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L’estate è a tutti gli effetti la stagione dell’ansia e questo è uno dei paradigmi della mia visione delle cose, del modo in cui conduco la mia esistenza in pubblico ma soprattutto in privato e, di conseguenza, di questo blog. Si tratta di un concetto che si cela piuttosto grossolonamente tra le righe di un post su quattro o cinque nel periodo compreso tra il 21 giugno e e il 23 settembre. Non chiedetemi perché la penso così mentre tutti vivono la gioia del sole del mare e delle belle giornate. Non è che non mi piaccia, me la vivo male punto e basta. La combinazione tra lo stare ai margini della società produttiva per cause di forza maggiore (il fatto che non esiste più la sincronia tra le ferie alla fine da giugno ad agosto ciascuno fa un po’ quello che vuole e così la mole di lavoro cala) con la pressione bassa, i piedi costantemente roventi, la carne umana nuda che esonda da ogni dove, l’eccesso di luminosità e le giornate lunghissime non creano certo i presupposti per condizioni di vita dignitose. L’estate però è l’unico periodo in cui ci si può divertire con quella sensazione nello stomaco che io definisco il contrario delle farfalle (o bollicine) di quando ti innamori. Potrebbe essere se non cemento a presa rapida una cosa tipo alghe che vanno a comprimere l’addome spingendo il corpo umano verso la profondità delle domande esistenziali che ogni uomo a una certa età comincia a porsi. Una sensazione che, se riuscite a controllarvi, ha comunque una sua dignità e ci si può divertire a provarla, altro che droghe leggere.

Io riesco a suscitarla a comando e mi basta consultare un sito come quello in cui qualcuno ha raccolto anno per anno tutti i singoli più venduti in Italia in pagine web che solo ad aprirle si sente quell’inconfondibile odore di umidità da cantina dove si tengono le cose che non si vogliono buttare ma che è meglio dimenticare. A me piace cercare i titoli di certe canzoni dal 78 all’82 circa e quando ne trovo una nuova che avevo temporaneamente rimosso ecco le alghe che si agitano e una scarica di chissà che cosa diffondersi per tutte le membra. Una sorta di elettrochoc light ma controllato in quanto auto-indotto. Oppure ancora vado su Google Street view a cercare luoghi dove sono stato in vacanza da bambino con mamma e papà, e quando li trovo inalterati – un albergo che non ha cambiato ragione sociale o una stradina che non è stata ancora asfaltata che abbiamo percorso insieme non saprei dire quanti decenni or sono – ecco ancora una botta di quelle lì che mi scuote da capo a piedi. Vi consiglio di approfittare di queste esperienze di regresso emotivo finché il freddo dell’autunno non ci ghermirà di nuovo e ci riconsegnerà al patrimonio delle responsabilità che ci competono. Se avete paura di perdere il controllo, vi consiglio questo giochino ma in un ambiente ben rinfrescato, senza uscire nelle ore calde, non fate il bagno dopo mangiato, bevete tanto e tutti gli accorgimenti triti e ritriti che ci fanno sentire ancora importanti per qualcuno.

5 pensieri su “se vuoi sopravvivere alle hit parade di quando facevamo le medie clicca qui

  1. Quella cosa di Google Street View… l’ho fatta anch’io, sai.
    Ho cercato la mia casa del mare, la strada che facevo per andare a casa della mia amica, il vicoletto che conduce alla spiaggia.
    E non aggiungo altro, ecco.
    Bellissimo post, come sempre, ciao Plus!

  2. Il gioco della nosyalgia, quando le estati erano tre mesi di vacanza e non un oncastro di lavoro, centro estivo per i figli, tinteggiatura di cada, prepatazione e disfo bagagli… Pensavi solo a divertirti… Non vale.

  3. eh… Ora mia figlia è in Inghilterra, non ti dico l’ansia, qui fa un caldo boia ma ci tocca lavorare, e non c’è mai tempo per riposarsi un po’ come si deve.

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