il post punk a fumetti

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Vorrei liquidare la polemica della t-shirt Disney vs Joy Division

con una degna risposta, se me lo consentite

dalla taglia xxll alla ss

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Avete letto tutti la burla delle t-shirt stampate con l’inchiostro simpatico? Al primo lavaggio il messaggio neonazista si trasforma nel suo opposto, e lascia i nostalgici del terzo reich con un palmo di naso. Le magliette continuano ad essere un efficace mezzo di comunicazione, un documento di identità manifesto che troppi, ancora oggi, sottovalutano. E in momenti borderline come quello attuale in cui si passa dalla più cieca indifferenza al linciaggio squadrista in totale imprevedibilità, occorre fare attenzione a cosa indossiamo.

Ho ricevuto molte telefonate, proprio come Alberoni, di persone preoccupate che mi chiedono se esistano rischi seri nell’ostentare sul proprio torace o, peggio, sulla schiena, un’appartenenza partitica piuttosto che il gruppo musicale preferito. Cari lettori, per i gruppi musicali non vedo problema alcuno. Per quanto riguarda la propria posizione parlamentare, o extra, a dirla tutta io ci andrei con i piedi di piombo. A meno che non siate così creativi da puntare tutto sull’ironia, toni che, come sappiamo, a destra sono pressoché inesistenti e conseguentemente del tutto incompresi. La maglietta del Che o quella della nazionale sovietica di calcio non lasciano dubbi. Per non parlare della bandiera con falce e martello; sono stato coinvolto in un dibattito – a tavola, sia chiaro – durante il quale mi si faceva notare che una maglietta con la svastica non passa inosservata alle forze dell’ordine, mentre le vestigia della cosiddetta dittatura comunista sono tollerate e considerate lecite. Pure il sottoscritto è in possesso di una maglietta rossa recante l’acronimo CCCP, la sigla però in questo caso di riferisce al noto gruppo di punk filosovietico capitanato da Zamboni e da un cantante di cui, da qualche anno, mi sfugge il nome. Cioè, Lenin e soci non c’entrano nulla, tantomeno il Comintern.

Ma, a parte questa che mi ostino a considerare un’eccezione a conferma della regola, sono un seguace della tinta unita senza marca, senza scritta, senza fronzoli. E delle righe orizzontali, ma questa la considero un criterio estetico e nulla più. Perché essere troppo espliciti è rischioso, metti che ti capita di passare davanti a una sede di casa pound, e proprio quel giorno hai su una t-shirt da bancarella fricchettona, sei spacciato. Ma se la cerchi con un messaggio sottile, questi che amano le cose semplici nemmeno capiscono cosa intendi dire, e il gioco è fatto. Ho notato però uno sforzo anche dall’altra parte. Ho visto un tizio indossare una maglietta con una vistosa M davanti. La testa lucida e la corporatura da combattimento mi hanno fatto insospettire. Camminava nella direzione opposta alla mia, mi sono girato e ho notato che sulla schiena, con lo stesso font, compariva una B. B e M, e confesso che non è stato immediato comprendere quali iniziali fossero. La fatica è sempre la stessa, difficile riconoscerli nell’orientamento opposto a quello a cui siamo abituati.