alla ricerca del rifugio sotto terra

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La trilogia dei pudori allora si chiude con qualche scambio di opinione circa l’abitudine – o lo sforzarsi a non farlo – delle persone a guardare negli occhi gli sconosciuti o, al contrario, a tenerli bassi. Quelli che usano lenti nere o imperscrutabili sono pregati di accomodarsi alla porta, grazie. Ci sono le ragazze molto belle che filano per la loro strada osservando i passi nel proprio cammino perché, da una parte, stufe probabilmente di dover contrastare il plauso interessato della folla, dall’altra forse per non dare adito a equivoci, avete presente quel video della tipa che cammina sola non ricordo dove ed è bersaglio di ammiccamenti e altri tentativi di abbordaggio. Ora per fortuna non è più come un tempo, quando i più assidui baccagliatori da incursione inseguivano i soggetti dei desideri per tentare un contatto in ogni dove o a qualunque ora del giorno. I cacciatori sono sempre meno ammessi dalla società, di conseguenza le prede di questa sorta di catena alimentare si sono giustamente evolute sulla linea difensiva. Ma a parte questi casi limite, non è che si debba vedere qualunque cosa in chiave seduttoria (si dice? Il correttore di WordPress me lo sottolinea in rosso), ciononostante puntare dritti agli occhi altrui suona sempre come un tentativo di intrusione nell’anima degli sconosciuti, un forzare una serratura in un’anima off limits, un decrittografare una combinazione per schiudere una vita a cui non abbiamo diritto di accesso. Soprattutto nella manciata di secondi in cui il tutto avviene, per un’esperienza dal ciclo di vita più effimero di un tweet di un emerito signor nessuno. Ma se vi capita di farlo, ed è un comportamento a cui non badate o comunque involontario e difficile da occultare come un qualunque altro tic, forse è solo per il contrario di quello che sostengono i più. Nessun tentativo di approccio ma piuttosto una sorta di scudo spaziale o di quei poteri da supereroe che in quattro e quattr’otto allestiscono una superficie invisibile tipo plexiglas ma invincibile a delineare il proprio uovo prossemico. Senza contare che osservare forzatamente davanti a sé senza curarsi di chi giunge dalla direzione opposta è un comportamento innaturale, nessuno lo farebbe mai. Poi, se riuscite a tenere testa agli sguardi altrui, beati voi. A me viene proprio da torcere la testa da un’altra parte, far finta di leggere sui manifesti orari di mostre di cui non m’importa nulla, cercare oggetti inesistenti nella tasca interna della giacca di lana cotta, emettere un bel colpo di tosse secca così da aggiungere un segnale di allarme sonoro all’imbarazzo.