perché non mi piacciono quelli di colore

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Con la bella stagione spuntano come funghi e puoi giudicarli senza sbagliare perché sono tutti dello stesso stampo. Cerco di starne lontano perché la loro prossimità mi mette a disagio, così distanti da me e quindi, giustamente, meglio non mescolarsi. E non ho mai capito come possano circolare liberamente in mezzo alle persone normali quando un po’ di sana segregazione non guasterebbe. Ce ne sono di due tipi, rossi e gialli, ma quelli che indossano pantaloni di questi colori si assomigliano e appartengono sicuramente alla stessa razza. Con scarpe da vela, recentemente usano quegli obbrobri di marche italiane, e sopra camicia e Lacoste. A qualunque età, ma di norma sui trenta e quaranta e oltre. Al mare, in campagna, in montagna e pure in città. Non so voi, ma i pantaloni rossi e gialli da uomo dovrebbero essere dichiarati fuorilegge, contro natura, da smantellare come l’amianto, vietati nei centri urbani come gli autoveicoli non euro quattro. Gravare chi li sfoggia di tasse supplementari, tanto il grano ce l’hanno, poche storie. Bandirli perché non in linea con il decoro ambientale, una sorta di reato contro il genere umano, fuori dalle linee guida della Convenzione di Ginevra e della Croce Rossa. Urticanti quanto lo spray al peperoncino o la cipolla affettata. Letali quanto un concerto di Biagio Antonacci. Prende il via così da queste pagine una campagna contro lo smercio, l’acquisto e l’uso di pantaloni da uomo rossi e gialli. Dileggiate chi li indossa, non fidatevi di chi li difende. Ci vorrebbero autobus a parte, ingressi dedicati, fontanelle a loro uso esclusivo e campi di cotone.