fate la carità

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Ogni volta che noto i vari intrecci delle reti di conoscenze su Facebook, ovvero il mio amico che è amico di tizio che è amico dell’altro che è amico di uno che è anche mio amico, penso “hey Facebook chissà quante volte in questi incroci di gente che si conosce si sarà parlato di me”. Persone con cui ho avuto a che fare in tempi, ambienti e persino luoghi differenti che si trovano a interagire per chissà quale ragione e il discorso capita su di me per cui uno scopre che l’altro mi conosce e dice “hey lo conosco anch’io, ho suonato con lui quando avevo 14 anni” e l’altro “che storia! era nel mio gruppo fino a quando ci siamo sciolti”. O altri due che si scambiano le esperienze trascorse con il sottoscritto del tipo “ma lo conosci? è quello degli aneddoti del futuro” e l’altro “eccome no, lavora insieme al mio amico blogger, vanno a sfondarsi al cinogiappo all-you-can-eat ogni venerdì”. Così ho postato su Facebook uno status tipo “hey amici di Facebook quanto tempo è che non ci vediamo”, sperando di intercettare qualcuna di queste conversazioni, con ex compagni di università che si confrontano con musicisti che hanno collaborato con personalità del mondo digitale che sono passati per una delle città in cui ho vissuto o ho lavorato e che scoprono tutti di avere questa cosa in comune. Bello, vero? Intersezioni di rette che proseguirebbero sino all’infinito se non intersecassero nodi che formano semirette e segmenti che portano a esperienze di cui è rimasto qualcosa e sulle quali ci si può confrontare, dialoghi che nascono e crescono e si alimentano di narrazioni provenienti da posti remoti che altrimenti si sarebbero allontanati come un universo in espansione ma che la casualità dell’Internet regolamentata dai parametri dei social network ha riportato sulle strade del reale, che può essere inteso come “sono pronto a rivedervi tutti e ripercorrere insieme gli istanti comuni propedeutici ad altri istanti comuni con altri protagonisti e che alla fine messi in sequenza generano quel grande montaggio cinematografico che è la timeline della vita”. E invece quando contemplo i vari intrecci delle reti di conoscenze su Facebook e penso “hey Facebook chissà quante volte in questi incroci di gente che si conosce si sarà parlato di me”, la risposta è no, mai, zero, nulla, un insieme vuoto, un pensiero rimasto inespresso senza nemmeno una parola o una faccina di quelle con cui si commentano le cose per carità altrui, quando non si sa cosa dire.