la rivincita dei lavoratori del superfluo

Standard

Sembrava una persona tranquilla, uno normale, era gentile con tutti, un po’ riservato ma comunque educato. Quante volte abbiamo sentito rilasciare dichiarazioni così, al telegiornale, dal vicino di casa della coppia che ha appena massacrato la famiglia del piano di sopra, dal dirimpettaio del folle che si è messo a sparare con la doppietta dalla finestra del bagno, dal panettiere che serviva ogni mattina il killer autore della strage di matrice terroristica.

I colleghi del tizio che ha sbroccato di punto in bianco, per fortuna senza nessuna conseguenza alle persone che erano lì in quel momento in ufficio sedute intorno a lui negli ennemila loculi che compongono l’open space, hanno più o meno detto le stesse cose. Tra l’altro questa formula ad alta spersonalizzazione in cui tu arrivi e ti siedi nella prima postazione libera che trovi, in cui nessuno ha più una sua scrivania, una bacheca in cui appendere le foto di congiunti e star del cinema – d’altronde avere congiunti è un lusso di questi tempi e al cinema non ci va più nessuno e ditemi che senso ha appendere la stampa di un protagonista di questa o quell’altra serie americana – frena la confidenza e diffonde quell’atmosfera di alta mortalità professionale per cui oggi ci sei, domani chissà.

L’unico vezzo che tutti si sono sentiti di confermare era quella bizzarria dello yo-yo sempre in mano, una specie di tic ludico d’altri tempi, l’equivalente di scaricare la tensione prendendo per il culo i simpatizzanti dei cinquestelle sui social network o l’insana passione per il tabacco sfuso da rollare incuranti dei detriti che cadono ai propri piedi nei luoghi in cui stanziamo. Voci fondate parlano solo di qualche danno alle cose perché sfasciare un monitor con la tastiera non ha più lo stesso gusto di una volta, quando c’erano quei madonnoni a occupare gran parte della superficie delle scrivanie. La tecnologia ultra-sottile e a cristalli liquidi fa innervosire anche me, così perfettina che ti fa venire voglia di prendere un cutter e fare qualche sfregio allo schermo del portatile per vedere l’effetto che fa e sentirsi un po’ come Lucio Fontana di fronte a una tela.

Quindi il monitor è stato il primo a cadere vittima, sbattuto ripetutamente contro l’angolo del tavolo. Il telefono fisso, uno di quei modelli in cui puoi fare il log-in e utilizzare tutte le tue impostazioni, la rubrica e persino il numero interno che ti è stato assegnato ovunque, è volato fuori dalla finestra in due momenti, prima la cornetta e poi il corpo in plastica. Non preoccupatevi, sotto non passa nessuno, c’è un cortile interno in cui non si è mai vista anima viva, piccioni a parte.

I colleghi hanno temuto il peggio solo quando l’uomo in evidente stato confusionale ha sollevato la sedia ergonomica sopra di sé ma si è premurato di scagliarla a terra solo dopo aver individuato uno spazio sufficiente a limitare le conseguenze, oramai la scarica di rabbia stava scemando e quello è stato più un gesto volto chiudere l’esperienza di drammatizzazione di un disagio, forse per non deludere le aspettative di rivalsa che aveva suscitato negli astanti. Una sorta di liberazione collettiva: tanto design nordico – dal prezzo contenuto – mandato in pezzi per sfasciare metaforicamente un’intera generazione di lavoratori del superfluo. Così ha detto, ancora frastornato dalla serie di colpi irreversibili con cui aveva appena distrutto il suo futuro professionale.

In Italia non esistono gli addetti alla sicurezza, nelle aziende, quelli che ti vengono a prendere al tuo posto quando sei licenziato di punto in bianco e ti scortano fuori affinché tu non abbia il tempo di commettere sciocchezze. Non ovunque. Dicono che se ne sia andato via da sé, consapevole che qualcosa gli sarebbe stato addebitato nell’ultima busta paga di lavoratore a tempo determinatissimo, dimenticando persino lo yo-yo nel primo cassetto.