ho trovato un euro

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In genere preferisco il genere femminile, e non solo per il motivo che pensate voi. Ho frequentato scuole femminili, nella famiglia di origine ero in netta minoranza e in quella che mi sono fatto io rappresento solo un terzo. Ho avuto rapporti di amicizia molto profondi e formativi con alcune coetanee, ho rivelato cose inconfessabili a una fidatissima compagna di studi, nell’ambiente lavorativo ho dato sempre la mia preferenza alle colleghe e, manco a dirlo, i miei boss sono due ragazze davvero in gamba. Le vedo sempre al lavoro, quando entro in ufficio sono già lì alla loro postazione e alla sera, finita la giornata lavorativa, difficilmente tornano a casa prima di me.

Poi è successo che nel giro di qualche settimana ho dato per la prima volta qualche chance a un amico, se non altro perché è l’opposto di me, dice senza troppi giri di parole quello che pensa a tutti e ha una grinta che io me la posso scordare. Come se non bastasse, mi sono trovato a condividere numerosi punti in comune con un paio di altri conoscenti maschi su un social network, e potete immaginare quale. Uno di loro finisce un libro che io ho appena iniziato e l’altro ha tra i suoi preferiti un romanzo che ho consigliato al primo che a sua volta condivide con il secondo gli stessi miei gusti.

Ecco, sempre a proposito di narrativa, di norma cerco posti a sedere sui mezzi pubblici in prossimità di altri lettori per non essere disturbato dalle conversazioni altrui. Inutile dire che la maggioranza della popolazione leggente è donna, non ho dati certi ma credetemi che è più facile incontrare femmine con l’e-reader o un tomo in mano mentre uomini giovani e meno giovani è più frequente vederli intenti in qualche giochino idiota sullo smartphone. Sull’onda dell’entusiasmo della recente riscoperta del genere maschile, oggi invece ho trovato da sedere di fronte a un ragazzo assorto in una storia fantasy. Va bene, ho pensato, non si può pretendere la perfezione. Nel sedile di fronte al suo, quello a fianco al mio, che era vuoto, ho notato però subito una moneta da un euro. Curioso che il mio dirimpettaio non l’avesse vista, fino a poco prima era lì seduto da solo e poteva ben intascarsela, e invece niente.

Tempo tre fermate e il passeggero si è preparato ed è uscito, lasciandomi nella tentazione di intascare la moneta. Se qualcuno si fosse messo vicino a me, alla successiva fermata, avrebbe sicuramente notato l’euro e senza tanti complimenti lo avrebbe giustamente preso. Quindi quel privilegio era giusto toccasse a me, visto che era già una fortuna che quello di prima non se lo fosse arraffato. Chissà se è stato poco attento o, semplicemente, non ha voluto fare la figura del misero, come ho fatto io poco dopo. Scherzo, non mi ha visto mica nessuno. Ho fatto giusto in tempo perché poi è salita una ragazza che conosco di vista, altissima e con un paio di scarpe che se fossi una donna le comprerei subito. Una specie di anfibi però tagliuzzati tipo i sandali estivi, da mettere con calze vistose in modo che la linea originale renda al massimo. Ecco, nessun uomo, almeno di quelli che conosco io, metterebbe mai degli stivali così. Comunque se siete arrivati sino qui per l’euro che avete perso, sappiate che ora ce l’ho io, è in buone mani, se lo volete indietro fatemi sapere.

essere nel posto a fianco di quello giusto, al momento giusto

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Il mio amico C. ha la sfortuna di essere continuamente lambito ma mai investito dalla fortuna, sempre che quello che sto per raccontarvi possa essere considerato una fortuna. Un po’ come avere il biglietto della lotteria con il numero successivo o precedente a quello estratto? Non vorrei esagerare, anche se qui si parla di successo, di occasioni che solo un pizzico di buona sorte su un piatto di studio, impegno, costanza, fascino, ambizione, pubbliche relazioni, doti, dedizione e volontà permette di centrare.

Ma torniamo a C. Credo sia fin dai tempi delle medie che vive a contatto con le celebrità, di quartiere e locali all’inizio, nazionali e da prime time televisivo crescendo, senza che l’aura della fama e, conseguentemente, della ricchezza che ne deriva lo lambisca. Non ci credete? “Alle medie, il mio compagno di banco, S., era un campioncino della locale squadra di pallanuoto“. Io e C. veniamo da una cittadina di mare, in cui la pallanuoto è uno sport seguito quasi come il calcio. Ovvero, i pallanuotisti entravano gratis nelle discoteche, erano ambiti dalle starlette di provincia che si distinguevano hostess alla fiera di primavera (laggiù chiamata con un altisonante “expo”, niente di più che una mostra mercato con lo stand del folletto e della concessionaria opel) e giravano con i macchinoni (ai tempi era la Volvo 480, ve la ricordate?). Ora è un po’ che manco da lì, non so se la situazione sia differente. Ma ai tempi, era più o meno così. “A 16 anni S. era già in prima squadra e in nazionale, per strada lo additavano e salutavano. E i suoi genitori, ai suoi fianchi come guardie del corpo, già pregustavano il terno al lotto. Non lo invidiavo, non c’era rivalità perché di base non avrei potuto mai essere come lui. Non c’era storia: lo sport non era proprio il mio campo. Ma, come un allocco attirato dalle insegne luminose, speravo solo che qualche scintilla della sua popolarità si sprigionasse indelebilmente sul mio loden verde, per godere della carica di migliore amico, quindi, anche se di luce riflessa, anche io un po’ speciale“.

Fin qui, niente che non si sia mai sentito. Chi non è mai stato tentato di venerare un amico di successo, in modo interessato o disinteressato? “Al liceo il mio destino trova la conferma nei fatti, si gettano le basi per un futuro tutto da rosicare. In classe ho A., bello, intelligente e ricco, i cui voti alti sono solo il preambolo della sua jeunesse dorée. Il 60 alla maturità gli apre la strada per l’Università fuori sede, si trasferisce nella metropoli dove si apre una fase piena di contatti con il jet set e di esperienze interessanti, fino a farlo diventare uno scrittore e critico letterario autorevole“. E, ancora una volta, C. sta a guardare. “Non solo. A. ha un amico batterista, uno che passa le giornate a studiare musica come un forsennato. Altro che pac man e spuma al cedro al bar dell’angolo. Anche lui si trasferisce, e dopo qualche anno di gavetta lo vedo dietro ai tamburi di uno dei più importanti cantautori nazionali“. Già: vivere nel mondo dello spettacolo da comparsa non è il massimo, e per C., musicista come me, la sofferenza ti logora da dentro e assume la forma dell’invidia.

Quindi, ricapitolando. Un campione dello sport, uno scrittore, uno dei più dotati batteristi italiani. Manca la TV? State a sentire. “Quando organizzavamo i concerti, chiamavamo spesso F. a intrattenere il pubblico tra l’esibizione di un gruppo e quella successiva“. Me lo ricordo anche io: F. era un bravo imitatore, un po’ sfigato nel look ma tutto sommato divertente. “Beh, qualche anno dopo lo vedo alla RAI a presentare un programma musicale, e, 25 anni dopo mai avrei pensato di vederlo nei panni del maestro di cerimonie in uno dei più seguiti programmi della tv pubblica“.

Ci sono infine, nella vita di C., alcune fugaci apparizioni, frequentazioni casuali, semplici conoscenze tutte rigorosamente mai coltivate che gli permettono ora di fare bella figura, quando dice “Io la conosco, era la fidanzata di un mio caro amico” oppure “Maddai, condividevamo la sala prove “. C. si riferisce alla blogger di grido che scrive programmi di informazione, alla corrispondente da New York, al giornalista purtroppo scomparso in un paese in guerra, al manager di un cantante-simbolo del movimento noglobal, alla sceneggiatrice del più importante regista cinematografico italiano e al comandante di una pattuglia aeronanutica di volo acrobatico.

Ho provato a frequentare C. più da vicino, credo anche di avere un ottimo rapporto con lui e di essere abbastanza in sintonia. Ma a me, ad oggi, non è toccato nulla.