vivere in via di estinzione in un appartamento di proprietà

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La storia del papà di Ajdin è bella perché c’entrano la guerra e le opportunità e spesso, invece, le storie sulla guerra e sulle opportunità hanno quel retrogusto un po’ così che preferiamo chiudere la pagina su cui le leggiamo. Quindi aspettate a cliccare in alto a destra sulla x perché, se continuate a leggere, potreste avere delle sorprese. Il papà di Ajdin è stato spedito come un pacco postale in Italia dalla Bosnia o almeno da quello che era ai tempi della guerra civile in Jugoslavia che era un ragazzino. I suoi genitori volevano proteggerlo dalle armi e dalla morte. Qui ha avuto fortuna trovando un buon lavoro, un ambiente per farsi una famiglia, conquistando la fiducia dei nuovi amici e di tanta gente del posto. Il papà di Ajdin non è un caso isolato e, a quanto ne so, non sono solo gli esseri umani a cambiare aria in caso di guai. Avevo letto di orsi e lupi che si sono allontanati dalle montagne dei paesi slavi in lotta tra di loro migrando sul territorio italiano, al riparo dal pericolo delle armi e della morte, proprio come il papà di Ajdin, e distanti da tutto quel baccano balcano fatto di botti, raffiche, esplosioni e il caos che rende molto più complicato procacciarsi cibo, metter su famiglia, accudire cuccioli. Non so quanto sia vera questa cosa ma mi piace raccontarla e sono certo di averlo già fatto in qualche altra occasione. Il succo di tutto ciò è che gli uomini ma anche gli animali sanno come salvarsi ma non è sempre così. Tra le specie in via di estinzione, per esempio, le opportunità sono quelle più a rischio. Secondo le stime dei più zelanti etologi in natura al momento non ne esisterebbero più di un migliaio di esemplari, e per fortuna non sono concentrati nel nord-est perché questa volta la guerra civile nell’ex Jugoslavia non c’entra nulla. A prova di ciò è il fatto che il linguaggio stesso si è modificato. Un’opportunità non la si coglie più ma la si acquista di frodo con moneta sonante, peggio dell’avorio e dalle zanne degli elefanti. Il mio consiglio, quindi, è di tenervela stretta se ne avete una, e anzi ingegnatevi per farla accoppiare in cattività come si fa con i cani di razza che sono tanto di moda ai nostri tempi, organizzandovi tra di voi allevatori per ripopolare il pianeta. È importante e ne va del futuro di tutti.

la felicità è dietro l'angolo

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Sandra era l’unica con cui potevo avere uno schietto confronto professionale. Ho ancora vivo il ricordo di certe lunghe discussioni sulla bellezza delle parole che trovavamo nelle idee per le quali ci chiedevano di spremerci, in ufficio. Sandra poi faceva altro nel tempo libero perché aveva bisogno di arrotondare, e io le facevo notare quanto fosse delizioso il suono stesso di quel verbo. Arrotondare, come se smussare gli angoli consentisse guadagni extra e, se fosse così, ci dicevamo che tanto valeva farlo di mestiere.

Te lo immagini?, mi chiedeva. Passare in rassegna le forme delle cose per levigare gli spigoli e, in senso lato, farlo anche con le persone, ma tutto questo fuori dall’orario lavorativo per ottenere profitti in più, magari in nero. Di qui il significato tetro e ambiguo dei contanti in tasca fuori controllo, quello dell’Agenzia delle Entrate, soldi che poi si purificano una volta spesi nemmeno fossimo noi la criminalità organizzata che ha bisogno dei negozi per far circolare le banconote. Le banconote circolari senza angoli quindi arrotondate anch’esse, un corto circuito o il gatto che si morde la coda finché a osservarlo non ti gira la testa e, se cadi, meglio che non ci siano angoli quindi finivamo daccapo.

Non solo. Sandra di rimando diceva di stare bene con me perché provavo sempre a fare quello che faceva lei. Questo senza falsa modestia è un mio plus, quello di aver sempre ritenuto costruttivo cimentarmi nelle abitudini degli altri anche se già a fatica gestisco le mie. Non è male cambiare in meglio, ogni tanto. Vedo Fabio che si rilassa ascoltando RadioTre e provo a farlo anch’io. In generale la cosa funziona e serve per prendersi meno sul serio. L’ho accesa ieri sera a casa e trasmettevano “Maramao perché sei morto”, che già era una canzone vecchia per mia nonna che la cantava sempre, figuriamoci nel duemila e rotti, ma la cosa in sé mi ha fatto sorridere perché mi piace quando non sono io a scegliere le canzoni da ascoltare e quando chi le sceglie per me mi soddisfa. I musicisti, o gli ex, nel mio caso, hanno sempre gusti difficili e per questo – dicono – non vanno mai in paradiso.

E Sandra poi sapeva che suonavo proprio per arrotondare, corsi e ricorsi della vita, ma sosteneva che quello era un mestiere che non avrebbe mai fatto perché ti impediva di andare in vacanza. In effetti se suoni per guadagnare alla fine lavori mentre gli altri festeggiano. Vacanze estive, weekend, crociere e tanti capodanni. L’ultimo che ho trascorso lavorando da musicista è stato però indimenticabile. Mentre smontavo chiacchieravo con un gruppo di ragazzi che si stava rimettendo i cappotti per andare a proseguire i festeggiamenti altrove. Si parlava di futuro, come in questo blog, e io raccontavo che al termine delle vacanze di Natale avrei iniziato uno stage in un importante quotidiano nazionale, cosa che manco a farlo apposta poi mica è successa davvero. Le cose vanno così, per questo se uno ha voglia è sempre meglio darsi da fare con degli extra. Non si sa mai.

quasi, quasi

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La vita è tutto un arrivarci a un pelo, averlo sulla punta della lingua, l’imprevisto dell’ultimo minuto e tanti altri cambiamenti a tanto così dall’avverarsi che fanno sì che una cosa che sta per succedere alla fine non accade. Non è un grosso problema perché di seconde e terze e quarte occasioni ce ne sono, magari non vantaggiose come quella in cui poco prima ha piovuto, a qualcuno è venuta la febbre, allora non se ne fa nulla, rimaniamo per la prossima volta. E capita pure che tutte queste siano scuse, era destino e quindi bon, non ci spetta alcuna ulteriore chance. Ma anche qui, e io ne ho fatto uno stile di vita, sarà per la prossima vita. Spesso però confondiamo finzione e realtà e annoveriamo le quasi-riuscite tra i successi veri e propri. È che i nostri curriculum esistenziali sono talmente scarni che ci sentiamo autorizzati a mettere nell’elenco anche le opportunità non conclusesi al 100% come se l’intenzione fosse sufficiente. Quante ne sentite voi? Probabilmente non stanno solo finendo i soldi e le risorse, in generale, ma anche le occasioni. Si stanno esaurendo e, forti di quell’istinto di conservazione che ci ha già salvato il culo da chissà quante estinzioni, siamo già passati alle scorte. L’esserci quasi è valutato tanto quanto il numero uno di un collezione di rarità, stiamo facendo la scorta di ottimismo da posizioni cadette perché la riuscita di un progetto dipende da troppi fattori non dipendenti dalla nostra responsabilità. Un giorno, come per i regali, anche per considerarsi al traguardo di qualcosa basterà solo il pensiero. Ecco, io mi sento già pronto per questa nuova era.

l’occasione fa l’uomo

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Un altro termine che mi mette fortemente in soggezione è opportunità, a partire dal fatto che implica un concetto parziale dal momento che necessita dell’intervento di chi sa coglierla per trasformarla in un qualcosa di estremamente appagante, almeno da quanto sento dire in giro. L’opportunità è infatti complementare a un qualcosa come una matrice al resto del biglietto di un concerto, senza una parte o l’altra il titolo non vale una cicca. Un’opportunità è un’entità in potenza che attende una sorta di comburente umano per mettersi in atto. E mi mette fortemente in soggezione perché appena sento la parola opportunità mi immagino frotte di persone che spiccano un balzo o scattano in avanti per arrivare primi e probabilmente se ne ho sentito la presenza anche io dovrei comportarmi così. Ma se la devo dire tutta io preferisco le cose che ti investono, ti cadono addosso, ci inciampi o vai a sbatterci la testa per pura casualità, e il fatto che come molti di voi sia ancora qui a scrivermi addosso costituisce la prova provante che, proseguendo con la stessa metafora, a oggi non mi ha investito nessuno, non mi è caduto addosso niente, non ho inciampato su nulla né ho sbattuto la testa contro qualcosa, il che se davvero lo leggi tra le righe non è niente male ma alla fine della fiera se non cogli le opportunità né hai una botta di culo puoi continuare a vivere nella norma, il che è già di per sé una cosa positiva, no? Quello che si sintetizza con il motto no news, good news. E poi metti che quel giorno deve passare l’opportunità proprio sotto la via dove abiti ma magari non c’hai voglia di scendere, o devi farti perdonare qualcosa dalla tua fidanzata e non puoi certo mollarla lì al telefono. O magari hai già preso un impegno e semplicemente sei altrove, c’era il torneo di calcetto o per dirla alla Elio avevi judo. Voglio dire non è che queste opportunità possono fare quello che vogliono e atteggiarsi come se il futuro roseo ce l’avessero solo loro. Il mondo è pieno di situazioni che magari con una mano di vernice o con una bella revisione dal carrozziere possono essere rimesse in pista e garantirti qualche anno ancora di esistenza dignitosissima. Certo poi uno passa la vita a descrivere agli amici al bar il proprio ideale di opportunità, più o meno sinuosa, alta e slanciata oppure con forti tratti mediterranei, e quando la incontra per la strada, in ufficio o al supermercato magari un’occhiata al di dietro gliela dà, siamo corpi caldi e uno sguardo di nascosto non ha mai fatto male a nessuno. L’opportunità per esempio che sognavano i ragazzi di una volta era il talent scout che passava per caso nel locale in cui si suonava, o ancora oggi ci sono quelli che malgrado l’età avanzata non disdegnano che il destino assuma i tratti di un qualcuno che conta che si segni l’url di un articolo accattivante da linkare per aprire la strada alla notorietà sul web. Cosa avete capito, parlavo in generale. Per non essere sopraffatto dalle opportunità ho persino cambiato il numero di cellulare e me ne sto chino sulle mie cose per non coglierne i segni nelle espressioni altrui, non si sa mai che uno possa equivocare empatia.