tutta la vita davanti

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Siamo un popolo in balia dei call center, nella buona o nella cattiva sorte. In momenti di rimessa in discussione di spese famigliari, visti i tempi che ci aspettano, i più attenti cercano di abbattere costi superflui tagliando i servizi in cui la concorrenza dei corrispettivi on-line e telefonici è stata più spietata, per esempio per conti correnti e assicurazione dell’auto. Ma rinunciare alle agenzie e agli impiegati che dedicano il loro tempo a te come intermediari ha il suo contro, che consiste nel dannarsi in ricerche, presa di contatti per preventivi, comparazioni in siti Internet che a volte viene il dubbio che si approfittino della scarsa trasparenza. Che poi non è detto, perché ci sono sia gli impiegati scostanti che i muri di gomma telefonici, ma anche i veri professionisti che quando li incontri valgono quanto costano e persone volenterose che, pur sottopagate, danno assistenza a centinaia di chilometri e risolvono i problemi senza nemmeno sapere chi sei. Ci sono sistemi informatici che appena arriva la chiamata riconoscono il numero e ti indirizzano all’operatore che ti ha seguito l’ultima volta, questo è solo un esempio a dimostrazione del fatto che malgrado la delocalizzazione questo modello di servizio – tu vivi ad Aosta e ottieni supporto telefonico a Sassari – è in grado di tener testa a quello tradizionale.

Bisogna solo vincere il blocco dell’affidare i propri dati e i propri soldi a quel nulla che si ha davanti, al quale già deleghiamo pensieri, parole, opere e omissioni, quindi lo scetticismo è puramente culturale. Il problema è che i call center dei carrier telefonici non ci hanno lasciato il tempo di affezionarci, sia per l’inbound, quando cioè cerchiamo una risposta e veniamo trattati a pesci in faccia, sia per l’outbound, quando ci chiamano per offrircene di ogni quando, non so a voi, ma a me l’unica cosa di cui ho bisogno è ricevere bollette meno salate per banalissimi servizi di chiamate telefoniche e adsl. Invece quell’ibrido di ambiente tra il monopolio e il libero mercato che per anni ci ha fatto pirlare da un Tele2 a un Fastweb passando per Telecom Italia anche solo perché nel frattempo era cambiato tutto e dovevi pagare 90 euro per mantenere lo stesso numero – roba da matti – il tutto con tempi di attesa biblici e musichette di dubbia qualità, ci ha reso invise le guide telematiche da remoto e, a difesa del nostro retrogrado punto di vista, descriviamo i più desolati scenari di sbando tra svogliati precari che non si prendono a cuore la tua pratica in caso di parabrezza sfasciato mentre avere un riferimento fisico a cui affidare le nostre preoccupazioni costituisce un supporto, almeno psicologico. Che poi non porti a nulla nemmeno quello è un altro discorso.

E prendete tutto questo come una sorta di sfogo mentre mia moglie, sull’altro pc di casa, sta rivoluzionando il nostro comune sistema di vita rimettendo in discussione i pochi punti saldi di riferimento terreni che avevamo: quell’impiegato così a modo dell’agenzia di assicurazioni che ci segue da sempre e il conto corrente co-intestato in una filiale che ha un indirizzo vero popolato da persone nei cui uffici si recano quotidianamente. Che non ha nulla di romantico se non il fatto che lo abbiamo da quando è iniziata la nostra vita in comune. E niente, inizia un nuovo corso, tutto virtuale. Incrociamo le dita.

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