disimparare

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Non metto più le mani con assiduità su uno strumento musicale a tastiera da dieci anni. Così succede che quando me ne trovo uno in prossimità scoperchiato, acceso o collegato a un impianto mi viene da posizionare le dita pronte a suonare un accordo complesso con settima, nona, undicesima e via dicendo distribuito insieme alle altre note tra le due mani, proprio come mi insegnava il mio maestro di jazz, e vedere l’effetto che genera. Se il suono che ne esce ricorda il pianoforte mi precipito con la mano sinistra a riprodurre la parte di basso di “So What?” di Miles Davis e la relativa risposta corale con entrambe le mani. Ultimamente però faccio sempre più fatica a eseguire questa manciata di note in modo corretto. La stessa pressione sui tasti varia da dito a dito, per non parlare della precisione e la difficoltà ad arrivare alla sedicesima battuta senza nemmeno aver urtato una nota che non c’entra. Suonare non è come andare in bici o nuotare. Purtroppo è una pratica che, appunto senza praticarla, si disimpara. Somiglia di più allo sport, al latino, al sesso. La tastiera di un pianoforte è lunghissima ed esercita un fascino indescrivibile, ma la consapevolezza di non essere più in grado di controllarla è frustrante. E non è facile rimettersi in sesto. Anche le dita, come la testa, arrugginiscono.

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