a misura duomo

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Mia moglie ĆØ cosƬ ossessionata dalle cavallette che riesce a localizzare un esemplare anche a decine di metri di distanza. Si tratta di un superpotere che si manifesta solo con le cavallette. Sarebbe bello, per dire, che ci riuscisse anche con le banconote smarrite per strada. Qualche giorno fa ĆØ riuscita a distinguere da lontano una cornacchia dalle centinaia di altre – se ne vedono a bizzeffe, qui in pianura – solo perchĆ© nel becco teneva una cavalletta e ci giocava come fanno i predatori con le prede. Le concedeva l’illusione della libertĆ  per poi riafferrarla e sbatacchiarla in giro con quella crudeltĆ  che solo chi ĆØ in alto nella catena alimentare può permettersi. A mia moglie capita di percepire anche le cavallette immobili che stazionano mimetizzandosi sui muri esterni dei palazzi. Il suo terrore ĆØ talmente fuori controllo che probabilmente sublima in capacitĆ  divinatoria e paranormale.

A me succede la stessa cosa ma con gli ingenui tentativi – provenienti da fonti riconducibili a tutti gli orientamenti partitici – di screditare Milano e l’operato di Beppe Sala. I casi sono due: o ce ne sono veramente tanti e non c’ĆØ tg o sito o social network che ne parli, oppure ĆØ la stessa dinamica che risveglia l’istinto di mia moglie di sopravvivenza alle cavallette e mi ĆØ impossibile evitarli.

O, meglio, ĆØ una cosa che mi fa talmente rabbia che vedo malafede ovunque. Credo sia difficile trovare, in Italia ma anche fuori da qui, una cosa che funzioni bene come Milano e i milanesi. E ve lo dice un ligure, uno che quando torna nella cittĆ  di origine nel weekend non può permettersi di farsi un giretto in auto in riviera per non rischiare di rimanere imbottigliato tra i milioni di lombardi che vengono a farsi un bagno. Uno che ha trascorso un pranzo di Pasqua di qualche anno fa da solo in auto perchĆ©, in tutta Varazze, non c’era un parcheggio libero che gli consentisse di raggiungere il resto della famiglia che aveva lasciato al ristorante poco prima con le ultime parole famose: “il tempo di lasciare la macchina da qualche parte e vi raggiungo”.

SarĆ  una combinazione o il frutto del mio superpotere, ma ogni sera mi imbatto in improbabili reporter aggirarsi tra i clochard di via Pisani, riprese semi-occultate di risse a colpi di machete o bottiglie rotte in Stazione Centrale, video amatoriali di borseggiatrici malmenate in metropolitana, parchetti adibiti a supermarket di droghe di ogni tipo. Per non parlare delle lamentele sulle piste ciclabili che sottraggono parcheggi alle vie dello shopping, sui prezzi delle case private e dell’incuria dei quartieri popolari, sulla gentrificazione delle periferie, sulla movida, sull’attitudine ingiustificata alla grandeur, sul rebranding dei quartieri a partire dai nomignoli che qualche esperto di marketing applicato all’urbanistica ha coniato. Poco fa ho letto addirittura che Tortu va più veloce dei treni della linea rossa. Un gioco il cui obiettivo ĆØ facilmente smascherabile: i fratellisti d’italia e i leghisti rosicano per un modello organizzativo che ci invidiano in tutto il mondo e che loro sono solo capaci di mettere in pratica con le ronde nazi-padane e a cucchiaiate di olio di ricino. E, dalla parte opposta, non va giù il fatto che a sinistra possa affermarsi un sistema che coniuga, in modo efficace, sostenibilitĆ  e imprenditoria. Non so in quale cittĆ  italiana abitino, tutti questi detrattori. Non so in quale posto più pulito, più civile, più ricco di servizi, più curato e più organizzato vivano, e sono contento per loro. PerchĆ© per me, che vengo dal terzo mondo, Milano resta tutt’ora una meraviglia, grazie anche alla gestione di Sala. Qui ho costruito la mia famiglia, qui ho avuto opportunitĆ  professionali, qui spero di invecchiare serenamente.

maltempo

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Io sono fatto cosƬ. Appena sveglio clicco sulla lente di ingrandimento e, alla voce documenti, avvio la ricerca di una preoccupazione che mi sovrasti. La trovo e, come si fa con i croissant surgelati nel microonde, la tengo al caldo durante le operazioni di routine – la doccia, la barba, la colazione – in modo da assaporarne la fragranza quando salgo in macchina per andare al lavoro. Per fortuna si tratta di piccole cose. Devo chiamare Tizio, devo rispondere alla mail di Caio, mi tocca sollecitare Sempronio e via cosƬ. E quando non individuo nulla o la preoccupazione, nella sua fase di scongelamento, si ĆØ sgonfiata rivelando la sua inconsistenza – diamine, ero sicuro di averle prese ripiene al cioccolato – seguo le ramificazioni di qualche nota che mi sono appuntato per le giornate in cui il palinsesto di ansie ĆØ vuoto. MartedƬ scorso però qualcosa ĆØ cambiato e i più superstiziosi di voi penseranno che me la sono tirata o che c’entra qualcosa o il karma perchĆ©, al risveglio, ho trovato un bel po’ d’acqua sul pavimento del salotto. Durante la notte c’era stato un discreto temporale con piogge torrenziali. In più, il mio condominio ĆØ nel pieno dei lavori di ristrutturazione – il famoso 110% – e con un tempismo perfetto si trova al massimo della vulnerabilitĆ  per alcuni interventi strutturali. Al quarto piano ci sono state vistose infiltrazioni, e cosƬ, una volta accertato che per fortuna non avevo subito danni agli arredi, mi sono guardato un po’ in giro per rintracciare sui muri l’origine della perdita senza trovare alcunchĆ©. Ho pensato immediatamente alle immagini delle vittime delle alluvioni che passano al TG ogni autunno da quando il clima, in Italia, ĆØ radicalmente cambiato mostrando l’inadeguatezza del nostro territorio alle conseguenze del surriscaldamento del pianeta. Gente che, munita di secchi, stracci e badili, svuota i propri ambienti sommersi dai fiumi esondati. Il mio umore, in veritĆ , non ĆØ più lo stesso da quando il palazzo in cui si trova il mio appartamento ĆØ oggetto dei lavori di riqualificazione energetica. Quando mi appresto a rientrare lo vedo sventrato, infermo, quasi privato della sua anima, e credo che qualunque specie animale provi lo stesso sgomento osservando la propria tana violata. Sono molto affezionato alla casa che ho acquistato insieme a mia moglie perchĆ© da vent’anni mi offre riparo. Non credo che me ne andrò mai, che mi sposterò in centro come piacerebbe a mia figlia per poter vivere più in prossimitĆ  dei suoi amici, che un giorno cercherò qualcosa di più piccolo o di più grande. Dopo aver asciugato la pozza che si era inspiegabilmente formata tra divano e libreria senza però bagnare nulla – forse nella notte si ĆØ allagato il balcone ed ĆØ entrata dell’acqua dalla porta finestra, non saprei dare altre spiegazioni – mi sono recato come sempre al lavoro, consapevole di ciò su cui avrei riflettuto ascoltando la radio, lungo il tragitto. ƈ stato sufficiente adocchiare i manifesti elettorali al primo semaforo, lungo il percorso, per ottenere una rielaborazione della scala delle prioritĆ . ƈ subentrata, infatti, una preoccupazione ancora più grande della casa in cui vivo, esposta a rischio allagamento. Quella di appartenere a uno stato e a un tempo guidato da una premier e da una maggioranza post fascisti. Il mio pensiero ĆØ andato immediatamente al regime, alla guerra, agli appartamenti delle persone come me bombardati e alle peggiori condizioni di vita che mai avrei pensato si potessero verificare.

amaro

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Un collega della secondaria ha confessato di seguirmi su Instagram e di aver riconosciuto tra le mie recenti foto il paesino natio di suo nonno, scenario di indimenticabili estati di quando era bambino e destinazione iniziale delle mie ultime vacanze. Ho cercato cosƬ di riassumergli il viaggio itinerante di agosto ma mi sono visto costretto a fermarmi al primo bed&breakfast e, a questo giro, senza nemmeno poter prenotare una camera. Il blocco pensavo fosse dovuto in parte alla difficoltĆ  dei nomi di certi borghi lucani, però poi mi sono ricordato delle stranezze della toponomastica lombarda e di quanta ilaritĆ  mi inducessero, quando ero ancora un giovanissimo cittadino ligure, certe forzature geografiche del calibro di Paderno Dugnano o, peggio, Bulgarograsso. Ne deduco che riusciamo, anzi, parlo per me, riesco a conservare in memoria stranezze linguistiche facilmente individuabili nelle query mentali perchĆ© indubbiamente originali ma solo se archiviate da ragazzo. I nomi bizzarri dei posti visitati quest’estate e di quelle degli ultimi dieci anni, senza la consultazione di una mappa stradale, mi mettono in forte difficoltĆ . Non ditelo ai miei alunni. La paternale con cui li gravo l’ultimo giorno di scuola ĆØ di rientrare a settembre con gli occhi pieni di cose belle viste in vacanza e la testa in grado di completare con efficaci didascalie i racconti del primo giorno di ripresa. Mi viene la tentazione, mentre scrivo, di consultare Google e farvi un bel resoconto di viaggio ma non mi sembra corretto nei loro confronti.

Per i nomi, mi limito a Venosa, Pietrapertosa (la desinenza comune aiuta) e Muro Lucano, ma ne mancano almeno una ventina. Per la gente ĆØ più facile: posso associare ogni borgo della Basilicata visitato a una persona incredibile conosciuta al momento, sul posto. Anziani al bar, guide turistiche, proprietari di strutture ricettive, artigiani, emigrati ritornati in Italia dopo il Covid, ex sindaci eletti da meno di cento residenti, salumieri, ciascuno con una storia fuori dal comune da raccontare. E poi la cornice, a dir poco straordinaria. Si fa presto a trovare la bellezza nei luoghi più semplici da raggiungere. Vi sfido quindi a scovarli, questi ammassi di case arroccate sulla cima di rocce impervie in cui ho soggiornato quest’estate, dopo strenue lotte con Maps che mi ha indicato strade che voi umani non potete nemmeno immaginare e che fanno capire che, davvero, Cristo si ĆØ fermato a Eboli anche solo per fare benzina, considerato il rischio di rimanere a secco – vista la totale assenza di infrastrutture – che nell’interno della Lucania non ĆØ cosƬ remoto, a differenza di quei paesi lƬ.

in quota

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Mi trovo all’aeroporto e vedo tutti altissimi. Se qualcuno si prendesse la briga di rilevare la statura media della gente il dato sarebbe sorprendente, a occhio supererebbe il metro e ottantacinque. Gente altissima di tutte le etĆ , di tutti i generi e di tutte le tipologie di persone. Un giovane punk-metallaro con i capelli mossi medio lunghi, un look che sembra uscito dall’ultima stagione di Stranger Things, indossa un collare da cane con le borchie al collo e si ĆØ fatto tatuare – come una specie di trompe-l’oeil – del sangue che esce dalle ferite provocate dagli spuntoni. Mi passa davanti e mi sovrasta di due spanne. Al tavolino del bar c’ĆØ una famiglia di afroamericani con le treccine, sarĆ  un pregiudizio ma danno l’idea di essere tutti giocatori di pallacanestro. C’ĆØ anche un enorme autista che parla al telefono mentre attende qualche uomo d’affari con un tablet in mano con su scritto il suo cognome e un omone tedesco vestito in un modo che in Italia nessuno si vestirebbe cosƬ e che ĆØ il più alto di tutti, almeno due metri e dieci. Poi in ordine di altezza c’ĆØ un altro papĆ  che, come me, attende il ritorno della figlia da New York ma credo sia più giovane della mia perchĆ© nasconde dietro la schiena, oltre all’immancabile borsello, una di quelle confezioni giganti di Chupa Chups fatte a forma di Chupa Chups che vendono solo negli Autogrill. Gente normale desiderosa di riabbracciare i propri congiunti, tutti delle pertiche mai viste. Persino le suore sono fuori media. Io sono uno e ottantasei e quando ero alle superiori ero il terzo più alto della classe. Oggi, qui a Linate, mi sento piccolissimo ma forse ĆØ perchĆ©, nella fretta, stamattina ho dimenticato di prendere la pastiglia della pressione. Vorrei chiamare a casa e avvisare che ho le traveggole o che forse ho un attacco di panico incrociato con una di quelle fobie che ti mettono ko quando ti trovi al cospetto di un’opera di eccelso valore artistico oppure una costruzione gigantesca. Non stavo cosƬ male da quando mi sono trovato su un gozzo al largo della Tavolara a pochi metri da una nave da crociera. Anche la TV ĆØ proporzionata a questo standard, non so quanti pollici di risoluzione possa vantare ma di sicuro in casa mia occuperebbe l’intera parete del salotto. Si vede nitidamente anche dal fondo del settore degli arrivi. Non ci crederete ma ĆØ sintonizzata su un canale mai sentito che si chiama Telesia e sta trasmettendo l’oroscopo. Mi viene da controllare che sia davvero il 2022 e non il medioevo. Poi comincia un notiziario approssimativo spacciato per notizie flash che ci ricorda che si stanno avvicinando le elezioni più pericolose della nostra storia, cosƬ comprendo che il fatto di sentirmi cosƬ ĆØ sicuramente dovuto a quello.

milano

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Cascina Merlata ĆØ un quartiere decisamente suggestivo. Ricorda uno di quei rendering che gli studi fighi di architettura pubblicano sui social e sulla cartellonistica presso gli uffici vendita per commercializzare i loro progetti, con gli omini finti che stanziano negli spazi comuni. Tra aspettative e realtĆ  c’ĆØ spesso un margine di differenza dovuto a svariati fattori ambientali che condizionano poi la fase costruttiva e l’effettivo utilizzo dei complessi. In questo caso, invece, il risultato – in quanto a virtualitĆ  – ĆØ addirittura superiore alla più realistica delle anteprime digitali. Ho giĆ  sentito più persone definirla scherzosamente Hong Kong e non vi biasimo. L’alternanza di grattacieli progettati con tutti i crismi in chiave green a spazi verdi per la socialitĆ  ricorda i paesaggi di certi quartieri dormitorio delle megalopoli orientali, quelle che abbiamo visto deserte nei servizi dei tg a ridosso dell’esplosione della pandemia. La fredda perfezione degli agglomerati urbani ecosostenibili trasmette infatti una modernitĆ  priva di anima. Manca infatti ancora la componente umana che poi dovrebbe funzionare da collante tra l’ambiente come ĆØ stato pensato sulla carta (anzi, sul modello BIM) e la quotidianitĆ .

Transito nei pressi del nuovo quartiere di Cascina Merlata ogni giorno in auto per andare a scuola, anche se lo attraverso da sotto, e l’effetto della skyline multicolore prima di inabissarmi nella galleria sotto la rotonda non ĆØ per niente male. Poi ho trascorso una serata al Mare Culturale Urbano, qualche giorno fa – abbiamo festeggiato il 92 di mia figlia alla maturitĆ  classica – e ho avuto la conferma di tutte le emozioni che il posto mi ha suscitato a distanza. C’era davvero un sacco di gente a cena, famiglie e comitive con pargoli al seguito che consumavano la pizza d’asporto sulle panchine del parco e giovani che approfittavano della vasta offerta di birre, il tutto con il contrasto che ci si aspetta in un sobborgo due punto zero di periferia, ovvero le strade intorno – ancora in fase di cantiere – deserte.

Ho parcheggiato su un ampio marciapiede in prossimitĆ  di un edificio in costruzione e, in risposta, ho trovato un volantino di un comitato di quartiere sul parabrezza in cui venivo giustamente redarguito circa lo scarso senso civico del gesto. A Milano ĆØ la (pessima) norma. Per questo ho apprezzato l’iniziativa. Ho immaginato la ronda di proprietari dei nuovi appartamenti che, con l’obiettivo di prevenire abitudini selvagge in una zona che si prospetta ad altissima densitĆ  abitativa e di fruizione nel prossimo futuro, scoraggia in partenza gli analoghi fenomeni di degrado urbano provocati dal popolo degli apericena che giĆ  hanno reso infernale la vita del centro e delle altre zone afflitte dalla gentrificazione. Chiamatela come volete, ma a me la delocalizzazione del divertimento di massa mi sembra tutto sommato un modello vincente per abbattere la pressione in centro. Fatevi un giro in zona Bicocca. Nonostante l’universitĆ  e gli uffici, ĆØ un mortorio. Cascina Merlata ĆØ altrettanto periferica e il rischio di dimenticarsene ĆØ reale. La differenza ĆØ che ĆØ stata oggetto di pianificazione più attenta (e più attuale) e per mantenere un equilibrio tra vivacitĆ  e movida le iniziative di prevenzione possono risultare efficaci.

La sera successiva ho partecipato a uno spettacolo di “Estate al Castello” e, al termine della formidabile piĆØce di Corrado d’Elia su Beethoven, ho avuto l’opportunitĆ  di valutare l’esperienza di Cascina Merlata mettendola in confronto con il centro, i milanesi doc, i turisti e tutto il resto. Ogni metropoli ĆØ fatta cosƬ, con parti che non si somigliano tra loro e quartieri nuovi di pacca che invece sembrano tali e quali a zone che abbiamo fotografato in altre cittĆ  in Europa e nel mondo. Territori di mezzo che fanno da tramite ad altre aree inglobate nei comuni del circondario per poi assottigliarsi per confondersi con un centro diverso. Piccoli paesi che ingenuamente rivendicano una loro identitĆ  ma dei quali ormai, giĆ  oggi, resta quasi nulla, impigliati senza ritorno nella tela della metropoli che segue il suo corso naturale. Tutti aspetti che, però, rendono Milano ancora più affascinante. Io, da qui, spero di non andarmene mai più. E, se avessi saputo, sarei arrivato prima.

l’assedio

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Peggio di un trasloco c’ĆØ solo la combinazione estate più calda di sempre più lavori del 110%. Dal balcone di casa mia osservo avanzare inesorabilmente i ponteggi che, nel giro di due giorni, raggiungeranno il mio piano, lo fagociteranno e lo oltrepasseranno sino a ricoprire l’intera superficie esterna del condominio in cui si trova il mio appartamento come in un film dell’orrore, anche se potrebbero sembrare di più le riprese dell’assedio di un castello dell’antichitĆ .

Un’installazione che, una volta impacchettata con i teli anti-polvere, anti-calcinacci e anti-tutto, sarĆ  degna di un’opera d’arte di Christo. Vista in quest’ottica, ci sono cittĆ  che sembrano veri e propri musei outdoor di arte contemporanea, considerando il proliferare dei cantieri. Ho un amico architetto, per il quale il superbonus ĆØ più che una manna dal cielo, che mi ha fatto riflettere sull’iniziativa da un punto di vista a cui non ero arrivato, da solo. Sostiene che, malgrado possano apparire come opere unicamente a vantaggio dei proprietari di immobili, in realtĆ  le riqualificazioni dei condomini privati sono a beneficio di tutti. Dei risparmi energetici che consentiranno ne raccoglierĆ  i frutti l’intera collettivitĆ  e, soprattutto, i nostri figli. E lo so, fa un po’ ridere ma ve la riporto as is.

Il fatto ĆØ che se vivete dentro a una di queste performance edilizie sono certo che, come me, avrete la sensazione di trovarvi in un cerchio dantesco. I lavori del 110% nell’estate più calda di sempre significa smantellare i condizionatori e tapparsi in casa. Chi pratica il telelavoro scoprirĆ  che trapani e martelli non rendono certo smart l’esperienza di produttivitĆ  domestica e si precipiterĆ  a gambe levate ad affrontare i ritardi dei mezzi per raggiungere a tutta birra l’ufficio.

Il balcone, che in estate ĆØ la zona di casa mia più frequentata, a breve sarĆ  impraticabile. Abbiamo giĆ  sgomberato le piante e il tavolo su cui pasteggiamo nella speranza di trovare un po’ di ristoro dall’afa. La lettiera della gatta ĆØ tornata dentro e la libertĆ  di girare conciati come si vuole o nudi per casa ora ĆØ fortemente limitata dal continuo passaggio dei carpentieri.

Ma ci sono conseguenze molto più serie. Gli interventi cosiddetti trainati ci costringeranno a disallestire intere pareti per permettere la realizzazione di tracce e impianti, a partire dal muro del salotto su cui poggia il mobile – il mio regno – che contiene l’impianto stereo e la mia collezione di ellepƬ. Questo significa che, a valle di tutto, ci sarĆ  un terzo tempo in cui saremo costretti a pulire casa da cima a fondo e tinteggiare i vani.

Per questo vorrei chiudere gli occhi e svegliarmi tra sei mesi, quando si prevede che sarĆ  tutto finito. Io, vi confesso, non mi sarei mai imbarcato in un’impresa di cosƬ vasta entitĆ . Passo moltissimo tempo in casa e non poterne usufruire mi comporta un disagio senza confronti. Non so davvero che pesci pigliare. Vedere una delle cose a cui tengo di più oggetto di una ristrutturazione che la debiliterĆ  per cosƬ tanto tempo (e che sono certo ne migliorerĆ  il valore ma a quale prezzo) mi fa star male.

alla spina

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Ā«Era meglio se le riempivi di birraĀ», mi ha detto quello del terzo piano. Ci siamo incrociati sotto casa. Io avevo appena fatto il pieno alla casa dell’acqua, due cestelli per dodici bottiglie in tutto, metĆ  frizzante e metĆ  naturale. Con questo caldo, la scorta sufficiente per nemmeno un paio di giorni. Lui non lo so dove fosse diretto ma tanto lo incontro sempre, ogni volta che scendo. Tutti lo incontrano sempre qui intorno, e non sono l’unico che ha smesso di parlare di coincidenze – tenete conto che, malgrado abbia pochi anni più di me, ĆØ giĆ  in pensione da un po’. E il fatto che sia stato arrestato per essersi messo a sparare con il fucile ad aria compressa in mutande sul balcone della cucina può anche non essere un caso.

Al mio dirimpettaio, quello del terzo piano stava poco simpatico anche prima di quella specie di mix tra una versione cosplay delle stragi USA e del trailer di Gomorra. Mi aveva mandato il link a un video contenuto in un articolo di un quotidiano locale, una di quelle testate su cui scrivono laureati in comunicazione o in lettere pagati a confezioni di patatine e cornetti industriali. In quel minuto scarso di riprese amatoriali cosƬ mosse da mettere alla prova anche lo stomaco di un appassionato di rafting l’ho visto anch’io, in piedi tra i convenuti, annuire con il mento al comizio di un pezzo grosso della Lega in occasione della chiusura della campagna elettorale delle ultime comunali. A onor del vero c’erano altre persone riconoscibilissime, a partire da due compagne delle medie di mia figlia proprio sotto il palco, due ragazze con cui, per fortuna, si sono perse di vista. Ma quello del terzo piano era fin troppo evidente, alto com’ĆØ, a sovrastare il resto della folla nel centro della piazzetta.

Chi ĆØ stato intervistato dopo il suo arresto (prima di essere portato via si era messo un paio di bermuda con i tasconi), però, non ha potuto far altro che testimoniare di non aver mai notato comportamenti sospetti e che, come dicono i testimoni della cronaca nera nei servizi dei veri telegiornali, salutava sempre. Nessuno ha raccontato di come riuscisse a rigare di nascosto le automobili di chi non gli andava a genio con la sola forza del pensiero. Ci sono prove?, chiederete voi. Eccome. Quello del terzo piano, in linea con la sua visione distorta di come funziona la vita di societĆ , ha installato alla finestre una webcam puntata sul parcheggio condominiale per controllare il suo camper, senza avvisare nessuno ma vantandosene con tutti. Quando mi ha chiesto di sistemargli il driver del lettore DVD esterno del suo pc desktop ho dato un’occhiata all’hard disk e sono riuscito a sbirciare qualche file tra gli svariati giga di girato. In uno lo si vede chiaramente, in piedi nel parcheggio, ruotare la faccia come se avesse in bocca un pennarello e stesse scrivendo forza Milan da qualche parte, la stessa incisione che si ĆØ ritrovato il suo principale avversario del palazzo, il vecchietto del secondo piano, sulla portiera della Yaris.

Loro due hanno una storia di rivalitĆ  degna dei battibecchi tra Paperino e Anacleto Mitraglia e che risale a quando il vecchietto del secondo piano svuotava la cassetta della posta condominiale di tutti i volantini dei supermercati e lui, quello del terzo piano, tornava a riempirla con la scorta di cartaccia che conserva nel box e che riesce a spostare – dal box alla cassetta della posta – proprio grazie a questa specie di superpotere. Di questo, però non c’ĆØ traccia nei video, almeno non in quelli che sono riuscito a guardare, ma non sono l’unico a sospettare che sia opera sua.

Io poi, lo sapete, sono uno che sta alla larga dai guai e cerco di mantenere buoni rapporti con tutti. Mi ha colpito però la sua necessitĆ  di relazionarsi con persone di sesso maschile usando le solite battute trite e ritrite sulle donne: il modo in cui conducono l’automobile, i luoghi comuni sulla gestione domestica, cose cosƬ. Oppure quando torno con la spesa e mi dice di lasciargli le buste davanti alla sua porta d’ingresso. Stessa cosa quando scendo per ritirare del cibo d’asporto: che pizza mi hai preso?, mi chiede. Ripeto: sono rarissime le volte in cui non lo si incontra. Spesso lo vedi fare finta di chiamare qualcuno e usare lo smartphone come un escamotage per evitare le conversazioni. Un sistema che, se devo essere sincero, uso anch’io e che mi ha messo al riparo più di una volta da situazioni sconvenienti.

Comunque, quando mi ha fatto intendere che sarebbe stato decisamente più utile avere un distributore gratuito comunale di birra alla spina piuttosto che di acqua, non avrei mai pensato che sarebbe stato capace di un miracolo di tale entitĆ . E anche se non si hanno prove che sia stato lui, la notizia ĆØ rimbalzata ed ĆØ stata condivisa su tutti i social a partire dalla pagina Facebook della comunitĆ  del mio paese. Una casa dell’acqua che, di colpo, si ĆØ trasformata in casa della birra, la birra del sindaco. Ci siamo precipitati in bici, io e il mio dirimpettaio. Il distributore ĆØ a poche centinaia di metri da qui. Ma quando ĆØ stato il nostro turno usciva solo della schiuma, proprio come quando nei pub il fusto ĆØ agli sgoccioli.

tutto intorno

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Milano dĆ  il meglio di sĆ© in estate e in quello che forse erroneamente chiamiamo hinterland, inteso come l’insieme di comuni dell’area metropolitana privi di un’identitĆ  locale in quanto nell’orbita del lavoro, delle scuole, degli ospedali e dei servizi culturali della cittĆ  e che, se vogliamo usare il termine non in lingua italiana più appropriato, dovremmo tradurre con outskirt, i sobborghi. Il paradosso ĆØ proprio questo: nel posto dove vivo non c’ĆØ niente, ma mi basta spostarmi a Dergano – quartiere periferico a nord-ovest e a cinque minuti da qui – per trovare un’animata comunitĆ  e iniziative e ambienti gremiti di gente che vive al meglio il posto in cui abita. Nelle settimane che precedono il consueto esodo agostano, soprattutto nelle sere prefestive e festive, una categoria di persone a sĆ© degna di venire immortalata con foto o scritti come questi ĆØ composta da quelli che camminano nei non-luoghi come il mio paese con la stessa noncuranza come se si trovassero a Sestri Levante, a Cervia, a Senigallia o ad Alghero. Sabato sera ho raggiunto un rinomato ristorante greco d’asporto a qualche km da casa mia e, lungo il tragitto, ho notato coppie a spasso, famiglie precedute da bimbe in monopattino, e addirittura un bar aperto su una strada anonima di quartiere dormitorio che aveva allestito un vero e proprio apericena trionfale con un buffet gremito e musica tanto quanto i locali del centro. Mi piace questa reazione allo stare in casa a vedere la nuova stagione di Stranger Things. Ero in auto con mia figlia e ci siamo confrontati su quella realtĆ  ai margini dell’idea che si ha di una metropoli come Milano. A lei piacerebbe fotografare quel genere di circostanze e di umanitĆ , e io non mi sono tirato indietro dal tentativo di spronarla per provarci.

ex macchina

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Una delle cose belle quando giri per concessionari a raccogliere preventivi di auto – che poi non ti potrai mai permettere, anzi parlo per me, che poi non mi potrò mai permettere – ĆØ imparare i nomi dei colori dei nuovi modelli. Un’operazione di marketing emozionale che non ha eguali. Non so chi sia l’inventore di sfumature come il Chalk White, o il Lake Silver, oppure il Dark Knight, o ancora il Phantom Black, per non parlare del Tangerine Comet, dell’Acid Yellow. E poi il Pulse Red, il Blue Lagoon, il Velvet Dune, il Ceramic Blue, il Galaxy Grey, l’Ignite Flame, l’Atlas White, il Dive in Jeju, il Cyber Grey, il Surfy Blue, il Misty Jungle, l’Engine Red, il Shimmering Silver, il Teal, il Silky Bronze, il Sunset Red, fino al Serenity White.

Poi scopri che, di fronte ad acquirenti poco abbienti come il sottoscritto, ĆØ meglio trasmettere la sensazione dei colori più complessi con i classici canna di fucile e carta da zucchero. Un venditore mi ha prospettato anche la possibilitĆ  di una pronta consegna – saprete meglio di me che per acquistare un’auto nuova ci vogliono tempi che nemmeno nell’ex URSS – ma di colore grigio guardia di finanza. Una bella metafora perchĆ© rende velocemente l’idea della tonalitĆ  in questione e, a quelli della mia generazione, crea un link diretto con l’insipido blu polizia di un giorno di pioggia, in auto con i Subsonica del 97.

E la cosa buffa ĆØ che incrocio, ogni mattina, una Fiat Panda proprio di quel colore lƬ che riporta, dietro, una vistosissima pubblicitĆ  di un’impresa di sicurezza privata dal naming e dall’iconografia oltremodo nazifasci. Ma non mi sento affatto ferito nell’orgoglio perchĆ©, proprio grazie a mesi di benchmarking, ora sono il fortunato proprietario una macchina nuova che ĆØ talmente moderna che, al momento, ritengo forse il miglior ambiente in cui mi piace vivere dopo il divano della sala, ma solo perchĆ© ĆØ ubicato di fronte al mio impianto stereo e contestuale collezione di trentatrĆ© giri.

Si tratta di un’auto pazzesca – il colore ĆØ un banale blu notte ma era l’unica disponibile in tempi rapidi – dotata di una sua intelligenza di molto superiore alla mia e a quella di svariate persone che conosco. Frena e accelera quando ĆØ più necessario. L’abitacolo ĆØ dotato di un micro-climatizzatore che si può programmare per ogni passeggero. Appena mi avvicino sblocca le portiere e si connette con il mio smartphone. I sedili si riscaldano o si raffreddano a seconda del bisogno e luci si accendono e si spengono come cazzo vogliono loro, seguite a ruota da tergicristalli cosƬ sensibili che partono in autonomia appena c’ĆØ un goccio di pioggia.

Quando si ferma non fa nessun rumore, cosƬ mentre sono in coda al volante guardo dietro. Lo spazio a disposizione mi rassicura cosƬ tanto che fa emergere la mia ossessione per le case piccole, la stessa che mi fa da sempre desiderare di vivere in un camper ma non uno di quelli giganteschi. Mi basterebbe anche un furgone con dietro una customizzazione utile a dormirci. C’ĆØ una cosa che mi fa venire i brividi e ora ve la racconto. C’ĆØ un punto di confine tra Italia e Francia, una strada sulle Alpi che si apre su uno spiazzo in mezzo a monti brulli, che vado a sbirciare con Google Street View quando ho voglia di staccare dalla routine. CosƬ, quando sono in auto e mi volto ad ammirare quella che potrebbe essere una vera e propria mini casa mobile, immagino di fermarmi in quel parcheggio sui monti, abbattere i sedili posteriori e sdraiarmi lƬ su un materasso per passare la notte e attendere l’alba. Poi però ĆØ subito il momento di ripartire. Basta premere con dolcezza l’acceleratore – la mia nuova auto ha il cambio automatico – per riaccendere il motore e riprendere il viaggio, lo stesso viaggio di ogni giorno.

super

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Per prendere con ironia il posto in cui abito dico che vivo in un appartamento con vista su un benzinaio Total, il che ĆØ vero anche se da qualche mese ha cambiato brand e ora, di notte, ĆØ illuminato con un sistema di neon color arancio ancora più sgargianti. Casa mia si trova alla periferia di un paese di periferia, sono a poco più di un km dal cartello che dĆ  il benvenuto a chi arriva a Milano, e mi piace riferirmi in questi termini quando parlo con i miei vecchi amici liguri delle rispettive vite. Loro hanno case sul mare e fanno lunghe passeggiate alla sera con il cane sulla spiaggia, e per non farli sentire in colpa della loro fortuna cerco di sembrare amareggiato della scelta che ho fatto e ometto riferimenti ai dieci km quadrati di parco con i boschi e i laghetti che ho a qualche minuto da qui, il modello di raccolta differenziata dei rifiuti con i contenitori chiusi nei condomini – un approccio che toglie di mezzo i cassonetti in strada e tutti i roditori che li frequentano, il sistema sanitario efficiente, l’edilizia scolastica ecosostenibile, il mercato del lavoro che ti fa abbandonare le passeggiate alla sera con il cane sulla spiaggia – da cui comunque si vedono le ciminiere della centrale termoelettrica e numerosi cargo che transitano al largo in arrivo e in partenza dal porto commerciale, peraltro proprietĆ  dei cinesi – perchĆ© comunque uno stipendio serve, la banda larga e altre facilitazioni della vita di questo tipo, per non nominare i soliti luoghi comuni degli eventi culturali, i concerti eccetera.

Ci sarebbe poi qualcosa da dire sull’architettura, per chi ĆØ appassionato come me. Anche la promiscuitĆ  di edifici residenziali e industriali ĆØ una peculiaritĆ  di questa parte dell’hinterland. A me non dispiace ed ĆØ molto più curata di certi capannoni diroccati con le reti del letto arrugginite usate come cancelli che si vedono nei posti dove sono nato.

Proprio a fianco del benzinaio – che poi non ĆØ proprio qui davanti ma leggermente più in lĆ  –  c’ĆØ uno stabilimento a cui si accede da un cancello industriale che dĆ  sul parcheggio dietro casa mia. Non ho ancora capito che azienda sia, l’impressione ĆØ che sia uno spazio in comune tra più imprese ricavato dalla sede di una fabbrica che non c’ĆØ più. Dal parcheggio condiviso si accede al benzinaio attraverso un sentiero in terra battuta che scorre all’interno di un’aiuola.

Si tratta di un passaggio piuttosto frequentato perchĆ© il benzinaio comprende anche un bar con tanto di tavolini all’aperto con vista sulle pompe di carburante. La cosa che mi sorprende ogni volta ĆØ che c’ĆØ sempre gente seduta ai tavolini, come se fosse un locale in Via del Corso. Gente che fa colazione, mangia un tramezzino in pausa pranzo, beve il caffĆØ, prende l’aperitivo. La strada su cui si trova il benzinaio ĆØ una specie di tangenzialina che impedisce al traffico da e per Milano di attraversare il centro del mio paese, quindi non ĆØ un certo un posto che invita a una sosta. Gli avventori del bar del benzinaio però non sono solo i clienti o i camionisti. Lo so perchĆ© riconosco gli impiegati che lavorano nello stabilimento a cui ho fatto cenno prima che, ribadisco, non so in che settori operi. Sul cancello non c’ĆØ scritto nulla.

Ieri sono passato a piedi lƬ davanti, malgrado la pioggia e il rischio di essere lavato da qualche veicolo in transito sulle pozzanghere ai lati della strada. Cento metri più avanti c’ĆØ un piccolo discount a cui mi rivolgo quando mi manca qualcosa di urgente e non ho voglia di prendere l’auto per andare alla Coop. Sono passato da lƬ, era il tardo pomeriggio, e ho notato un ragazzo vestito in completo business uscire dal cancello di quello che ho sempre creduto essere uno stabilimento, accompagnato da quattro ragazze molto belle, molto alte e molto in tiro, addirittura con calzature dai tacchi molto alti che, su quel sentiero in terra battuta, hanno messo alla prova il loro equilibrio e il loro portamento. C’era fango ovunque e bastava allungare un po’ il percorso sull’asfalto, seguendo il contorno dell’aiuola, per evitare quel disagio.

Il ragazzo le ha condotte verso il bar del benzinaio e, con fare cavalleresco, ha aperto loro la porta del locale che, potete immaginare, dentro ĆØ poco più di uno stanzino. La cosa mi ha sorpreso e ho proseguito per la mia strada, mi mancava la passata di pomodoro per preparare le polpette al sugo, e ho pensato che quella fosse una situazione su cui avrei potuto scrivere qualcosa. Cosa ci facevano quattro ragazze immagine – non erano modelle ma potevano appartenere a quella zona grigia di persone che lavorano con la loro bellezza ma non sono abbastanza raffinate per l’alta moda, non so se mi sono spiegato, tipo le hostess che si vedono agli eventi aziendali – in un posto cosƬ, mi sono chiesto.

Ho pagato i 45 centesimi della passata di pomodoro con il bancomat e ho percorso il tragitto a ritroso. Quindi ho sbirciato ancora dentro alla vetrine del bar. I cinque erano seduti all’unico tavolino all’interno, un tavolino alto in plastica con il brand di una marca di gelati circondato da sgabelli alti e un po’ pretenziosi, sorseggiavano flute di vino bianco con le bolle e sgranocchiavano noccioline dozzinali. Nel frattempo ĆØ passata un’ambulanza a sirene spiegate, io ho accelerato il passo per saltare in un punto in cui non avrei rischiato una lavata di acqua piovana stagnante che avrebbe sicuramente rovinato il momento.