così da vicino

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Averti raccontato che ho paura di vedere le navi da vicino a bordo di un moscone come quella volta in cui ho partecipato alla visita guidata del porto tu avresti dovuto considerarlo come un vero e proprio approccio perché non conoscevi i retroscena. Si tratta di un episodio che fa il paio con quel misto di fobia e attrazione nello sostare con il naso all’insù sotto i giganti dell’architettura di massa piena però, non la torre Eiffel per dire – con tutti quei buchi che ne alleggeriscono la mole – ma certi grattacieli di Manhattan o la stessa Lanterna di Genova. In natura mi è successo con la Tavolara, così inaccessibile, vista da un gommone con la vertigine della verticalità e tu sei sotto e però il fatto che ti trovi lì è perché l’attrazione appunto ha vinto la fobia, si dice addirittura che ci sono quelli che provano l’istinto di lanciarsi nel vuoto che è più forte del mettersi al riparo, ma qui si entra davvero in un ambito che non è di mia pertinenza e di cui proprio non voglio saperne nulla. Il problema era che ti osservavo da lontano e mi sembravi molto bella ed era bella l’idea che mi ero fatto della tua bellezza. Non pensavo che si sarebbe presentata l’occasione per avvicinarti, e quando è successo – consultavo un volume de “L’Année Philologique” per concludere la bozza della mia tesi nella biblioteca dell’Istituto di Latino e tu eri seduta proprio di fronte a me – ho trascorso buona parte della mattinata a studiare il tuo viso come ho visto fare in quella storia a disegni animati in cui minuscoli abitanti di un’isola legano a terra un gigantone proveniente da chissà dove e gli si mettono persino in piedi sulla faccia. Non lo sapevo ancora, perché poi l’ho letto anni dopo in un saggio sui mass media, ma si chiama mi pare effetto dell’iper-realtà, quando hai una cosa smisuratamente ingrandita davanti e noti dettagli che altrimenti resterebbero invisibili. Nel complesso il mio giudizio è rimasto invariato, è solo che la leggera peluria chiara come i tuoi capelli sulle tempie e qualche provvisoria impurità della pelle ha confermato la comune appartenenza al genere umano, già ampiamente dimostrata dalle lunghe ciglia, gli zigomi mai a riposo e persino il sangue nei capillari che sono sicuro di aver percepito. Una riflessione a cui ero giunto proprio quando poi ti sei allontanata, pensavo fosse per come ti avevo tenuto gli occhi addosso per tutto il tempo ma poi, quella volta della paura delle navi, della visita guidata del porto e di un paio di altre confessioni che non mi pare il caso di ricordare qui, mi avevi detto che non te n’eri nemmeno accorta. Nel dubbio, non ti ho mai creduto.