cin cin con gli occhiali

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Qualche giorno fa ho scritto una cosa qui che a me piaceva molto e che poi è stata anche condivisa persino su Facebook ed è stato un dramma perché c’era un bel refuso nelle prime cinque parole che inficiava la comprensione del testo, se lo leggevi senza considerare il fatto che poteva essere un refuso ti faceva l’effetto Saramago che è quello per cui ometti un “non” in un testo e ti cambia di 180 gradi la comprensione dello stesso. Gli errori di battitura sono un mix tra disimpegno – d’altronde io che di mestiere scrivo cose e vedo gente il blog lo tengo proprio per svacco intellettuale – e disattenzione, quella è invece una costante della mia vita e pazienza, che ci volete fare.

Tutto questo non dovete però confonderlo con la stramba abitudine di scrivere periodi lunghissimi completamente privi di punteggiatura che è più un vezzo quello di mettere insieme una sfilza di parole senza fiato come quelle che mi sto sforzando di allineare qui, virgola, anzi punto. Cioè se scrivo sgrammaticato e metto congiuntivi fintamente sbagliati speriamo che nessuno lo nota, vedete, qui nell’interweb come la chiamano i disinformatici c’è tutto un lessico famigliare e nell’omologazione in questi casi c’è solo da guadagnare. Siamo mica qui a fare letteratura. Altro caso ancora è quello delle abbreviazioni nei messaggi, come leggevo da qualche parte un po’ di tempo fa c’è da chiedersi come lo occupano il tempo quelli che scrivono nn anziché non oppure k al posto di ch.

Perché non è più nemmeno una questione di caratteri. Scrivere male è più una questione di pigrizia, io mi impegno a evitare le ripetizioni – che è una cosa che ti insegnano in terza elementare con i primi pensierini – anche negli sms a mia moglie. Darsi un po’ di decoro linguistico, se per di più hai certe velleità narrative, è il minimo sindacale. Ma potrebbe essere anche un problema di calo della vista, non pensate? Sta volgendo al termine infatti la prima settimana della mia vita con gli occhiali. Non ho mai messo occhiali in vita mia ma nemmeno da sole, mi danno fastidio sul setto nasale e in generale mi danno la sensazione di indossare uno scafandro da palombaro. Scusate se sono fatto così.

Ma negli ultimi mesi ho preso atto di non leggere più da vicino, vedevo i caratteri nei display dei dispositivi elettronici sfocati, non vi dico a decifrare i font a una cifra di bugiardini, confezioni, manuali di istruzioni eccetera eccetera. Così da sabato scorso sfoggio un paio di occhiali da lettura e da videoterminale – parola del secolo scorso ma che rende l’idea – con i quali devo ancora prendere le giuste misure. Sul lavoro vanno benissimo quando scrivo, su e giù gli occhi tra monitor e tastiera, ma quando guardo oltre questo metro quadro visivo è una catastrofe. Devo abituarmi a metterli e toglierli a seconda dell’evenienza ma converrete con me che si tratta di un discreto sbattimento. E niente, vedremo se ci farò l’abitudine. Di certo vedo questi caratteri, proprio quelli che sto scrivendo, belli grossi e nitidi. Chissà se così riuscirò a essere più precisù.