punti di non ritorno

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Ho guidato fino a Torino e, appena entrati in città, Raffaele ha acceso l’autoradio e siamo rimasti tutti sorpresi perché trasmettevano una nostra canzone. Suonavamo la sera stessa e la cosa ci è sembrata di buon auspicio. La coincidenza non poteva passare inosservata. Ho accelerato per raggiungere gli altri sulla station wagon di Claudio che ci precedeva e qualcuno seduto dietro di me, non ricordo chi, si è sporto dal finestrino per avvisare il resto della band mentre io ci davo dentro con il clacson. Al semaforo ci siamo affiancati alzando il volume al massimo. Era quasi l’ora di cena e c’era abbastanza traffico per dare nell’occhio. Al locale poi ci hanno trattati benissimo, non tanto perché eravamo musicisti quanto per la curiosa omonimia tra chi preparava i piatti e il nostro batterista, entrambi calabresi. Hanno parlottato un po’ con il cameriere e poi ci hanno fatto trovare un po’ di erba nel vassoio con i caffè. C’era persino l’albergo prenotato dal tour manager ma quelli in macchina con me hanno votato per tornare a casa dopo il concerto, dandoci il turno per evitare i colpi di sonno. Sotto casa, prima di spegnere il motore, ho provato di nuovo il giochino dell’autoradio ma c’era “Five o’clock in the morning” dei Village People, comunque in linea con l’ora del rientro ma molto distante dal mio stato d’animo.

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