prestare attenzione ai monitor informativi

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Fatemi una cortesia, perché capisco e apprezzo il vostro impegno e gli investimenti che effettuate nel tentativo di intrattenermi, ma davvero, non è il caso e ne farei volentieri a meno. E non è difficile riconoscere chi stanzia in spazi pubblici infastidito dalle voci in scatoletta, dalle musiche hollywoodiane e dai colori sgargianti che fanno a cazzotti con il retrogusto dei cornetti ripieni di conservanti riscaldati a cazzo nei microonde dei bar dei cinesi. Perché tutti siamo lì a guardarci intorno e scovare tracce di piacere individuale pronti a tacciare di faciloneria questo o quella solo perché reagisce alla pioggia con gli stivali di gomma o contribuisce a spremere intere popolazioni nordiche con una compulsiva domanda di algide storie noir rischiando il tracollo da sovraproduzione o, peggio, l’esaurimento di ogni vena commerciale. Poi li vedi gli unici due sui quali la teoria delle affinità elettive potrebbe essere applicata con successo, un giovinastro vestito tutto di nero che segue incuriosito un suo idolo di serie B incontrato per caso, ugualmente monocromatico malgrado i segni dell’età sulla calotta cranica e sulle guance canute. E l’aspetto paradossale è che solo loro che potrebbero salvarsi vicendevolmente si guardano intimoriti, il giovane per lo sbigottimento e la sorpresa, il vecchio per il fastidio di essere riconosciuto e l’imbarazzo del dover spiegare al resto della gente la sua notorietà di nicchia, il suo essere stato una stella dell’underground di venticinque anni prima, la sua rabbia che non ha mai trovato bersagli se non dentro di sé. Non preoccupatevi per me, mi verrebbe da dire a quei bellimbusti inespressivi reclutati in un palinsesto pensato in economia per un target disattento, lasciatemi in pace, ché io non mi sono mai annoiato in vita mia, tantomeno da solo.

northern soul

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Si sa, l’effetto sovraesposizione è cosa ben nota, anche in ambito musicale. Ci piace ascoltare in loop i brani di cui ci si innamora, ma alla decima volta si inizia ad averne abbastanza e si passa ad altro. Poi si ritorna sul pezzo, quel pezzo, il giorno dopo, e via così finché la fiamma non si è spenta e se ne accende un altra, per tutti i secoli dei secoli. Repetita iuvant: questa è un’altra teoria, di per sè interessante. Ricordo un mio caro amico dj che, in console durante una festa di capodanno, riuscì ad oltrepassare l’ora, roba da guinness dei primati, mixando una via l’altra tutte le versioni e le cover di “No, no, no, you don’t love me” in commercio. Divertente anche se un po’ nerd.

In genere, ci sono brani composti e registrati nella notte dei tempi, quando cioè io non ero ancora nato oppure comunque non alimentavo ancora l’industria discografica, che sono considerati classici. Anzi, i cosiddetti Classici, quelli che non possono essere messi in discussione. Ed era piacevole sentirli prima dell’avvento delle varie emittenti dedicate alla nostalgia, perché li sentivi molto raramente, sommersi (soprattutto) dalle varie immondizie musicali specifiche di ogni epoca. Ora accendi la radio, ti muovi tra la modulazione di frequenza, e stai certo che il classicone anni ’60 lo trovi, prima o poi.

Ma fino a poco tempo fa le mani su “Ain’t no sunshine” per trasformarlo in un tormentone non le aveva messe ancora nessuno, e se sbaglio correggetemi. Pur trattandosi di uno dei brani più coverizzati di tutti i tempi e più pervasivi nella cultura popolare (date un occhio qui), mi ha sempre dato l’impressione di essere un intoccabile. Da qualche mese non è più cosi. Ogni santo giorno, la melodia di Ain’t no sunshine (in non so quale versione) si insinua tra i binari delle stazioni delle Ferrovie Nord, unico elemento sonoro di una sistema di Digital Signage inutile quanto sottoutilizzato, un susseguirsi di animazioni del Carlo Cudega e messaggi che con le news in tempo reale, di cui gli utenti avrebbero bisogno come il pane, purtroppo non c’entrano nulla. Così, tra una stazione ristrutturata e un quiz a risposta multipla per chi vuol esser pendolare, si diffonde la pubblicità che ha rovinato la verginità di uno dei miei pezzi preferiti, qui sotto nella versione che amo.