quindici modi per passare l’estate a non fare un cazzo

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Come nel caso dei molti altri contenuti da catena di Sant’Antonio che si perpetuano di pagina Facebook in pagina Facebook secondo il palinsesto social del momento, qualcuno dei vostri amichetti virtuali avrà condiviso con voi o, peggio, vi avrà taggato nella lista dei compiti delle vacanze del Liceo delle Scienze Umane “Don Bosco” di Fermo, che io ribattezzerei i quindici comandamenti del perfetto epicureo o, come leggete dal titolo qui sopra, i quindici modi per passare l’estate a non fare un cazzo. Certo, il fattore dell’invidia gioca già la sua parte considerando tutti i vantaggi che i ragazzi dell’età delle superiori di oggi hanno rispetto alla nostra generazione, ne parlavo qualche giorno fa con mio cognato condividendo l’amarezza di non aver avuto una serie di opportunità oggi considerate il minimo sindacale: ragazze meno inibite grazie all’adolescentizzazione precoce, telefoni personali per entrare direttamente in contatto con loro evitando il filtro dei genitori, voli a prezzi stracciati per muoversi ovunque in qualsiasi momento, genitori più facoltosi e più focalizzati sull’edonismo dei figli mentre i nostri, avendo fatto la guerra, erano impegnati a dimostrare il loro affetto solo riempiendoci di cibo.

Per non parlare, appunto, della scuola. La rivoluzione dei test a risposta multipla e di un certo modo di trattare le materie grazie (grazie un cazzo) all’Internet e alla modernità digitale sta plasmando menti sicuramente adatte a fronteggiare le complessità multi-tasking del presente mentre noi siamo ancora qui a scandalizzarci se i nostri figli faticano a mettere insieme due periodi di senso compiuto e nessuno insegna loro qualche canto della Divina Commedia a memoria. Non so voi, ma io di compiti delle vacanze ne avevo sempre una caterva. Passavamo l’inverno sulle sudate carte in classe per poi sudare ancora di più sui libri in estate, quando non c’erano gli esami di riparazione a rovinare tutto.

Sicuramente tutto questo ha costituito un modello formativo perdente se poi, non so quando perché non consegno un compito in classe a un prof dal 1986, qualcuno ha trasformato tutto dando il via a una sorta di sperimentazione dei processi educativi mai vista prima, soprattutto in un ambiente scolastico come quello italiano in cui fino all’altro ieri c’erano quelli che andavano al classico ancora come se si trattasse di una missione di vita tanto quanto ai tempi della scuola gentiliana.

Ora, io non sono un addetto ai lavori bensì un utente finale, convinto che i nostri figli a scuola facciano davvero pochino, almeno nella mia esperienza di genitore. Probabilmente quel poco basta per affrontare il mondo là fuori e tutto quello a cui ci hanno sottoposto quando eravamo noi a scaldare i banchi si vede che si è dimostrato inutile, d’altronde siamo stati noi a cambiare le regole del gioco. Ma se date un’occhiata alla lista dei compiti delle vacanze qui sotto, un elenco che fa tanto l’attimo fuggente e la setta dei poeti estinti, converrete con me che non c’era il bisogno che qualcuno ricordasse ulteriormente ai nostri ragazzi che fare i pelandroni è oltremodo piacevole.

Io invece sono all’antica. Credo che a spezzarsi la schiena sui libri da giovani consenta poi di fare tutte quelle cose lì come ballare, andare a vedere l’alba, vedere film, trombare e fare sport con maggiore serenità da grandi. Che poi la schiena sui libri non se l’è mai spezzata nessuno nemmeno con la Divina Commedia a memoria, se siamo qui a rimpiangere quei tempi un motivo ci sarà.

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16 pensieri su “quindici modi per passare l’estate a non fare un cazzo

  1. secondo me ‘sto prof è un idolo.
    E poi è il prof di scienze umane.
    Devi considerare che in quella classe ci saranno già altri sette otto prof che hanno riempito gli studenti di compiti, quindi se uno decide di non farlo e, anzi, di spingerti a vivere la vita, la trovo un’ottima idea.

    Poi ovvio che , se tutti i prof facessero così, andrebbe tutto a puttane.

  2. Io sono una di quelle che a scuola ha studiato, fatto i compiti, e imparato il 5 maggio a memoria e non mi dispiace affatto. Con il 60 che mi sono guadagnata ci ho anche trovato un lavoro, ma venticinque anni fa contava qualcosa anche quel pezzo di carta lì.
    Sono convinta anche io che studiare e farsi una cultura dia una maggiore consapevolezza a tutto quello che faremo da grandi, ma non è solo la scuola a formare.
    Ci sono i libri, il cinema, la musica, l’arte, tutte cose che si possono fare in autonomia ma che la scuola e la famiglia dovrebbero stimolare a cercare ed apprezzare.
    Guardando ancora più indietro, ci sono i genitori che dovrebbero “perdere” tempo a giocare e parlare con i figli invece che parcheggiarli davanti alla tv o al tablet ed imbottirli di sport competitivi.
    Allora si che magari avremmo dei ragazzi migliori e più consapevoli.
    Quanto a quella lista, si è vero, fa un po’ attimo fuggente, ma non mi senti di dire che siano consigli sbagliati. Mi sento invece di dire che siano non solo compiti per un’estate, ma compiti per tutta la vita.

  3. Lo scorfano

    Diciamolo, con franchezza: un insegnante che non vuole dare compiti per le vacanze ai suoi studenti, dice ai suoi studenti che non dà loro compiti delle vacanze e poi, magari, aggiunge :”Divertitevi”. Un insegnante che vuole fare un po’ il figo sul web, invece, scrive quella lista lì.

  4. L’intento forse è anche lodevole (nutro un certo scetticismo nei confronti dei compiti per le vacanze), ma lo stile da dediche sulla Smemo non si associa bene all’idea di “professore” che ho interiorizzato.

  5. Ho passato diverse estati a studiare (anche con materie da recuperare) ma non mi è mai mancato il tempo per nessuno dei punti di questo elenco che suggerirei non tanto come comportamento alternativo allo studio bensì a certi passatempi che tengono i ragazzi lontani dai libri, Internet e social media in primis, come mi pare sostieni anche tu. Dall’esperienza che sto vivendo con mia figlia trovo che i ragazzi abbiano sempre troppi pochi compiti e troppo tempo libero che, essendo scomparsa completamente una dimensione di socialità soppiantata purtroppo da whatsapp e cose così, ci tocca riempirlo di cose da fare. Sport, musica, teatro, ecc… A me piacerebbe che la scuola li riempisse di cose da fare, da leggere, da scrivere, non necessariamente compiti o studio in senso tradizionale, laddove i genitori non hanno gli strumenti per essere complementari all’istruzione.

  6. Sul comportamento siamo d’accordo, e anche sui compiti “non tradizionali”.
    Non ho figli, quindi non posso riportare esperienze dirette ma solo quelle di amici che ne hanno, con beneficio di inventario.
    Li sento spesso dire che i figli si trovano carichi di compiti che a volte non hanno il tempo di fare, io non ricordo di aver mai aperto un libro di scuola dopo cena, ed ero una di quelle che studiava davvero. C’è qualcosa che non torna, perché ascoltando invece qualche insegnate, sembra invece che i compiti non siano poi così tanti. Tu mi sembri piuttosto obiettivo nelle tue valutazioni, molti genitori non lo sono altrettanto, e parteggiano per i figli accusando gli insegnanti per gli eccessivi carichi e anche per i cattivi voti a prescindere dall’effettivo rendimento. Anche queste son cose che non contribuiscono alla buona formazione di un futuro adulto.

  7. Chiunque usi il termine “caterva” merita la mia stima incondizionata.
    Nel merito, sono totalmente d’accordo con chi ha scritto che oggi c’è chi vuole fare il fighetto, e parlo del prof. Io sono un poco più vecchio di te, e al liceo non ho studiato molto, ma sicuramente assai di più di quanto non abbiano studiato le mie figlie. Ricordo di aver studiato moltissimo all’università, che non aveva nulla a che vedere con i 3+2 di oggi. Ingegneria era una roba da quasi incubo, con appelli di esami fondamentali in cui la regola era il 10% di promossi, e liste di prenotazione che superavano i 200. Un appello al mese, regolare e fisso, e niente esoneri. La maggior parte degli esami prevedeva scritto e orale. Insomma un’altra storia. E all’epoca ricordo distintamente che gli americani dicevano mirabilia del nostro sistema educativo, che formava molto meglio del loro, già strutturato col 3+2. Insomma, a me pare che il sistema scolastico più si va avanti e peggio diventa. E professori come questo non aiutano. Decisamente non aiutano.

  8. Sono convinto anch’io che oggi anche l’università sia molto diversa, forse solo ingegneria è rimasta più o meno così impegnativa come quando c’eri tu. Ma in generale è come se si volesse a tutti i costi adattare il sistema scolastico al declino della nostra civiltà anziché giocarsi tutte le carte per cercare di migliorare le cose.

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