la recensione dell'ultimo disco di windows 10

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L’informatica ha soppiantato completamente la musica nelle conversazioni dei ragazzi. Probabilmente hanno avuto un destino simile le passioni, di certo i passatempi e da quando ci sono cose come la Wii anche lo sport e l’attività fisica, e questo è una cosa che si sa. Ma se vi capita di ascoltare le nuove generazioni chiacchierare del più e del meno, i vecchi cavalli di battaglia che alimentavano le discussioni di un tempo sui generi musicali sono stati soppiantati da tutto ciò che orbita intorno al digitale. Questo perché l’informatica oggi è un grande contenitore che comprende anche la musica, insieme alla fotografia, al cinema, alla tv, e quello che è nato come un elemento trasversale in grado di potenziare l’accesso a tali discipline e a contribuire alla loro diffusione, in realtà le ha ghermite, fagocitate e trasformate in materia vivente per tessuti e organi propri, dando vita a una sostanza indistinta a cui però nessuno ha opposto resistenza. In cambio, voglio dire, abbiamo ricevuto moltissimo, quindi ci siamo ben guardati dall’evidenziarne la pericolosità, sotto questo punto di vista, e nessuno di noi vorrebbe certo tirarsene indietro ora. Soprattutto perché in questo contenitore digitale qualcuno ci ha fatto credere che sono le relazioni e gli affetti a giocare un ruolo decisivo, peccato che solo tra qualche decennio potremo osservare i risultati di questa trasformazione epocale, quindi sarete voi a raccontarci come è andata a finire. Voi che ritenete l’informatica un argomento molto più divertente di cui parlare rispetto anche alla politica e alla società e non solo più appagante degli AC/DC o dei Kiss, voi abituati al fatto che su Internet si può discutere sia del contenitore che del contenuto. Ed eccoci qui: a dispositivo intelligente disconnesso, l’illusione del digitale è tale che ne percepiamo lo stesso la sua presenza. Emozioni, gesti, parole: dal vivo con la gente il nostro comportamento si è evoluto (o involuto, a seconda di come la pensiamo) e in questa incommensurabile realtà non-digitale quello che ci tiene vivi è sempre legato alla rete. Per questo è facile comprendere il perché un’esperienza totalizzante come la musica sia stata spazzata via non solo nella pratica o nella vita sociale ma nelle conversazioni stesse dei ragazzi. Senza contare che l’informatica è talmente pervasiva perché è anche al centro anche del nostro lavoro. Non si era mai visto un elemento in grado di seguirci dalla culla alla bara con la stessa continuità di presenza. Ma non voglio fare della filosofia da tanto al mucchio, a me spiace solo perché tra i ragazzi oggi non suona più nessuno e nessuno discute di musica. Ma pensate a che palle potrebbero farsi i giovani ‘d’oggi assistendo alle conversazioni dei giovani di ieri, le discussioni mie e vostre con i miei e vostri amici. In nostra presenza tirerebbero subito fuori lo smartphone, nel migliore dei casi per mettersi a fare qualcosa di più coinvolgente, nel peggiore per farci foto di nascosto e poi deriderci sui loro social.

i nostri figli del potere dirompente del rock non sanno che farsene

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Le tragiche recenti vicende del Bataclan hanno riportato alla ribalta il tema del rock come espressione della rottura con la tradizione, anche se l’interpretazione che ne è stata data, dal mio punto di vista, è stata un po’ forzata. Il radicalismo religioso che fa a brandelli corpi di giovani solo perché rei di aver partecipato a un concerto. Sono certo che le religioni in genere non siano il massimo dal punto di vista dell’applicazione dei valori dell’illuminismo, mi sembra scontato però che oggi per trovare assembramenti numerosi di gente vulnerabile da far saltare in aria non ci sia molta scelta se non lo sport e, appunto, lo spettacolo.

Non nego però di essere in prima linea tra gli idealisti affascinati da questa visione romantica del rock, riassumibile in un celebre passaggio di un testo degli Area che dice “il mio mitra è un contrabbasso che ti spara sulla faccia ciò che penso della vita, con il suono delle dita si combatte una battaglia che ti porta sulle strade della gente che sa amare”. In poche parole ribellione, facciamo l’amore e non la guerra e con il rock le possibilità di fare l’amore aumentano a dismisura rispetto a qualunque altro mestiere ordinario come il ragioniere, suoniamo per combattere il sistema con la forza delle idee eccetera. Un testo e una visione molto anni settanta, e credo che nessuno dei ragazzi protagonisti involontari di quella carneficina, ma anche quelli protagonisti volontari che l’hanno generata, se ne facciano nulla delle encomiabili intenzioni di Demetrio Stratos.

È bello comunque sapere che in qualche cultura primitiva di ritorno (mi riferisco all’Islam visto dagli occhi di un occidentale abituato alla secolarizzazione e al laicismo) ci siano ancora giudizi latenti sulla musica giovane come una forma di trasgressione tout court verso la tradizione delle civiltà che l’hanno preceduta, che però i nostri nonni con i figli beat risolvevano a sganassoni, i nostri padri con i figli punk vergognandosene in pubblico (questo è capitato a me), quelli dell’ISIS con le cinture al tritolo e noi che invece saremmo pronti a comprendere le ragioni di una rottura abbiamo figli che del potere dirompente del rock non sanno che farsene.

È bene che chi vuole colpire i miscredenti peccatori sappia che imbracciare una chitarra elettrica collegata a un distorsore non ha più lo stesso valore sociologico e la portata di quando lo facevano Elvis, i Beatles e i Rolling Stones, gli Area, i Clash. Oggi siamo ampiamente più consapevoli di quanto sia innocuo il rock. Persino i messaggi satanici registrati al contrario è stato appurato essere privi di conseguenze in ottica di una redenzione, le creste ce li hanno cani e porci, nessuno crede più alla cattiveria del death metal, il punk lo ascoltano pure i cinquantenni come me, le parolacce sono il registro ordinario delle conversazioni sui social e in tv e tra i ragazzini delle elementari su whatsapp.

Pensate quindi a come ci risultano ingenui certi espedienti che si usavano una volta per dimostrare a tutti che il rock poteva scardinare il mondo, quando invece poi è stata sufficiente una manciata di bit per devitalizzarlo e ridicolizzarne la matrice combattiva. Ascoltavo uno dei pezzi di quelli che quando mi chiedono a bruciapelo di mettere una canzone trasgressiva, è costantemente compresa tra le prime cinque scelte, e mi riferisco a “California uber alles” dei Dead Kennedys. L’intervallo semitonale del riff era una matrice compositiva standard da utilizzare come dimostrazione che l’armonia classica o comunque tradizionale era una merda e che mettendo in sequenza accordi così ravvicinati il punk era pronto a destabilizzare le regole della musica come l’avevamo sempre intesa.

Ora, dopo decenni di canzoni sempre più sperimentali, di cultura dissacratoria, di nichilismo sociale, di cose che hanno distrutto tutto e il contrario di tutto senza più costruire nulla, ascolto California uber alles e mi rendo conto che in fondo quella sequenza di accordi al massimo ha la stessa portata tragressiva di “Espana Canì”, d’altronde gli intervalli di semitono nella musica non li ha certo inventati Jello Biafra. (Seguono rispettivamente i video di “California uber alles” ed “Espana Canì” e ditemi se non ho ragione)



mai rinunciare a un po’ di pubblicità

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Si è trattato di una coincidenza di quelle che a raccontarle non ti crede nessuno. Avevo già deciso in accordo con il mio ufficio stampa di declinare l’invito al celeberrimo show di Fabio Fazio su Rai Tre quando poi la produzione mi ha chiamato e con mille scuse (nel senso di chiedere scusa, non di addurre false giustificazioni) mi ha scaricato perché dovevano trovare un buco per l’esclusiva partecipazione di Berlusconi. Era quindici anni che chiedevano per avere la presenza del leader di Forza Italia in trasmissione e, giunto il suo consenso palesemente strumentale considerando l’aria di elezioni, hanno giustamente fatto saltare l’ospite meno importante. Così non ho nemmeno fatto la figura di quello che non vuole prestarsi alle comparsate televisive per pudore intellettuale, anzi ho sfoggiato una faccia tosta inusuale per un ingenuotto come me e mi sono fatto passare per offeso, tanto che i responsabili del programma mi hanno dato la loro parola che il passaggio in tv sarà presto recuperato. Non posso invece dirvi perché stavo per negarmi al pubblico, ma sappiate che da una parte già sapevo di stare per prendere la decisione peggiore. Ed è per questo che sono qui a chiedervi se voi che siete certi che la decisione che prenderete quando ci sono due possibilità, quella buona e quella sbagliata, è quella sbagliata, come fate a prevedere che, prendendo quella che non prendereste se non sapeste che quella che prenderete è comunque quella errata, non avete preso in realtà quella che avreste preso se non aveste saputo che prendete quella sbagliata e quindi quella giusta era in realtà quella che non avete preso? Quindi grazie a Berlusconi che mi ha tolto d’impiccio e che vi ha risparmiato le vuote chiacchiere su una trama che non sta in piedi, con questi ragazzi di oggi protagonisti che prenotano e posano auto in car sharing con delle app come nemmeno noi eravamo capaci a usare decentemente una biblioteca civica. Ma di contro c’era che in generale si era più adulti e trovavi sempre una prof che ti lasciava usare la sua A112 durante le ore di lezione per fare lo spaccone in giro, e meno male che mai nessuno ci ha rimesso la pelle perché altrimenti sai che casino. Ecco, so già che a parlarne in questi termini, sebbene si tratti di un’opera di fantasia, mi sarei giocato la simpatia di quel pubblico a cui miriamo tutti, quelli che non spendono una lira per comprare il tuo libro o il tuo disco ma hanno comunque il tempo dalla loro parte e se ne imbrocchi una puoi durare, almeno solo a parole, anche mezzo secolo in più di quanto ti spetta di diritto.