almeno voi cercate di non arrabbiarvi

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Se cercate un coccodrillo filologico sul protagonista di “Io sto con gli ippopotami” avete sbagliato blog. Non sono un grande estimatore della stagione cinematografica che coincide con il periodo d’oro di Bud Spencer e il fatto che l’attore ottantaseienne ci abbia lasciato ieri, a parte l’aspetto comprensibilmente umano della perdita di una persona, non è sufficiente a farmi cambiare opinione o metro di giudizio. Non per questo non conosco i film che da ieri compaiono in numerose citazioni sui socialcosi o si vedono passare alla tv con il consueto e sacrosanto spirito commemorativo. Gli spaghetti western, i fagioli e gli angeli, gli sganassoni bonari che comunque sganassoni sono. Mio papà mi aveva portato al cinema a vedere “Altrimenti ci arrabbiamo”, come i genitori portano i figli a vedere i film, ed è questo il ricordo che associo ogni volta in cui qualcuno tira in ballo Bud Spencer. Sono certo che lo spettacolo mi avesse divertito come a tutti i bambini, era il 1974 e quel tipo di cinema accontentava abbondantemente i gusti senza pretese come il mio. Ricordo a malapena la trama e le vicende della celebre decapottabile rossa, ma la cosa che mi ha più colpito di quel film è il fatto di non consentire una collocazione geografica e temporale a tutti gli effetti. Al di là delle location scelte per le riprese, oggi facilmente rintracciabili su Wikipedia e su certi siti monografici, nel film non traspare alcun riferimento effettivo e riconoscibile al luogo in cui si svolge la storia. La mancanza di corrispondenza tra lo spazio cinematografico e la realtà, che a pensarci bene poi è proprio il bello del cinema e di quello che consente saperci fare con le macchine da presa, mi aveva lasciato un senso di disorientamento che provo ancora ora al cospetto di quei ricordi. Stessa cosa per la collocazione storica: i costumi senza tempo in contesti piuttosto vaghi come un luna park e la presenza di macchine d’epoca e di auto moderne come la Dune Buggy rende lo svolgimento della storia esageratamente vago, in una sorta di fantasy ma dai dettagli concreti del presente e del passato con l’aggiunta di elementi distopici, almeno per la sensibilità di un bambino. Trovo anche significativo che un cinquantenne faccia un post su suo papà che lo aveva accompagnato al cinema a vedere “Altrimenti ci arrabbiamo”, ma posso giustificarmi con la scusa che erano entrambi del 1929.

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