facciamo il punto su quello che emerge da certe persone

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Ora che la barba va così di moda capisco cosa c’è che non andava nella mia. Volevo tenerla a tutti costi non tanto per un fattore estetico quanto di praticità, non avete idea di che rottura di scatole radersi ogni mattina e quanto possa essere deprimente farlo nella solitudine delle ore prima dell’alba in inverno, quando il bagno non è nemmeno riscaldato adeguatamente. La principale conseguenza di questo modo di allestire i megastore con scaffali alti è che le persone dall’altra parte le vedi appunto solo dal mento in su, ammesso che siano alte a sufficienza, e se uno sfoggia la barba risalta particolarmente. Quelli più bassi sono affari loro, probabilmente hanno più possibilità di trovare la merce – in questo caso si tratta di scarpe del numero giusto – nei ripiani inferiori e quelli sopra l’uno e ottanta, indifferentemente con o senza barba, hanno solo la vista su quelle in esposizione nel livello superiore e in questo negozio, che guarda caso fa parte di una catena, non è detto che ai modelli in cima corrisponda tutta la disponibilità delle misure nelle scatole impilate sotto. Ci sono altri tipi solo nei ripiani bassi, probabilmente occultati perché incompleti nei numeri. Non c’è nulla di conveniente, qui, almeno non lo vedo, ed è questo il motivo per cui le barbe altrui mi fanno riflettere. Ci dev’essere una procedura complessissima per tenerle così curate, io ripeto ci ho provato ma uno non avevo molta pazienza, due non sono provvisto degli strumenti adatti, tre mi sembrava anti-economico rivolgermi settimanalmente a uno di quei barbieri che oggi spopolano tra gli hipster, quattro la barba a me cresce uniformemente ma non ho quei peli setolosi e dritti che sembrano scolpiti, piuttosto un ammasso di lanugine smidollata come la persona a cui appartiene. Cinque, last but not least, se mi rivedo nelle foto di qualche anno fa con la barba mi rendo conto che stavo davvero male. Troppa asimmetria e lineamenti che se ne vanno per i fatti loro. E se questo negozio non avesse adottato questo modo di mostrare la merce che va contro a qualsiasi legge del marketing del punto vendita mi deprimerei di meno. Vedo mariti percorrere i corridoi in punta di piedi alla ricerca delle loro mogli basse, c’è il rischio che non possano concludere lo shopping di coppia. D’altronde l’open space continua a essere principalmente un fattore mentale. Qualche giorno fa, per dire, Fulvio mi ha mostrato il suo ufficio nuovo e sono rimasto sbalordito dalla somiglianza tra la redazione in cui lavora – un posto gigantesco ma cosi parcellizzato da separé di armadietti e scrivanie da farti venire la claustrofobia – e questo inferno della calzatura low cost. Si salvano gli spilungoni come me che invece non corrono rischi di deteriorare i rapporti con il o la partner e riescono persino a conversare dalle due parti di quella muraglia di scarpe made in China. La coppa Italia e la Juve e cenni di storia dei reality nella tv pubblica vanno per la maggiore tra chi non è tenuto a dare giudizi sulle scelte d’acquisto. Ci stupiremmo se parlassero del panlogismo hegeliano o anche solo del sogno della notte precedente, sono argomenti che di fronte a certa realtà non tirano più.

è un periodo che i bigliettini di quelli che acquistano auto vecchie o danneggiate li prendo sul personale

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È un periodo che i bigliettini di quelli che acquistano auto vecchie o danneggiate li prendo sul personale. Li trovo infilati nei cristalli lato guidatore o nella maniglia, gli do un’occhiata per vedere se è lo stesso dell’ultima volta ma vedo subito che no, quelli che acquistano auto vecchie o danneggiate sono tantissimi e probabilmente è la professione del futuro. Poi mi guardo in giro nel parcheggio e vedo decine di altri santini gettati via da altra gente che come me si vede che la prende sul personale.

Non so se esistano veramente, non ho avuto mai la fortuna di vederne uno dal vivo infilare i suoi bigliettini nelle macchine altrui. A questi misteriosi commercianti di usato la mia auto ha trasmesso un’idea di malmesso, di vecchio, di indegno di stare al mondo nel mondo occidentale popolato da auto sempre nuove, sempre più accessoriate, sempre più intercambiabili, sempre più costose ma con sempre più meccanismi per pagarle nel tempo e darle indietro quando ci va ma dopo averci smenato un botto di soldi, con un turn over che nemmeno i programmatori software ai tempi della prima bolla Internet.

Facile chiedersi quali siano i parametri all’interno dei quali un autoveicolo è considerato merce di serie B. Intorno a questa zona grigia della compravendita di seconda mano aleggiano le credenze popolari e le leggende metropolitane più cupe. Di bigliettini ce ne saranno milioni di tipi, e magari noi non lo sappiamo ma si tratta di una raccolta come le figurine della Pixar dell’Esselunga o addirittura come i miniassegni, e tra venti o trent’anni varranno un sacco di soldi. Ci sarà magari anche il Gronchi rosa dei bigliettini di quelli che acquistano auto vecchie o danneggiate e ci malediremo di averli buttati nella spazzatura dopo averli tenuti qualche mese in macchina, accumulati nel vano della portiera insieme al disco orario e il grattino del ghiaccio.

Dicono che le nostre macchine vecchie o danneggiate, una volta in mano a questo esercito di intermediari invisibili, prendano la via dell’est europeo su uno di quegli autoarticolati targati Romania o Ucraina che si incontrano lungo le arterie autostradali che portano verso il confine con la Slovenia o l’Austria. Le centinaia di migliaia di Citroen Xsara Picasso del 2005 come la mia ex-macchina che abbiamo dato via solo perché eravamo esausti di viaggiare su una specie di uovo, oggi corrono lungo le strade dei dintorni di Timisoara o di Kiev gioiose di essere guidate da padroni altrettanto poveri come quelli per cui hanno prestato servizio nella loro prima vita a quattroruote.

Poi ci sono quelli più pessimisti che sostengono che gli scarti di trasporto della nostra società avanzata vengano sezionati ancora vivi per l’asporto di parti destinate al mercato dei ricambi, che detta così sembra una storia tratta da un reportage sulle organizzazioni che trafficano organi di esseri umani.

Ma il punto è che i bigliettini di quelli che acquistano auto vecchie o danneggiate li prendo sul personale perché è un periodo che ho la coda di paglia ed è come se questi procacciatori del loro tornaconto dicessero a me che sono vecchio o danneggiato. Prendo il biglietto infilato nel cristallo lato guidatore, leggo l’ennesima offerta di affari e poi mi guardo riflesso nel vetro per vedere se davvero sono conciato anch’io così male.