punk’n’roses

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Tra  il punk e l’hard rock c’è di mezzo il grunge, su questo siamo d’accordo tutti. Anche se alcuni ingredienti sono gli stessi, timbri decisi, toni forti, voci roche e tanto tanto distorsore, la differenza balza alle orecchie. Ma è stato proprio il grunge a confondere le prove, perché ai tempi del punk originale nessun metallaro avrebbe ammesso ascolti di gente che non sa suonare, mentre grazie al grunge è stato sdoganato quell’approccio un po’ cazzone tipico dei Ramones, per esempio. Ma, e più volte lo abbiamo appurato anche su queste pagine, quello che viene classificato come punk da due decenni a questa parte è suonato da musicisti tecnicamente più preparati e quelle trame a volte naif dei primi tempi come chitarre scordate, tutti fuori tempo, cantanti stonati sono andate perdute, in alcuni casi addirittura a clic in cuffia. E alla fine, e non si spiega il perché, storiche e veterane band hard rock hanno accettato nel loro repertorio anche rifacimenti di pezzi punk, ma si sa che il tempo stempera gli asti reciproci e si tende ad apprezzare aspetti di epoche lontane che gli integralismi post-adolescenziali mai ci avrebbero permesso di accettare. Poi, passati venti o trent’anni, pensi che tutto sommato anche quello che disprezzavi non era male. Avete mai sentito per esempio i Motorhead cantare i Sex Pistols? L’avreste mai detto? Un tempo i fans degli uni e degli altri se le sarebbero date di santa ragione. Io mi dissocio, naturalmente, da queste contaminazioni e a supporto della mia tesi vi suggerisco come esempio “New rose”, cavallo di battaglia dei Damned di Dave Vanian, rielaborato con una tecnica stucchevole dalle montagne di amplificatori di Slash e soci. Troppo perfettini per nostri gusti, nevvero?