a voi l’onore di rimuovere la trave

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In rete c’è un articolo di un appassionato di musica come me – di qualche tacca più importante – che ha pubblicato la recensione di un disco di cui ho scritto anche io da poco sul portale con cui collaboro (il portale è questo qui) e che inizia con uno strafalcione grammaticale piuttosto rivoltante. Ma chi sono io per correggerlo o anche solo per fargli notare lo scivolone, visto che in questo blog degli orrori di errori ce ne sono a bizzeffe e notate che avrei potuto scrivere “ce n’è sono a bizzeffe” così vi si sarebbe presentata una ghiotta occasione per mettermi alla berlina già dal primo interminabile periodo che però ho deciso di chiudere qui.

Oggi infatti vorrei sottoporvi qualche considerazione in merito a quelli che non resistono dal farci capire che hanno notato le nostre debacle grammaticali. Spesso mi viene lo stesso prurito che porta alcuni di voi a intervenire, poi però apro un articolo del mio blog a caso e trovo la svista in bella mostra, la ripetizione che mi è sfuggita che mi è sfuggita (bella questa) o l’accento in un verso che andava messo nell’altro – perchè non lo so – quindi conto fino a dieci e poi cancello il commento, perché tanto si rischia di non centrare l’obiettivo (dovevo scrivere c’entrare l’obiettivo e sarebbe stato pazzesco) e per di più di farsi inutilmente dei nemici. So anche che, per fare un altro esempio e finire con il botto, sarei potuto usare meglio i verbi servili.

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