wilco the sailor man

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Il nuovo video di Wilco con Braccio di Ferro e tutto il suo entourage è carino, il pezzo lo conoscete, immagino, per cui su Dawned On Me non mi pronuncio, tanto non riuscirei a essere oggettivo.

memori di Adriano

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Ma vi rendete conto di essere testimoni di una delle più grandi rivoluzioni culturali e sociali di tutti i tempi? Se avete all’incirca la mia età, potrete vantare ai posteri di aver assistito a evoluzioni storiche come il passaggio dalle cabine a gettoni all’iphone, dai televisori in bianco e nero ai Social Network, da Adriano Celentano a… Adriano Celentano. C’è qualcosa che non mi torna e che anzi, ecco cosa mi fa tornare in mente, la pubblicità che passava nelle radio locali di un noto negozio di abbigliamento, un messaggio che puntava tutto sulla tradizione: mio nonno vestiva da Mauri, mio padre vestiva da Mauri, io sono giovane e vesto da Mauri. Che nel nostro caso suonerebbe “a mio nonno veniva propinato Celentano in tv, a mio padre veniva propinato Celentano in tv, io sono giovane e devo subire Celentano in tv”.

E a dire la verità non ho capito bene che cosa sia successo perché, come direbbe Battiato – altro esempio di longevità – per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare quei programmi demenziali di infotainment, ma se la notizia poi passa al telegiornale la cosa si fa seria e dobbiamo farcene una ragione. Pare che ci sia un tira e molla tra il Clan e la Rai sulla partecipazione del loro guru a Sanremo. E questa frase raccoglie un po’ tutto il fallimento di più di una generazione, individui apparentemente cresciuti grazie a una lingua, una religione, una educazione civica comune che in realtà non hanno nulla che li unisce di più di un tipo di sottocultura pop, ma non nel senso sano di popolare come La bella gigogin, per dire. No. Quel pop di dominio della gerontocrazia dello spettacolo nazionale che trova la sua catarsi nel Festival di Sanremo.

Quindi nell’anno di grazia 2012, Adriano Celentano si presenta di fronte a telecamere e giornalisti facendo le sue mosse da molleggiato, le stesse che faceva nei musicarelli che vedeva mio nonno classe 1904 al cinema. Celentano accolto dai fans che lo inondano di flash e di mani da stringere, come negli eventi itineranti tipo il Cantagiro, in uno scenario in cui si auspica la sua presenza in uno spettacolo già discutibile di per sé, il Festival, davanti al quale milioni di persone assisteranno al suo show che non ho idea di come potrà essere. Canterà una canzone, parlerà di temi ambientali come li vede lui, farà uno dei suoi rock’n’roll con l’inglese inventato tipo prisencolinensinainciusol di cui facevamo la parodia alle elementari con “presi in culo un etto di acciughe”. Si sa, eravamo piccoli ed era il 1974, posso contare sulla vostra comprensione.

Sembrerebbe che dalle nostre parti i bambini nascano già con Celentano nel DNA, un elemento genetico che viene trasmesso al momento del concepimento dai genitori ai figli, se siamo così in pochi a stupirci che sia naturalmente accettato come un dato di fatto l’esistenza stessa di Celentano in uno show business nazionale (se non l’esistenza di Celentano tout court), e che anche se crescendo non ne abbiamo sentito parlare se non marginalmente, perché abbiamo letto o ascoltato di tutto fuorché quel tipo di prodotto culturale, si pensa che Celentano sia una istituzione che si deve tirare in ballo necessariamente quando occorre fare una sintesi di quello che c’è di buono in Italia. Il Festival, chi lo dovrà presentare, chi saranno le vallette, l’ospite da pagare profumatamente e che ti fa fare il salto di qualità. Una metafora molto più calzante del naufragio del Costa Concordia.

il post punk a fumetti

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Vorrei liquidare la polemica della t-shirt Disney vs Joy Division

con una degna risposta, se me lo consentite

uomini così poco allineati

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Anche io ho una canzone di Fossati che voglio ricordare pubblicamente, si tratta de “La musica che gira intorno” che mettevo sempre all’ultimo dei juke box prima che i juke box diventassero afoni. La mettevo perché c’era sempre meno musica decente, quell’anno meno che mai, e “La musica che gira intorno” rimaneva lì con il suo 45 giri come un pezzo di una bici legata a un palo in strada e ti meravigliavi del perché non avevano fatto sparire anche quel pezzo lì dopo il sellino, il manubrio e il fanale anteriore. Ma anche se ci fossero stati i brani partecipanti al Festivalbar al completo avrei messo lo stesso a ripetizione “La musica che gira intorno”, perché mi piaceva come iniziava e poi il fatto che tutti si giravano a vedere chi è che aveva messo ancora quella canzone, ed ero proprio io. Fino a quando, mimando una parte di chitarra con la mano destra sulla pancia e la sinistra a schiacciare un manico inesistente, ho sentito una voce piuttosto importante per me, in quel momento, dire che palle, come sei noioso, sei vecchio dentro, sembri un pensionato. Fine della storia. Sarai contenta oggi che anche Ivano Fossati va in pensione. Chissà se tu ci arriverai.

78.000 sterline

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Ogni tanto mi capitano quelli che io chiamo Genesis Day, che sono quei giorni in cui ho molto tempo libero e mi viene voglia di ripassare tutta la discografia della band inglese in vinile in mio possesso, dall’inizio alla fine e rigorosamente in ordine cronologico. Si tratta di momenti che è bene che mi capitino quando sono solo in casa, perché mia moglie non è tanto dell’idea e già sulla facciata A di Nursery Crime inizia a manifestare segni di insofferenza, quindi lascio consumarsi l’epico finale di The return of the giant Hogweed e rimando il secondo episodio della monografia a data da destinarsi. A nulla serve vantarmi dell’aver portato in dote addirittura l’edizione francese del disco, fatta a libro con i testi stampati a differenza dell’edizione più comune con i testi nella fascetta interna. O ricordarne l’anno di uscita, 1971, come se si trattasse di un miracolo il fatto che già allora si suonasse così, e le ho anche sottolineato il fatto che si tratta del primo album registrato con Phil Collins alla batteria. A quel punto mi sono chiesto che fine avesse fatto John Mayhew, che era stato sostituito subito dopo la pubblicazione di Trespass, ho così cercato in rete e mi sono fermato alla sua biografia su Wikipedia, che ho trovato davvero particolare. Leggete qui:

John Mayhew
È stato il terzo batterista (anche voce) dei Genesis, nel periodo tra settembre del 1969 e luglio del 1970. Sostituì il precedente batterista John Silver e fu a sua volta sostituito da Phil Collins. Suonò nell’album Trespass e nel box set Genesis Archive 1967-75.
Biografia degli anni seguenti.

Lasciati i Genesis, suona in diversi altri gruppi e nel 1979 va a vivere in Australia, esercitando la professione di falegname. Per molti anni si perdono le sue tracce. Nel 2006 partecipa a una convention di fan dei Genesis a Londra, suonando la batteria nel brano The Knife cantato dalla Tribute band ReGenesis[1]. Riceve dal management dei Genesis 78.000 sterline, quale ricavo per i diritti dalla sua collaborazione nel disco Trespass, che non aveva reclamato precedentemente. Vive gli ultimi anni della sua vita a Glasgow, in Scozia, lavorando quale falegname in una ditta di mobili. Un giorno prima di compiere i 62 anni, muore in ospedale a seguito di problemi cardiaci.

datemi un passaggio

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Guardate qui, un giochino carino per musicisti o musicofili: l’autore ha tagliato e isolato una serie di passaggi o intro di batteria da canzoni famose, il gioco sta nell’indovinare di quale brano si tratta, ovviamente. Ci sono altre due sessioni, qui e qui. Poi vi dico il mio punteggio, alcuni non li conoscevo proprio. Buon divertimento, e attenzione a non far cadere le bacchette.

mi fai stare bene

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Non c’è nulla di personale da parte mia contro Biagio Antonacci, comincio così queste futili righe di pensieri per mettere le mani avanti, e dal momento che fare gaffe è una mia specialità ci tengo a mantenere i buoni rapporti con tutti. Consideratela una forma di prevenzione per commenti di fan invasati scritti in caratteri maiuscoli e zeppi di punti di sospensione e punti esclamativi, tipo “CHI SEI PER CRITICARE BIAGIO…… NON VALI NEMMENO LO SPORCO DELLE SUE DITA DEI PIEDI!!!!11!!1!… PRIMA DI SPARARE SENTENZE INFORMATI!!!!11!!”. Il rischio di chi ha un hobby come il mio (sì, posso considerarlo un hobby) è di trovare sui propri passi qualche setta o singoli cani sciolti pronti a insultarti gratuitamente quando esprimi pareri personali perché sai che chi ti legge solitamente la pensa a grandi linee come te, quindi ti esponi liberamente convinto di poter ricevere solo encomi.

E la cosa bizzarra è che con Biagio Antonacci pratico una sorta di negazionismo, nel senso che nego la sua esistenza perché vi giuro non saprei dirvi un solo passaggio di una sua canzone tantomeno cantarne un refrain. Il titolo stesso del presente post, omonimo di un suo successo, l’ho trovato su Wikipedia, e l’ho usato perché mi sembrava attinente a quello che volevo esprimere. Biagio Antonacci mi risulta talmente anonimo che non escludo di aver potuto ascoltare qualche suo successo passato da quelle emittenti radiofoniche specializzate in nullità locali, ma così sui due piedi, senza fare un minimo di ricerca in rete, mi trovereste completamente spiazzato. E mi succede con pochi, gente del calibro di Gatto Panceri, Dolcenera o quegli avanzi di Amici o di X-factor tra i quali è raro trovare il personaggio in grado di emergere. Si, lo so, siete inorriditi nel veder il vostro idolo che comunque deve essere in attività da anni (confermate?) alla stregua di un qualsiasi vincitore di talent.

E sapete come so che c’è gente che è fan di Biagio Antonacci? Ho assistito in diretta a una serie di telefonate di una collega che prima ha concordato tutta fremente l’acquisto del biglietto di un suo concerto, poi ha preso accordi in modo eccitato il giorno stesso per recarvisi, quindi ha commentato dinanzi a tutti, parlando con un interlocutore misterioso, sperticandosi in lodi la performance il giorno dopo, e a giudicare dalla voce roca doveva aver supportato il suo beniamino vocalmente per l’intera durata della scaletta, e lì per lì mi sono chiesto come abbia fatto a non confondersi. Ma oggi, finalmente, la prova del nove: passo a fianco di una automobile in coda a un semaforo, la musica dentro a tutto volume con i finestrini chiusi, e una donna che canta a squarciagola interpretando perfettamente la sofferenza della melodia. Non capivo la struttura del pezzo, e grazie a mia moglie ho appreso che si trattava di un brano proprio di Biagio Antonacci. Io lo stavo confondendo con Nek, pensate un po’, e quando ho saputo la verità ho appurato che Biagio Antonacci, rispetto a Nek, è ancora più da sfigati.

giustizia in libertà

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Ne ho letto talmente male su Ondarock che mi sono subito ehm, come dire, procurato il nuovo lavoro dei Justice perché sono un amante dell’elettronica, non disdegno un certo progressive d’epoca, e non mi spiegavo un voto così basso in pagella. Chiaro che chi si aspettava qualcosa di simile a † posso immaginarne la delusione. Ma, onestamente, il daftpunkismo oramai è un po’ demodè, e allora perché non intraprendere questo moderno percorso a ritroso tra i più oscuri Rockets tendenti ai Tangerine Dream? Ogni tanto qualche rigurgito tipicamente Justice, nella ritmica soprattutto, viene a galla. Il risultato è più che originale, su questo possiamo starne certi.

s/t

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Mi ricordo bene Talk Talk dei Talk Talk, eccome se me la ricordo, They might be giants dei They might be giants e una di cui si sono dimenticati, ma che qualcuno nei commenti la cita, che è In a big country dei Big Country. Si parla, lo avrete capito, di gruppi che si sono intitolati canzoni, o canzoni che sono nate dal nome del gruppo. Un paradosso che è passato alla storia: è nato prima l’uovo o la gallina? Un dilemma vecchio quanto l’uomo, anzi quanto il pop, anzi quanto i polli. Qui, su Stereogum, i 20 più celebri casi di questo genere di omonimia. Io sono stato sincero, siatelo anche voi, sentitevi liberi di scrivere qui sotto quanti ve ne ricordavate e quali sono stati dimenticati.

ancora in orbital

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Se ti guardi indietro non sembra sia passato così tanto tempo, i novanta sono ancora vivi e palpitanti, sembra ieri anche perché in ambito musica elettronica non ci eravamo fatti mancare nulla. Se vi ricordate il duo britannico noto con il nome di Orbital sapete di cosa sto parlando, se ve li siete persi – ma dubito fortemente – sta per uscire un nuovo album che, ascoltando l’estratto qui sotto, promette bene.