nostro rapporto interpersonale vero, quello dal vivo, e che non lasci nessuna scia. Chimica, manco a dirlo.

piazza pulita

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Non nel senso della trasmissione di attualità condotta da Formigli anche se dobbiamo dare atto di quanto LA7 in questo momento sia la più efficiente nello svolgere il ruolo informativo che in teoria spetterebbe alla tv di stato ma, mentre di là si consumava uno dei momenti più tragici della storia repubblicana, di qua si entrava nello specifico di quelli che vengono definiti programmi di evasione, per non dire di peggio. Ma, e torno al titolo del post, nemmeno una formattazione termonucleare globale come la intendono gli stellari, che già me li vedo con le canne dell’acqua in mano con l’imboccatura stretta tra le dita per aumentare la pressione e  lavare tutto via indistintamente dal cortile della seconda repubblica. Quindi nel senso di un elenco, una serie di cose che davvero non vorrei più vedere né sentire. In ordine sparso da sfogo:

– Matteo Renzi che trova la sintesi, anzi che la trovi pure se si diverte ma che non la condivida con terzi in tv
– le istanze che dovrebbero essere nel programma del PD, anzi, nel suo DNA sentite invece dalla voce di Beppe Grillo in un contesto che nemmeno nei programmi di matematica della scuola elementare si trovano soluzioni più semplici
– la piazza
– la piazza intervistata nei programmi di informazione
– la gente che stampa, anzi che stampano in orizzontale i fogli A4 con gli slogan della protesta
– la gente
– i sistemi per superare la democrazia parlamentare, dai referendum a twitter, con le strumentalizzazioni del caso
– gli amplificatori dell’opinione pubblica di moda, dai referendum a twitter
– chi promuove a ruolo di campione della società gli ampificatori dell’opinione pubblica di moda, in questo caso più che altro twitter e non, per esempio, il mio blog. Che cos’ha twitter che il blog non ha?
– la gente in piazza
– le persone sopra le righe
– i commentatori dei social network che ti spiegano le cose che hai pensato tu
– le persone sopra le righe che si autoidentificano intermediari tra la piazza e i suoi rappresentanti, salgono su un podio improvvisato e leggono gli sms con cui i rappresentanti della piazza avvisano di essere in ritardo con il proprio camper all’appuntamento
– i politici in camper
– le persone che ti sbuffano vicino senza preoccuparsi se si sono lavati i denti prima o no
– i gesti artificiosamente naturali di consenso e di plauso, come le manine in aria degli stellari che mi ricordano mia mamma quando cantava accompagnandosi con lo stesso movimento “farfallina bella bianca vola vola mai si stanca” a mia figlia neonata o i canti telecomandati dell’azione cattolica
– Matteo Renzi presidente del consiglio
– Matteo Renzi
– Matteo
– Ma
– M

qualche ritocco per renderla più simpatica

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Il passaggio dal cartaceo al digitale rischia di toglierci uno dei più grandi piaceri della vita e una delle principali forme di riscossione popolare contro i potenti e quelli che contano. Mi riferisco alla intramontabile pratica del pasticciare con la biro le facce antipatiche sui libri di storia, sui quotidiani, sulle riviste di attualità. L’antesignano dei capolavori di fotomontaggio in Photoshop, che è la morte sua dell’Internet e che ci ha permesso di scoprire e apprezzare persone con un senso dell’umorismo strepitoso, ha comunque una sua dignità perché quando non c’era ancora il due punto zero con i suoi meme le cose ce le facevamo tra noi, sui banchi di scuola, bevendo un caffè al bar con il giornale davanti, nei pomeriggi piovosi in casa. Baffetti alla Hitler, pizzetti da moschettiere, corna di Goldrake e occhialini alla John Lennon erano i miei preferiti, e vi sfido a trovare un mio libro di storia intonso da questi capolavori di instant art, espressione delle lezioni più tediose. E pochi hanno avuto scampo. Sotto le penne di studenti di ogni generazione pre-digitale sono caduti imperatori romani, eretici, generali sanguinari, filosofi, re e regine, santi e poeti, pronti a dare inconsapevolmente qualche secondo di divertimento senza pretese. Infantile ma non per questo grossolano. Peccato che oggi certi personaggi non possano essere soggetti ad analoghi ludibri, questo tipo di manifestazioni autarchiche di scherno e disprezzo sono meno immediate con gli strumenti informatici. Trovi una foto su Google, la scarichi, la apri con un software qualunque di editing, sostituisci una penna al cursore, scegli il colore e poi dai sfogo alla fantasia. Una cosa che sulla carta ti riesce in una manciata di secondi. Con il pc magari ti passa la voglia, a meno che il personaggio da perculare non ne valga veramente la pena e uno non voglia poi, comunque, pubblicare la sua reinterpretazione da qualche parte. Perché facce da cazzo ce ne sono davvero tante, in giro.

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piove, governo di larghe intese

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Mentre il mondo cade a pezzi (cit.) ora che a tutti sembra di aver perso definitivamente la lotta contro il tempo – it’s just a question of time, cantavano proprio quei Depeche Mode su cui ci siamo soffermati ieri – c’è chi alza l’asticella del’ostacolo, sposta più avanti il pallino, si pone nuove sfide da cogliere e vincere. Luca Zaia – sì proprio quel Luca Zaia – qualche giorno fa è infatti sceso in campo contro le previsioni dello stesso, dove il tempo è chiaramente inteso nella sua accezione meteorologica ma il calembour funziona ugualmente. La notizia è che per una volta mi sento di concordare con un leghista. Lo so, un giorno pensi che gufare pioggia faccia più danni al turismo che un arredamento della nonna povera spacciato come percorso di ritorno alle radici della tradizione popolare, quando poi si scopre che chiudere i confini culturali all’Ikea è solo il braccino corto nel non voler investire nemmeno il minimo sindacale per quelli che soggiorneranno nella tua catapecchia che spacci come antica edilizia marinaresca. Dicevo che una volta pensi così e il giorno dopo ti ritrovi a Pontida con le corna. Nel senso di quelle artificiali e vichinghe, cosa avete capito. Ma alla fine quella delle previsioni del tempo è la prova che ci bulliamo tanto della nostra escatologia materialista e poi, alla resa dei conti, cerchiamo solo certezze e nel modo più ordinario. In questo vuoto cosmico, sociale, culturale e politico, gli oracoli più o meno istituzionalizzati che ci avvisano con lauto anticipo se prendere o no l’ombrello o se è meglio starsene a casa anziché mettersi in viaggio alla fine sono quelli che ci azzeccano di più. E non è solo il tempo che fa domani. Riescono a indovinare se sarà coperto venerdì prossimo, sanno già che le piogge termineranno il quindici, e uno può regolarsi. Ma oramai dovremmo aver imparato che mettere in mano all’uomo l’arte divinatoria è un guaio perché ne fa un uso scorretto quanto compulsivo, e l’avere il controllo del futuro non è certo un dono per noi mortali. Ce ne accorgiamo in queste settimane, mentre ne abbiamo i coglioni pieni della pioggia e delle nuvole che siamo già ad aprile inoltrato e ci chiediamo che fine abbia fatto la stagione che tutti aspettano tutto l’anno. Che poi, anche lì, bastava saperlo subito che era così semplice che uno magari ci pensava prima. Voglio dire, se al genere umano sono sufficienti delle prove concrete e tangibili per abbracciare in toto una disciplina come quella del colonnello Bernacca, bastava che Gesù mettesse in atto miracoli più demagogici e populisti come stilare un calendario delle condizioni meteo dei successivi tre o quattro anni che sai quanta fede in più si sarebbe guadagnato. Per non parlare della potenza dei nuovi media. Ai tempi del carta e dei mezzi analogici c’erano solo quelle due o tre certezze che andavano a sommarsi alla saggezza popolare dei calli, delle torsioni dei gatti, dei voli dei gabbiani e cose così. Per esempio era matematico che se a Savona c’era nuvolo potevi stare sicuro che a Genova pioveva, vice versa se a Genova faceva freschino a Savona belin si muoriva dal freddo. Ora è tutto così scontato, accendi la tua app per avere la dimostrazione che la tecnologia controlla persino il tempo. Almeno in quell’accezione lì. E uno si chiede allora perché non i terremoti – come del resto fanno già grillini e stellari – e le altre catastrofi bibliche. Le cavallette. I maya. Ma che ne sappiamo noi di cosa ci riserveranno i giorni a venire, al massimo possiamo sapere fino a quando i vestiti leggeri sarà meglio tenerli ancora nell’armadio. Io però ho una spiegazione su questo prorogarsi della brutta stagione a discapito dei tepori primaverili. Secondo me è tutta colpa della situazione politica, è una sorta di presagio di tempi bui, grigi, duri, che ci aspettano dietro l’angolo se gente del calibro dei cinquestellari avrà la maggioranza. Secondo me è un segnale, è la natura che si ribella alla nostra ignoranza che mentre chiediamo gli autografi a Ruby dinanzi al tribunale di Milano ne gridiamo di ogni alla Boldrini che partecipa ai funerali, rea di rappresentare uno stato che hanno voluto quelli che la stavano fischiando, votando i governi precedenti che hanno peraltro avallato la parentela altolocata della Ruby di cui sopra. Ecco, in questo bailamme che vede scenari che vanno da Grillo a Berlusconi, la natura ci avvisa. Continuate così e avrete solo tempi di merda.

democrazia di retto: dal disimpegno all’antibagno

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Dovremmo provare a guardarla da un altro punto di vista. Questa crisi generalizzata che è più di una paralisi che prima ancora dell’economia è della società e prima ancora è una immobilità dei cervelli può essere osservata con altrettanta preoccupazione anche dall’alto verso il basso. Noi che pensiamo di aver preso il potere per il collo per non dire che siamo straconvinti di tenerlo per le palle solo perché nell’Internet non c’è una corsia riservata, una sorta di Telepass dove uno paga e non viene lambito dal traffico popolare che è ancora lì fermo a ravanare nei cassettini del cruscotto in cerca dei venti centesimi. Non esiste una business class su Facebook e su Twitter, se una celebrità decide di gettarsi nella mischia telematica son fatti suoi, aumentano i follower e crescono i commenti a cui poi uno sceglie se rispondere o meno. Non esiste un privé dove sorseggiare vinelli frizzanti a bottiglie numerate con quelli del proprio rango senza essere notati, che è un po’ come i cafonazzi che ormeggiano a Porto Cervo e i poveracci che stanno a spiare da terra dove gettano i gusci durante cene a base di coquillage con le dita tutte inzaccherate di unto. Cioè se a noi del vulgo sembra che il web sia la vera patria del socialismo reale dove il far finta di celarsi dietro a nomignoli trasparenti si fa presto a travolgerlo con questo o quell’altro stratagemma cyberpiratesco, sopra, dalle finestre da cui si lanciano brioches anziché tramezzini, ci sono ambienti abitati da vip facilmente accessibili e fintamente esclusivi che però fanno comodo ai personaggi pubblici. In un mondo già uso alla promiscuità sociale, dove il professionista che porta i bimbi a scuola con il fuoristrada in centro parcheggia in doppia fila a fianco del venditore cingalese di fiori che accompagna i suoi con l’ape, o dove anche le ragazze nomadi hanno tutto il diritto di indossare biancheria modernamente provocante sotto le loro gonnellone di dubbia fattura a vita bassa e, chinandosi, ne mostrano orgogliosamente gli abbellimenti, chi dalla vetta della propria fama ha deciso di condividere se stesso in impulsi di marketing personale volto a mostrare il lato mortale di quell’estro o di quella saggezza che gli ha fruttato qualche ricchezza in più di noi, rimane per forza di cose schiacciato in questa pressa mediatica e neutralizzante. Anche quando finge di dialogare solo con i pari lasciando tracce dei propri contenuti colare sotto, in pasto al nostro voyeurismo digitale pronto a infiltrarsi in qualunque interstizio della rete come uno scovolino da anfratti gengivali. In questo scenario le mezze calzette, le Flavia Vento o gli Adinolfi per dire i primi che mi capita di leggere nelle mie annoiate rassegne stampa di cinguettii favoriti da terzi, sono nulla rispetto a chi pensa di possedere la materia dei socialcosi solo perché si è fatto strada nella vita superiore a colpi di verità nel proprio contesto di appartenenza che può essere qualunque. Uno sport, il rock, la politica internazionale, l’umorismo. Questo per dire che la scelta di affacciarsi sul cortile virtuale non dovrebbe essere sentita come un obbligo, che noi, di problemi a cui pensare, ne abbiamo già a iosa.

Grill Jong-un

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Da una parte il farneticante dittatore nordcoreano che dà l’ordine ai suoi di tener pronti armi e bagagli per saldare i conti con gli Stati Uniti, dall’altra il benestante capocomico genovese che mette all’erta i suoi per puntare i missili caricati a baggianate ma rigorosamente a propulsione ecologica e a impatto tutt’altro che zero contro tutte e tutti. Saldare i conti grazie a quel sistema autoprodotto e open source per far restituire alla ca$ta il maltolto. Un clic qui, un clic là ed ecco fatto, il pulsante di lancio per mandarli tutti a casa. Non vi nascondo, nei miei trascorsi adolescenziali, qualche simpatia per libretti rossi e dittature del proletariato. Ma qui, dal finto basso del regime imposto dalla Casaleggio e associati, è tutto fuorché potere del popolo. Popolo che nel frattempo è stato cotto a puntino da decenni di tv commerciali e falsi miti di progresso. Chi vi credete che noi siamo? E mentre dagli scranni imbevuti di populismo di questa scientologia de noantri si impartiscono proclami al non fidarsi più di nessuno della vecchia politica, da questa parte ci si chiede di fidarci ciecamente di chi non fa nomi né indica i modi e fornisce spiegazioni su come sarà portato a termine un programma di governo che, pensa un po’, riguarda tutti, anche chi non ha votato questo manipolo di pazzi. Ribadisco ancora una volta: dove sono i servizi segreti deviati ora che ce n’è bisogno?

corea-marcia

se c’era una speranza streamingzita

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Praticamente è come se ve lo stessi raccontando in diretta, più in diretta di un live tweeting.  Negli ultimi dieci minuti sono stato lavato da un’auto che incurante della pozzanghera a cui mi trovavo vicino è transitata a tutta velocità poco prima di rientrare a casa, ho sbattuto la testa contro la maniglia della porta dello sgabuzzino mentre mi toglievo le scarpe inzaccherate di fango e pioggia, ho assistito sul tg3 al fallimento di Pier Luigi Bersani, forse del PD stesso e temo anche dell’Italia intera, ho calpestato con le pantofole il vomito del gatto, inzaccherandole quasi più delle scarpe descritte sopra. Poi mi ha chiamato mia figlia che sta ascoltando la musica chiusa in camera come fanno le pre-pre-adolescenti come lei, ha messo al suo stereo “Sonde” dei Subsonica per ripetere assieme a me quel giochino che facevamo mentre la sentivamo con il lettore mp3 sul treno, con due cuffie e uno sdoppiatore, andando al mare un paio di estati fa, mimando il verso della chitarra con la bocca come se fosse una specie di miagolio. Malgrado sia il verso dei gatti che vomitano. Malgrado venga da vomitare anche a me. Malgrado tutto.

e sommersi soprattutto da immondizie punto

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Alla fine si scopre che nel 2013 tutti sono fissati con il fact checking e la trasparenza e pure le parolacce non se la passano molto bene. VIviamo strani giorni. Come se fosse in atto una corsa retroattiva verso l’onestà, frutto dei complicati algoritmi scoperti dal research & developement dei vostri amici stellari. Perché non ditemi che alla prossima occasione li voterete tutti, che un po’ siete stufi di questo stallo, un po’ pensate che tutto sommato due colpi glieli dareste, pardon, intendevo un’opportunità, un po’ non volete sottrarvi al trend del momento che è quello di negarsi. Giammai è il nuovo paradigma dell’Italia dei tuttofare in parlamento. A saperlo prima che bastava l’intransigenza per sfidare il sistema, uno come me sai che carriera avrebbe potuto fare in politica. Voglio dire, se è sufficiente dire di no e manco morto, conosco gente che altro che quei due lì che sembrano simpatici, come diceva mia nonna buonanima, come la merda nel letto. Sai che spasso avere gente a cena come Crimi e la Lombardo, di cosa parli con due così? Che poi ti dicono che la discussione a tavola sembra Ballarò e ti viene voglia di prenderli a ceffoni come si faceva in classe con quelli stolidi che non capivano mai quando era il momento di lasciar parlare gli altri. Si fa presto a dire ceffoni, che davvero meno male che siamo tutti qui a sfogarci anonimamente sui socialini altrimenti sono certo che a qualcuno verrebbe la voglia, di fronte a siffatta boria cinquestellare, di metter mano alla p38. In quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orror vacui, la paura dei chip sotto la pelle e di tutto quel sistema di isterismi che solo la palude del web e del popolo che la abita poteva riabilitare a verità supposte. Se anche uno come Battiato polverizza la sua secolare flemma con un appellativo politicamente incorretto è un segno che il nostro destino vale poco. Siamo condannati a morte. Bersani tenuto in scacco in diretta streaming da due mentecatti che in uno stato normale potrebbero a malapena lavorare al catasto o, se vogliamo dar loro una chance di celebrità, all’equivalente di un programma come Mistero su una tv di quart’ordine è probabilmente il segnale che dobbiamo scrivere le nostre lettere ai nostri cari. Come quelle che leggevamo alle elementari e nessuno capiva come fosse stato possibile. Mia adorata, la massa acritica ha emesso il suo verdetto e la civiltà come l’abbiamo conosciuta tu ed io sui libri di storia, nei film del neorealismo, nei piatti preparati da volontari alle feste popolari, compressa in archivi .zip per poi essere scaricata più agevolmente e pronta all’uso su un qualunque player software presto non esisterà più. Scordati l’emozione di un presidente della repubblica che ti stringe la mano tra due ali di folla in un 25 aprile, leggere i comunicati stampa su un quotidiano di partito, passare l’estate in una spiaggia solitaria, la gioia di vedere un assessore nei posti riservati alla prima di tuo spettacolo, l’oppio, l’assenzio. Licenziare i cantautori per i loro turpiloqui e non poter fare lo stesso con i comici capipopolo. Ma no, non si può. Uno vale uno, e ave atque vale.

se dev’essere tutto online allora sentite questa, altro che casaleggio

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Allora ho avuto un’idea. Perché non facciamo qui da noi tre stati transnazionali ciascuno con il proprio sistema di governo che condividono il territorio e le risorse a seconda delle necessità. Mi spiego meglio. Dalle ultime elezioni è emerso che l’Italia è spaccata in tre. Ci sono tre partiti e coalizioni più o meno equipollenti, no? Il centrosinistra, il centrodestra, gli stellari e poi una folla di partitini minuscoli, gli astenuti e i pazzeschi che non si ritrovano in nessuna appartenenza politica ma tutti questi li sbarriamo al di sotto della loro presunzione e scarso spirito di adattamento. Abbiamo già visto che una frammentazione del nostro paese su basi geografiche è impossibile perché il federalismo della Lega poi ha bisogno della mafia del sud, gli autonomisti del sud poi vengono tutti a farsi operare negli ospedali di Milano, quindi tutti parlano ma nessuno alla fine ammette la corrispondenza biunivoca. La mia proposta investe invece il campo del federalismo ideologico e del separatismo relativo. Tutti gli elettori di ognuna di queste fazioni che si sono attestate intorno al 30% e rotti possono autodeterminarsi in uno stato a sé governato da esponenti del partito che hanno votato. D’altronde le differenze sembrano davvero troppe per consentire una sintesi, e i numeri non lasciano a intendere la possibilità di larghe maggioranze in grado di soddisfare tutti. Ma dato che sarebbe complesso da un punto di vista logistico attribuire a ognuna di queste tre componenti derivanti dalla scissione dell’Italia un’area geografica di riferimento, e già so che questo costituirebbe il principale impasse perché tutti vorrebbero le regioni costiere per via del sole e del mare, o la produttiva Lombardia per lo spazio e le infrastrutture, o la Toscana per aver sempre qualche gita da organizzare nei weekend, dati questi presupposti la tripartizione sarà organizzata in modo tale che nessuno si dovrà muovere da casa propria.

Siamo o non siamo la società liquida? Siamo o non siamo nell’era del duepuntozero? Siamo giovani, dinamici e flessibili? Le tre Italie saranno organizzate così, con la semplice appartenenza derivante dall’opinione espressa alla più recente tornata elettorale. Verranno penalizzati solo quelli che hanno dato forfait e che hanno sprecato così il loro diritto fondamentale. Dovranno organizzarsi come preferiranno, ma sono cazzi loro e non è questa la sede per farsi carico anche degli astenuti.

Il centrodestra si faccia la sua bella mignottocrazia con i soldi dei suoi contribuenti, e si tenga pure il Vaticano in omaggio. Gli stellari si organizzino con i loro carri trainati da buoi e i treni a olio di colza che consegneranno i loro prodotti vegani al mercato francese in tempi che altro che slow food e in totale svantaggio competitivo. A noi del centrosinistra, grazie alla nostra superiorità morale, ci aspetta un florido rinascimento bersaniano fatto di uguaglianza, fraternità, legalità. Ciascuno pagherà le tasse al proprio sovra-stato, per quelli di centrodestra sarà più facile perché continueranno a non pagarle, quello che faranno gli stellari non mi interessa, continueranno con la loro merda digitale (cit.).

Ma l’aspetto centrale di questo nuovo ordine nazionale è che tutti emigreremo senza muoverci di un passo, ognuna delle tre micro-regioni potrà legiferare e manifestare la propria sovranità in questa sorta di virtualizzazione amministrativa. Ecco, la virtualizzazione. La mia idea prende spunto, a proposito di informatica, proprio dalla virtualizzazione dei Data Center, un processo che consiste nell’astrazione delle componenti fisiche degli apparati per renderle disponibili al software in forma di risorsa virtuale. Il nostro territorio e le sue risorse saranno associate a una delle tre Italie a seconda delle esigenze, volta per volta. L’Italia sarà così una repubblica virtuale, fondata sull’affidabilità e le prestazioni dell’hardware scelto che, se avete seguito la similitudine, avete capito di cosa si tratta ma considerate, in caso contrario, che potrei anche essermi spiegato male.

la politica piramidale

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L’idea che mi sono fatto degli attivisti pentastellari è quella di un gruppo ben nutrito di aderenti a uno di quei sistemi di vendita di marketing multilivello. Avete presente, vero? E sono tutti belli convinti. Il problema è che al vertice della piramide c’è un miliardario e alla base di questa struttura iniqua c’è la nostra economia, ci siamo noi che non ci volevamo venire in questa democrazia diretta gestita tramite algoritmi a cazzo programmati da uno smanettone antica$ta qualunque. In mezzo c’è tutta questa gente che si dà da fare con la decrescita, le vaccinazioni, l’alta velocità, l’antisemitismo e i grandi complotti passandosi le informazioni dal piano di sopra a quello di sotto per ora a zero utili se non la visibilità sull’Internet e qualche brivido da cieca partecipazione collettiva. Fino a quando, appunto, a non trovare più nessuno a cui lanciare la palla avvelenata ci sarà il povero di turno, che al massimo potrà farsi quattro risate con qualche intervento su youtube – sempre che gli rimanga una connessione e un qualcosa su cui guardarlo – del guru di questa setta di fanatici dell’opposizione a tutti i costi. Un gruppo di repressi della supremazia che condivide tra di sé informazioni inventate fino a convincersi dell’autorevolezza della loro fonte. Gente che, più di ogni altra, si è convinta a credere di avere la verità in tasca e ha aderito a una proposta di evangelizzazione tutt’altro che morbida e piuttosto sfrontata. Il mio parrucchiere di fiducia, giusto per comprovare questa teoria con un esempio, che era uno di quelli che le provava tutte per fare più soldi di quelli che anni di scontrini mai emessi gli avevano fruttato, ma spesso senza convinzione, si era lasciato trascinare da qualche conoscente opportunista nell’Amway. Io che sono uno di quelli che non sa dire di no, una volta a fine taglio quando mi chiese se volevo anche uno shampoo gli risposi affermativamente, e lui tutto entusiasta rilanciò confermando – come se glielo avessi domandato io – che insieme allo shampoo mi avrebbe dato in esclusiva una lozione non so per quale scopo. Ovviamente facendomi pagare anche quella. Non ricordo di cosa si trattasse, era comunque robaccia, ma non è questa la morale della storia.

La volta successiva, sarà stato qualche mese dopo, stavo aspettando il mio turno leggendo una delle riviste di musica che si trovavano nel suo negozio ma distrattamente, perché ero incuriosito dalla conversazione tra lui e l’uomo che stava servendo. Il cliente gli stava raccontando di qualcuno che non era riuscito a coinvolgere nel suo livello di vendita inferiore, che non si capacitava di come fosse possibile che gente normale non capisse come la loro struttura piramidale fosse un sistema per il guadagno garantito. Chiunque sarebbe riuscito a piazzare qualcosa a persone che avrebbero dovuto cercare altri a cui vendere e così all’infinito. Il mio parrucchiere gli danzava intorno con le forbici e il pettine per gli ultimi ritocchi, e questo che continuava lodando entrambi per aver riconosciuto quel sistema così vantaggioso a differenza di altri, aderendovi. Se ne accorgeranno, diceva spostando il capo assecondando così le necessità di posa per facilitare il taglio, se ne accorgeranno alla fine quando avranno visto quanto ci guadagniamo. E a loro niente. Il mio parrucchiere faceva di sì con la testa, dava l’idea di rispettare la subalternità di quelle riflessioni, probabilmente stava sistemando la barba e i capelli di uno sopra di lui, nella piramide multilivello. Poi alla fine gli ha spennellato il viso e il collo per liberarlo dai peli rimasti, gli ha slacciato il lenzuolo sotto il mento e ha sancito la fine della sua prestazione con le stesse parole che dopo anni di professione pronunciava oramai automaticamente. L’uomo ha indossato il cappotto, lui e il parrucchiere si sono salutati che mancava solo un gesto da società segreta e poi il cliente piramidale se ne è andato. Senza pagare. Il mio parrucchiere mi ha invitato a salire sulla poltrona quasi scusandosi di quello che era appena accaduto, nemmeno si fosse accorto che mi ero accorto. Tra confratelli probabilmente si usa così. Ci si consuma senza chiedere se poi uno vuole essere pagato o no. Tanto quel taglio gratis era come se lo avessi coperto io la volta precedente, con lo shampoo e la lozione che poi non ricordo nemmeno di aver usato. Anzi, a dirla tutta, non mi stupirei che quello che era il mio parrucchiere oggi voti proprio Grillo.