italiano lingua volgare

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Mia figlia qualche parolaccia ogni tanto la dice, cose tipo “cacchio” o anche più truci che ha imparato a scuola, sentendo canzoni o guardando film in cui il linguaggio rude ci sta e fa anche ridere – penso ai Blues Brothers – e anche a casa, dove è importante stare sempre all’erta e fare attenzione a come ci si esprime. Si tratta di una involuzione inevitabile quando i nostri figli crescono a contatto con i figli degli altri, questo per dire che trovo ci sia differenza tra l’esposizione dei minori all’uso del linguaggio triviale di un John Belushi rispetto a quello dei concorrenti di un reality show, laddove i Blues Brothers si proiettano a casa mia, chiaro. Magari poi un bambino di otto anni non coglie la differenza di intenzione e magari nemmeno l’adulto che lo lascia solo davanti alla tv a vedere le brutture dei programmi all’insegna delle rivalità individuali, ma io non ne sono convinto e staremo a vedere poi alla fine se ci sarà differenza. Per ora credo mia figlia sia consapevole che non è appropriato per una bambina comunicare a parolacce. Per dire, quando vuole riportare qualcosa sentito da altri che comprende turpiloqui avverte prima e chiede il permesso o dice scusa ma devo dire una brutta parola. Ma chissà fino a quando durerà.

Perché se poi stai a osservare, anzi, ad ascoltare nel dettaglio il mondo degli adulti in ambienti non proprio di infimo livello, un qualsiasi ufficio del terziario per fare un esempio, la gamma delle espressioni colorite è quasi sempre completa, e va dai vari intercalare regionali e non fino agli sbotti di ira in cui è tradizionalmente più ammessa. Il punto è saper distinguere e capire quando una persona si esprime in modo volgare volutamente e contestualmente perché in quel momento e in quella situazione la parolaccia è la cosa migliore da dire o se invece, per pigrizia mentale, anche un adulto di un certo spessore non trova di meglio nel suo vocabolario personale per verbalizzare un’emozione.

Voglio dire, la soddisfazione dell’inveire quando si urta il gomito la conosciamo tutti e in parte lenisce il dolore e soffoca l’aggressività. Ma gli uffici sono pieni di adulti anche di un certo livello di cultura e di eleganza che non lesinano in scurrilità. Se ci si ferma a riflettere, uno si chiede poi come sia possibile avere un temperamento così sboccato tale per cui i problemi con persone e dispositivi elettronici si affrontano a cominciare da una imprecazione a voce alta. Anche una banale conversazione di circostanza raramente non prevede l’uso di locuzioni pesanti delle quali, ripeto, non è difficile trovare sinonimi magari meno diretti ma, per lo meno, un po’ più decorosi. Così quando sento volare i cazzi e vaffanculo e i porca troia, nel migliore dei casi, dalle stanze adiacenti a me viene di istinto di chinarmi e cercare riparo come se mi trovassi nei pressi di una deflagrazione e corressi il pericolo di venire centrato dalle schegge. Più salutare gettarsi in trincea, chiudere gli occhi e far finta di essere in ben altri ambienti di lavoro la cui eleganza espressiva è considerata proverbiale come gli scaricatori di porto di una volta, con tutto il rispetto per i camalli.