la mia prima Stramilano, una piccola recensione

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Se non sei nato a Milano ma ci vivi da vent’anni ci sono alcuni esami propedeutici al conseguimento della milanesità a cui sottoporsi. Mentre per certi versi sono integrato al cento per cento, erano anni che rimandavo l’appello utile a diventare un podista (o come si dice oggi, soprattutto qui a Milano, un runner) milanese a tutti gli effetti: non solo correre a Parco Sempione, non solo allenarsi per le vie del centro con valori di polveri sottili da paura, non solo sperimentare a passo spedito quel mix di natura urbanizzata di periferia tra campi concimati di fresco e capannoni abbandonati, non solo svegliarsi alle cinque e mezza per spararsi dieci km prima di andare in ufficio con la nebbia e temperature polari. Tutta questa fatica bisogna poi trasformarla in profitto e risultati, altrimenti che milanese sarei, per questo il 2017 passerà alla storia come l’anno della mia prima Stramilano.

Faccio una premessa. Milano è ingiustamente penalizzata da un nome che poco si presta al suo utilizzo in hashtag perché facilmente riconducibile a pratiche dubbie: cose come #fotogramilano #riprendimilano #coloramilano #ispezionamilano, a seconda di come le sillabi da sempre mettono alla prova i social media manager locali chiamati a operare in ambito turistico e culturale. Stramilano è forse l’unica iniziativa milanese composta con il nome della città che fa eccezione, forse perché pensata in altri tempi o forse perché in altri tempi a dare i nomi alle cose erano persone con maggiore inventiva. Senza offesa per i copywriter contemporanei di grido come il sottoscritto, eh.

Comunque se volete partecipare alla Stramilano l’anno prossimo per la prima volta, quella da 10km non competitiva, qui potete trovare qualche dritta. Intanto fatevi trovare in Piazza del Duomo almeno un’ora e mezza prima della partenza. Io sono arrivato circa mezz’ora prima e mi sono trovato dietro a trentamila persone circa, con altrettante dietro di me, il che può essere interpretato come una triste metafora di quello che tocca ai milanesi nativi o importati, e cioè che siamo costretti a stare in coda anche per correre, oltre che per andare e tornare dal lavoro o a fare la spesa al centro commerciale.

Il primo quarto d’ora dallo scoppio di cannone che sancisce la partenza lo si percorre a passo d’uomo, quindi aspettate a dare il via all’app che utilizzate per registrare la vostra prestazione sportiva. Stessa cosa per l’arrivo: gli ultimi cinquecento metri si fanno camminando, si taglia il traguardo come un qualsiasi gruppo di pensionati che fanno camminata al mattino nei giorni feriali, e quindi scordatevi lo scatto finale, le ragazze in short che ti accolgono con il meritato ristoro o lo champagne e tutta l’iconografia delle imprese sportive. Se volete fare gli eroi iscrivetevi alla mezza maratona della Stramilano. A proposito: quando andate a ritirare la sacca nel tendone che gli organizzatori allestiscono in Piazza del Duomo nella settimana che precede la manifestazione, occhio a non mettervi in coda con quelli che partecipano alla mezza maratona perché ti sgamano subito che sei uno sfigato che fa la dieci km e sono pronti ad allontanarti in malo modo.

In mezzo, tra la partenza vera e propria e l’arrivo vero e proprio, più che una corsa non competitiva è una corsa a ostacoli/gincana perché come tutte le iniziative a cui non bisogna mancare c’è un porconaio di gente che corre, cammina, spinge di corsa passeggini, cammina con le bacchette, telefona, si sbraccia per cercare altre persone nella folla o procede con gli amici tutti in un’unica linea orizzontale, questo per dire che non bisogna partecipare alla Stramilano da 10km con l’obiettivo di fare una gara sportiva, anche solo con se stessi per battere un record personale, perché difficilmente si percorre una linea retta e bisogna essere agili a scavalcare chi corre più piano e a farsi da parte per lasciarsi superare da chi procede più velocemente.

C’è da dire però che correre in mezzo alla folla e con persone che vi accompagnano per portare a termine la Stramilano è molto bello. Io, per dire, corro sempre da solo con le cuffiette perché correre mi aiuta a riflettere. Invece oggi ho scoperto che fare due chiacchiere ogni tanto o ascoltare i dialoghi altrui distrae molto di più dalla fatica. I milanesi che corrono alla Stramilano parlano di cose da milanesi, a partire dal lavoro, dai problemi con i colleghi di lavoro, dalle opportunità di lavoro, dalle indicazioni su come raggiungere la loro sede di lavoro dal tracciato della Stramilano, cose così. Magari sono stato sfortunato io ma le donne e gli uomini che avevano la mia andatura e che ho preceduto e seguito per alcuni chilometri hanno affrontato questo tipo di argomenti. Volevo intervenire per dire la mia ma poi ho pensato che, a proposito di lavoro, ho davvero ben poco da dire.

Bilancio comunque positivo. Sono arrivato al traguardo per nulla provato, non vi nascondo che sono allenato a percorrere distanze più lunghe, divertito per aver fatto una cosa (e una corsa) da milanese e con l’impegno a far sempre meglio per iscrivermi alla mezza maratona della Stramilano nel 2018. Ma la vera sfida per chi corre la Stramilano consiste poi nell’affrontare il viaggio di ritorno dall’Arena a casa, sudato come un maiale e puzzolente (in questo sono certo di battere tutti i record mondiali) in metropolitana, compresso tra i cinquantamila partecipanti sudati e puzzolenti quanto te e qualche passeggero normale con i vestiti della domenica, che fa di tutto per evitare il contatto con quella massa di corpi bagnaticci.

ma dammi indietro la mia seicento a metano

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La domenica senz’auto, al di là dei risvolti ecologici – sui quali nutro i miei dubbi, ovvero forse ci vorrebbe una settimana senz’auto di fila per avere benefici tangibili – è comunque un ottimo spunto di riflessione. Consente di assaporare uno scenario surreale fatto di famiglie in bici, gente a piedi, arterie periferiche deserte, silenzio. Ci permette di misurare gli spazi che percorriamo velocemente con i mezzi motorizzati a piedi, e ci si guarda stupiti perché mentre fai due chiacchiere e muovi il naso un po’ in tutte le direzioni e sei già arrivato, camminando, a destinazione. E ti dici che le distanze non sono poi così distanti tra loro. Certo ci sono le mani fredde, l’aria pizzica le guance, ma è bello lo stesso. Non solo: ci offre uno spaccato di quello che poteva essere il posto in cui abitiamo un centinaio di anni fa, che con la nebbia fa quell’effetto “Albero degli zoccoli”, il film che ha costituito la principale fonte di ispirazione immaginifica della pianura per chi viene come me da posti senza nebbia e a due punti cardinali, ove il sud è sostituito dal mare e il nord dalle montagne a ridosso della costa. E per una di quelle combinazioni che ci piace cogliere (a noi proprietari di blog, intendevo dire), giusto ieri ho visto per caso in tv “Stramilano“, uno spettacolo teatrale con Adriana Asti, “un viaggio che va dalla “Maria Brasca” di Testori, ai Promessi Sposi, a L’è el dì di mort alegher, a Milanin Milanon passando per la filastrocca popolare De Tant piscinina che l’era, a La bella Gigogin, fino a Milano di Lucio Dalla e Come è bella la città di Giorgio Gaber, per citare solo alcuni tra i brani più conosciuti“. D’altronde, fuori faceva freddo per raggiungere a piedi il centro e tutte le iniziative organizzate per la giornata antismog, e c’era pure un po’ di foschia. Ma, tornando alla trasmissione, è stata un bel racconto di Milano, visto da un divano comodo e al caldo, chiaro. Lei bravissima, alcuni punti in dialetto un po’ oscuri per noi stranieri, fino a un’inaspettata “Luci a San Siro” suonata con un arrangiamento (non saprei come altro definirlo) da avanspettacolo, che rendeva ancora più stridente la mesta veridicità delle parole in un contesto così leggero. Un po’ come Azzurro di Paolo Conte, che ha quell’andamento da marcetta in minore che ti disorienta, non sai se battere le mani a tempo o preoccuparti per quello che stai per sentire. E a me quel pezzo di Vecchioni fa venire la pelle d’oca. Sapete, non amo ascoltare la musica italiana perché i testi o mi imbarazzano tanto sono retorici o mi dilaniano tanto sono ansiogeni. “Luci a San Siro”, chissà perché, anzi lo so bene il perché, fa parte del secondo insieme. Insomma c’erano tutti gli ingredienti: la domenica pomeriggio, l’emicrania da giorno festivo senza capo né coda, Milano e la nebbia, le canzoni tristi tristi tristi, e un posto in cui scrivere tutto questo dopo averne parlato con una persona complice che ha cucito insieme il tutto in un abbraccio per poi addormentarsi con te, cioè con me.