in parole povere

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La piazza che si lascia inquadrare dalle telecamere e intervistare stupisce per la semplicità che rasenta l’analfabetismo, per non parlare del contrasto tra umiltà di condizione e mancanza della stessa da un punto di vista caratteriale che l’esasperazione giustifica solo in parte. Probabilmente le trasmissioni di attualità mirano a mostrare il peggio, i casi più sofferenti, le storie più drammatiche. Dall’altra parte, la classe politica che parla risalta per preparazione dialettica, capacità di analisi, citazionismo colto, intelligenza sociale. Attenzione, non sto dicendo che una sia meglio dell’altra né sto esprimendo un giudizio morale. Mi sembra solo che lo scollamento sia sempre più ampio, altro che digital divide, non mi stupirebbe che antipolitica e sfiducia nei partiti siano maturate proprio a causa del fatto che, dal basso, certe cose nessuno le capisce. Ma a partire proprio dal linguaggio. Dalle parole. Ci sono studi che dimostrano la scarsa attitudine degli italiani alla comprensione dei testi, giusto? Testi semplici di taglio informativo o narrativo. Figuriamoci discorsi propagandistici con speculazioni sui massimi sistemi. Ecco così che i temi diventano le imprese che chiudono, i disoccupati, i soldi che mancano per la cassa integrazione, i giovani e i loro contratti farlocchi perché fanno breccia. Ma nemmeno questi sono argomenti condivisi. Nei carrelli dei centri commerciali, negli abitacoli delle macchine di lusso, nei ristoranti eat all you can, nei villaggi all inclusive non se parla. Sotto questo ceto povero dentro ma tutto sommato benestante fuori per sotterfugi e imposte non pagate c’è un seminterrato di povertà che non protesta per Rodotà o chi altro perché non sa nemmeno cosa stia succedendo. Il totale di questa enorme porzione sociale lo si trova in quella metà di italiani che non votano, alcuni per protesta, altri perché non ne comprendono l’utilità ai fini pratici del tornaconto in beni posseduti o, nei casi peggiori, della sopravvivenza. Un giorno arriveremo a parlare due lingue diverse ma in senso proprio, sarà impossibile capire l’italiano dell’informazione da quello dell’entertainment, Internet compresa. Si tira in ballo il populismo ma giustamente qualcuno cerca di fare da interprete tra politica e gente, d’altronde se si depotenzia l’istruzione e la cultura non ci sono alternative e non è nemmeno giusto chiedere alla politica di adattarsi diversamente. Non ne sarebbe capace.