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Se mettiamo insieme tutti i tempi morti l’esito è una strage, una carneficina, un’ecatombe. Seduti inermi al capezzale dei tempi morti siamo in grado di andare su tutte le furie perché in quella manciata di ore, minuti o secondi non solo non stiamo facendo nulla per migliorarci ma non contribuiamo all’economia mondiale. A caldo, anzi, a cadavere dei tempi ancora fumante, ci troviamo sgomenti per il lutto, non ci capacitiamo per la perdita. Ma come, ci chiediamo, con tutte le cose che ho da fare sono qui bloccato in coda o devo aspettare te che sei in ritardo.

I tempi morti sono l’opposto della vita produttiva, ma non dite che la società moderna che emargina i tempi morti come la peste non abbia fatto in modo di dotarci di antidoti a questo male endemico. Gli smartcosi, per esempio, e ancora prima i libri, i giornali, le riviste nella sala d’attesa del dentista. I manifesti sui muri, i lavori in corso da osservare per strada. Le conversazioni sui mezzi in ritardo. Le dita nel naso al semaforo e persino le sigarette per smaltire il nervosismo.

Fino a quando però la gente si rende conto di quanto i tempi morti, anche quelli in putrefazione, anche quelli che quando erano in vita avremmo strangolato con le nostre stesse mani, sono una risorsa senza confronti. La gente non ce la fa più di questo modello di vita, così sta facendo di tutto per ammazzare il tempo per dare vita a più tempi morti possibile ed elaborare in solitudine il lutto.

I tempi morti hanno i loro sostenitori, se ci fosse una pagina Facebook dedicata ai tempi morti avrebbe milioni di like. Qualcuno farà prima o poi una serie tv sui tempi morti come Fargo, dove anziché uccidere buoni e cattivi si spara e si sgozza il tempo per allungare l’agonia e dilatare il più possibile il tempo, che una volta esanime lo si lascia privo di sepoltura al gelo per evitarne la decomposizione e mantenerlo intatto il più a lungo possibile. Ci sarà persino un’arte giapponese di imbalsamare i tempi morti per conservarli per sempre in una teca in vetro con le guance rosee e l’espressione serena del riposo eterno.

Donne e uomini hanno iniziato a prendere casa lontano dal posto di lavoro per trascorrere ore di tempi morti in viaggio, quotidianamente. La gente passa ore in bagno sulla tazza con tablet e sigaretta, d’altronde sono tempi morti anche quelli sebbene qualcosa si produca sempre. Eppure, riflessi nella rubinetteria del bidet di fronte, ci diciamo che mica è colpa nostra se dobbiamo trascorrere ancora qualche minuto lì. Si pensa addirittura di ripristinare la leva obbligatoria, un anno intero di tempi morti in cui la responsabilità delle nostre vite viene presa in carico dal Paese in cui prestiamo servizio, e di questo fidatevi perché io ho fatto dodici mesi di militare e vi assicuro che tempi più morti di quelli non li ho mai visti altrove. Non si tratta, quindi, di uno di quei devianti sentimenti per il macabro che contraddistinguono le personalità più complesse. I tempi morti, e ve lo dice un killer di tempi di professione, sono tutta vita.