il bosco

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Le copie dell’Inferno e del Paradiso su cui ho studiato le conservo tutt’ora. Sono le edizioni commentate da Natalino Sapegno, pubblicate da La Nuova Italia e acquistate al prezzo di 4.500 lire. All’Inferno, per dire, manca persino la copertina da quanto l’ho maneggiata (poco) al liceo e (tanto) all’università. Come dice la prof di italiano di mia figlia, Dante è un evergreen e non si butta via niente, a maggior ragione in quello che sta per diventare il suo anno. Ne ha parlato durante il primo consiglio di classe aperto la scorsa settimana. Una mamma ha chiesto se si potessero vendere i libri di terza e ogni docente ha detto la sua. L’insegnante di scienze non ha avuto dubbi: il testo della sua materia non servirà quest’anno ma non è servito nemmeno lo scorso perché ha ritenuto di non doverne fare uso. Un genitore è giustamente intervenuto chiedendo il motivo per cui, allora, ne è stato richiesto l’acquisto. La professoressa ha sottolineato che il libro era stato scelto dal docente che l’aveva preceduta ma, secondo il suo punto di vista, non lo riteneva adatto e, comunque, un testo i docenti sono tenuti obbligatoriamente a indicarlo nell’elenco dei libri di cui gli studenti devono dotarsi.

Da addetto ai lavori mi sono chiesto il motivo di tanta rigidità, a maggior ragione se ha effetto sulle tasche delle famiglie. Cosa vuol dire che il docente deve obbligatoriamente fornire un titolo? Ai tempi di Internet e delle risorse condivise è un ragionamento che fa acqua da tutte le parti. Mia figlia, lo scorso anno, ha studiato chimica su materiale autoprodotto dall’insegnante e la scuola, di questo, ne dovrebbe tener conto. Se ti ritieni un docente sufficientemente completo e autorevole da non aver bisogno di nessun supporto di altri dovresti fermare i genitori in tempo prima di sprecare dei soldi. A me, poi, chimica fa così schifo che devo aver impresso questa convinzione nel mio DNA tanto che mia figlia non è da meno. Non a caso ha scelto il liceo classico dove, invece, la Divina Commedia è bene conservarla tutta la vita e sia io che lei del libro di chimica, se non fosse che è intonso, faremmo volentieri un falò.

L’insegnante di italiano ha confermato, per la quarta, l’edizione del Purgatorio commentata da Umberto Bosco e Giovanni Reggio e meno male che ho controllato di quale edizione fossi in possesso, prima di aggiungerla all’elenco dei testi da acquistare. Nel mezzo dei due sottili Sapegno, sullo scaffale, c’era proprio un voluminoso Purgatorio di Bosco-Reggio. Il fatto è che il prof con cui ho preparato l’esame di Italiano II, del Sapegno non ne voleva sapere e, credetemi, non è solo un gioco di parole, e io me ne ero completamente dimenticato. L’ho estratto da lì – un formato molto meno elegante degli altri due volumi – e appena l’ho sfogliato si è aperto un varco verso una dimensione che non potete nemmeno immaginare e il viaggio di Dante nei mondi ultraterreni non c’entra nulla. Molto più prosaicamente, correva l’anno 1987 e da qualche tempo stavo con una ragazza che faceva ancora le superiori. Frequentava ragioneria, non amava particolarmente la letteratura e così, per preparare Italiano II, mi aveva fatto dono della sua copia. Probabilmente avrebbe venduto la Divina Commedia alla fine della quinta a qualche altro aspirante contabile. In più non era un anno di Dante, e la possibilità che si iscrivesse a Lettere era ancora più remota.

Prima di consegnare il Bosco-Reggio a mia figlia ho notato però la vistosa dedica che quella ragazza aveva scritto a penna nella prima pagina bianca del libro. Una romanticheria da adolescenti stemperata nell’ironia, nel suo stile, in cui dichiarava di aver acquistato quel volume proprio lo stesso anno in cui aveva conosciuto l’uomo della sua vita.

Ma, sapete, il tempo passa e gli amori anche. Superato l’esame, il Purgatorio di Bosco-Reggio è finito tra gli altri due tomi dell’opera dantesca che mi ha seguito nei numerosi traslochi e lungo le diverse fasi della vita fino ad oggi, nelle mani di una sedicenne del duemila e venti che si appresta ad affrontare un nuovo anno scolastico tra mille difficoltà. Un paio di anni dopo l’esame di Italiano II, quella ragazza si legò al mio batterista, mettendo fine a una storia decisamente significativa e a una band tutt’altro che promettente. Resta solo un dilemma, tutt’ora insoluto, a cui ancora oggi non so rispondere: che fine ha fatto il Purgatorio del Sapegno?

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