le sfighe di Easttown

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Le famiglie di Easttown, Pennsylvania, sono un condensato narrativo del peggio della società statunitense ma del meglio della narrativa americana. In poche villette da pochi metri quadrati convivono parenti stretti segnati da alcolismo, droghe di varia natura, suicidio e pedofilia, temi saggiamente miscelati con tutto quanto sia in grado di mandare in tilt qualunque genitore a partire da figlie che diventano madri da adolescenti, violenza dentro le mura di casa, maniaci che rapiscono le ragazze, possesso e uso disinvolto di armi, sindrome di Down, bullismo. La serie TV che raccoglie tutto questo è “Omicidio a Easttown”, con Kate Winslet, che già si candida a serie TV dell’anno. Trama e sceneggiatura sono densissime, nel senso che qualunque altro regista avrebbe ricavato il doppio degli episodi diluendo la storia e perdendo per strada tutti quegli spettatori come il sottoscritto che, al secondo o terzo episodio di qualunque cosa, quando capiscono che la serie mena il torrone spengono la tele e passano ad altro. “Omicidio a Easttown” si compone invece di sole sette puntate da un’ora circa ciascuna. Il ritmo è serratissimo e il tempo vola sino alla soluzione del caso, che ovviamente non spoilero anche se ne avrei tanta voglia perché sino alla fine è tutto un plot twist ma vedrete che non c’è nulla di forzato. La narrazione vi accompagnerà lungo una storia in cui i personaggi si trovano perfettamente a loro agio perché delineati con maestria e coerenza. E le disgrazie concentrate in così poche persone vi convinceranno a osservare con occhi più indulgenti le piccole questioni che vi gettano nell’ansia e vi posticipano il sonno. Nessun essere vivente normodotato sopravvivrebbe al carico emotivo di Mare Sheehan, la protagonista, a cui d’ora in poi potremo pensare come al supereroe più umano del mondo occidentale e di quel concentrato di società a stelle e strisce di provincia che ci piace tanto veder soffrire nei film che prevedono la redenzione finale. “Omicidio a Easttown” è una serie TV da dieci e lode, o da cinque stelle piene, se vogliamo attestarci ai criteri più diffusi della critica cinematografica. E, se fosse un libro, sono certo che lo divorerei con altrettanta foga.

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